Gli anziani ospiti della residenza Fersina di Trento avranno una figura di supporto aggiuntiva ed innovativa.
La cooperativa sociale Kaleidoscopio ha pensato di avviare un progetto che metta a confronto due diversi tipi di fragilità in modo da ottenere un vantaggio reciproco: un gruppo di migranti selezionato sarà impiegato come personale volontario all’interno della struttura per anziani.
Emanuele Piva, volontario di Kaleidoscopio, illustra l’iniziativa:
«Circa un anno fa abbiamo inserito quattro richiedenti asilo presso la casa di riposo “Grazioli” di Povo: si dedicavano all’animazione delle giornate degli anziani e svolgevano piccoli lavori manuali, come il riordino delle sale. Successivamente altre case di riposo (otto in totale, tra cui Spes e Civica, a Trento) hanno aderito al progetto».
Attualmente sono stati arruolati 13 richiedenti asilo, originari di diversi paesi esteri quali Senegal, Nigeria, Pakistan e Mali.
Gli stessi ragazzi hanno manifestato il desiderio di rendersi utili, anche al fine di apprendere più velocemente la lingua italiana. Piva conferma come il percorso intrapreso abbia dato risultati concreti:
«Alcuni dei volontari sono riusciti a trovare opportunità di tirocinio o di servizio civile proprio grazie all’esperienza maturata».
L’obiezione sollevata da molti è stata relativa alla preparazione dei volontari
Lavorare a stretto contatto con pazienti anziani patologici richiede competenze linguistiche e tecniche che personale privo di formazione potrebbe non avere. Piva chiarisce pertanto quali siano le mansioni che andranno a svolgere:
«Si dedicano all’accompagnamento delle persone dal letto fino alle varie sale; in altri casi, accompagnano gli anziani in piccole passeggiate all’esterno, magari al mercato del giovedì. Mano a mano che passa il tempo e il volontario si dimostra affidabile, viene lasciata qualche responsabilità in più.
Siamo ben consapevoli che per fare questi lavori ci vuole un buon livello di competenza linguistica e manuale: proprio per questo selezioniamo i volontari sulla base di ciò che sanno fare. Nei casi di competenze minori, come quando la lingua italiana risulta un po’ stentata, si viene affiancati al personale durante i lavori di manutenzione».
I richiedenti asilo sono sempre molto contenti di poter partecipare al progetto e di potersi rendere utile alla comunità. Anche medici, infermieri e operatori sociosanitari delle Rsa coinvolte si sono dichiarati molto soddisfatti: i profughi sono consapevoli della delicatezza del compito loro affidato e delle reazioni imprevedibili che potrebbero manifestare gli anziani.
Piva rassicura ancora una volta tutti gli scettici
«I ragazzi capiscono bene l’importanza dell’assistenza, non solo nelle case di riposo. All’inizio ci preoccupava la risposta degli anziani, ma non ci sono stati grandi problemi di accettazione: solo in alcuni casi isolati l’anziano si è dimostrato ostile, lasciandosi andare a commenti un po’ razzisti.
Nella maggior parte dei casi si sono formate delle belle relazioni, gli anziani hanno preso i volontari in simpatia. Capita addirittura che ex volontari li passino a trovare una volta terminato il percorso».
La rete delle associazioni ha messo al centro del progetto di integrazione il rapporto con le persone in carne ed ossa, responsabilizzando il migrante in vista del suo futuro. Piva sottolinea proprio quest’aspetto:
«La soddisfazione è fornire un’esperienza utile anche dal punto di vista professionale, perché poi i nostri ospiti riescono a spendere le abilità acquisite. Andrebbero spinte maggiormente le attività di volontariato in grado di dare competenze specifiche. Perché poi a un certo punto la presenza alla residenza Fersina finisce e se la devono cavare da soli».
Simone Gussoni
Fonte: Giornale Trentino
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