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Tribunale di Roma: ritenuto legittimo il licenziamento in tronco di una infermiera che si rifiuta di eseguire “mansioni coessenziali alla funzione di assistenza e cura”

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Lo sfogo di una futura infermiera: "La professione deve evolversi"
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Con ordinanza n. 39816/2023 il Tribunale di Roma, Sez. Lavoro, si è espresso sul caso di un’infermiera, dipendente di una Casa di Cura, licenziata “in tronco”, anche per essersi rifiutata di eseguire mansioni non rientranti nel proprio profilo professionale.

In particolare, l’infermiera durante l’anno aveva ricevuto tre contestazioni disciplinari:

  1. per mancata comunicazione preventiva e giustificazione dell’assenza, conclusosi con sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per tre giorni;
  2.  per rifiuto di cambiare il pannolone e di accompagnare una paziente in bagno, conclusosi con sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per tre giorni (provvedimento non impugnato e comunque non oggetto del giudizio);
  3. per essersi rifiutata di chiudere la finestra del reparto di cardiologica, nonostante la richiesta di una paziente conclusosi con sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per dieci giorni. Sul punto si sono espressi informatori, con dichiarazioni contrastanti.

Seguiva una quarta contestazione disciplinare all’infermiera per rifiuto di accompagnare in bagno una paziente con polmonite con pregresso episodio sincopale, che, anche in ragione della plurirediciva specifica, si concludeva con il licenziamento. Anche su questo episodio sono stati ascoltati informatori.

Il Tribunale, a seguito di specifica istruttoria, precisava che “tutti i fatti posti a fondamento delle quattro contestazioni esaminate sono effettivamente avvenuti nei termini contestati nei procedimenti disciplinari”.

E che dunque “un primo motivo a sostegno di questa decisione è costituito dalla reiterazione delle condotte contestate nei provvedimenti dal secondo al quarto: in tutti questi casi non si è ripetuta una generica inosservanza ma una condotta specifica che ha comportato il rifiuto della lavoratrice ad effettuare una prestazione da cui dipende la sicurezza e la dignità della persona ricoverata, che non è stata accompagnata al bagno pur avendone necessità (episodi dell’8 febbraio e del 14 novembre 2021) o non è stata cambiata del pannolone (episodio). Altro elemento che connota invece la gravità della condotta è costituito dagli effetti che questi comportamenti determinano su soggetti particolarmente vulnerabili, che proprio per la loro condizione sono affidati alle cure della struttura in cui vengono ricoverati”.

A supporto, il Tribunale, riporta un episodio particolarmente significativo “che ha riguardato la sig.ra affetta da insufficienza respiratoria, a cui la ricorrente non ha chiuso la finestra nonostante il fatto che la paziente fosse infreddolita per la temperatura esterna, tale da poter anche cagionare un pregiudizio alla sua salute […]. 

Il rifiuto della ricorrente è grave non solo perché contravviene la consegna, ma perché ingenera in una persona debole e da lei necessariamente dipendente un sentimento di incertezza e mortificazione”.

Con riferimento all’asserito legittimo rifiuto di non adempiere a mansioni ritenute inferiori, il Tribunale ha chiarito che “non si è qui in presenza, come ha osservato la parte resistente, di attribuzioni di mansioni inferiori cui la ricorrente sarebbe stata stabilmente e in via prevalente assegnata, tali da giustificare un suo rifiuto ad adempiere, quanto invece di compiti puntuali e coessenziali alla stessa funzione di assistenza e cura alla persona ricoverata nella struttura, per cui non è giustificato in alcun modo il rifiuto”.

Il Tribunale, dunque, concludeva per la legittimità e proporzionalità della decisione datoriale di risolvere il rapporto di lavoro con la lavoratrice.

Redazione NurseTimes

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