Introduzione di Giuseppe Papagni
Si chiama Nurse EXperimental Thesis (NExT) il progetto editoriale ideato da Nurse Times e rivolto a tutti gli studenti in Infermieristica e neo laureati, che sta riscuotendo notevole interesse tra i colleghi, dando la possibilità a tutti di poter pubblicare sul nostro giornale il proprio lavoro di tesi.
Il dott. Domenico Monopoli presenta alla nostra Redazione la sua tesi dal titolo “Il trattamento sostitutivo nello scompenso cardiaco acuto: modalità operative e competenze infermieristiche”, discussa presso l’università degli studi di Bari “A. Moro”, relatore Prof. Giuseppe Notarnicola, correlatore Infermiere Vincenzo Maldera.
La Redazione si congratula con il dott. Domenico Monopoli per il risultato raggiunto, con l’augurio che possa vedersi concretizzare il percorso formativo attraverso un’opportunità lavorativa
Ho scelto tale argomento perché durante il mio percorso formativo sono stato colpito dal potenziale letale delle malattie cardiovascolari, associate ad una insufficienza renale, trattate mediante Ultrafiltrazione, in cui emerge la figura infermieristica associata alla figura medica in un lavoro di equipe.
Che paziente andiamo a trattare???
E’ un paziente con scompenso cardiaco, con insufficienza renale, con una resistenza alla terapia diuretica, con un sovraccarico di liquidi.
Obiettivo del trattamento è l’eliminazione della congestione polmonare e/o sistemica, un miglioramento delle condizioni emodinamiche, renali e respiratorie; oltre che la prevenzione delle possibili complicanze, che come ho detto in precedenza, possono essere letali.
L’ultrafiltrazione ha come obiettivo ottenere un bilancio idrico negativo, reso possibile mediante la capacità della macchina di eliminare i liquidi in eccesso dal circolo ematico mediante il fenomeno del “Solvent-drag”, ovvero lo spostamento per gradiente di pressione idrostatica maggiore verso il gradiente di pressione idrostatica minore.
Tale metodica viene applicata mediante la fistola artero venosa, solitamente applicata a pazienti già dializzati oppure mediante il posizionamento del catetere venoso centrale a due lumi: di accesso e di rientro, entrambi di grosso calibro (11 French),per ottenere un elevato flusso ematico e una stabilità delle pressioni di accesso e di rientro.
La metodica Sled, consente un ultrafiltrazione con una durata prolungata del trattamento, ad una ridotta velocità per consentire una stabilità emodinamica, prevenire lo squilibrio idro-elettrolitico, e consentire le procedure diagnostiche durante l’intervallo tra un trattamento e il successivo.
Dal punto di vista operativo, abbiamo un flusso ematico di 150 mil al minuto a 38 gradi di temperatura, con una durata media compresa tra le 8 e le 10 ore, poiché risulta poco efficace un trattamento inferiore alle 6 ore.
L’ultrafiltrazione oraria solitamente non supera i 400 ml orari, e l’eparinizzazione è necessaria, viene eseguita mediante una siringa preriempita.
Lo studio è stato condotto, presso l’ospedale Miulli, mediante un’analisi documentale infermieristica e consultazione delle cartelle cliniche, per un periodo di osservazione di 6 mesi.
Il campione preso in considerazione è di 48 pazienti, di cui il 67% risulta essere di esso maschile mentre il 33% risulta essere di sesso femminile, con una prevalenza del sesso maschile su quello femminile.
Il device utilizzato nel 92% dei casi è il catetere venoso centrale mentre nel restante 8% è stata utilizzata la fistola artero venosa.
Nell’analisi documentale dei pazienti presi in considerazione, ho rilevato una comorbidità diversa tra il genere maschile e femminile.
Nei maschi è risultato un 37% per insufficienza renale acuta, 27% per ipertensione arteriosa, 20% aritmie, 3%insufficienza renale cronica; mentre nelle donne è risultato un 38% per insufficienza renale cronica, 24% aritmie, 24% per ipertensione arteriosa, 5% insufficienza renale cronica.
Da tale analisi ho riscontrato che in entrambi i sessi è presente un insufficienza renale sia acuta che cronica.
Ho riscontrato che il trattamento di ultrafiltrazione, varia per numero di trattamenti, in base alla tipologia del paziente. I pazienti dializzati ha avuto una media di 7 trattamenti dalla durata di 10 ore ciascuno, invece il paziente non dializzato ha avuto una media di 5 sedute dalla durata di 8 ore ciascuno.
Per quanto riguarda invece i parametri vitali, ho riscontrato dalla fase di attacco fino alla fine del trattamento, che la temperatura e la pressione arteriosa, tendono progressivamente a diminuire in modo graduale, mentre la frequenza cardiaca subisce delle variazioni di compenso, ed il peso iniziale del paziente diminuisce mentre l’ultrafiltrazione oraria rimane costante.
Ho riscontrato nell’analisi di esito, che nell’88% dei casi il trattamento ha avuto un esito favorevole, mentre nel 12% dei casi il trattamento è stato interrotto:
In 3 pazienti è stato interrotto entro la 6 ora per cause di malfunzionamento del CVC, in 2 pazienti è stato interrotto entro la 2 – 3 ora per formazione di coaguli di sangue nelle linee ematiche e nel filtro, in 1 paziente è stato interrotto per perdite ematiche nei pressi degli accessi venosi della FAV.
Questo è il modello di scheda infermieristica che ho analizzato, che riporta tutti i valori che vi ho elencato:
Qual è il ruolo infermieristico?
Nel trattamento del paziente con scompenso cardiaco associato ad insufficienza renale con resistenza alla terapia diuretica e con un sovraccarico di liquidi, il ruolo dell’infermiere si inserisce nel trattamento multidisciplinare con:
- Valutazione iniziale del paziente
- Collabora nell’installazione e nella programmazione degli apparecchi s.p.m.;
- Collabora con il medico nel posizionamento e nella gestione degli accessi venosi;
- Valuta il paziente considerando il tempo di inizio e di fine del trattamento;
- Rileva il peso inziale del paziente e finale, mediante apposite bilance-letto;
- Verifica funzione e velocità della pompa sangue, e delle altre apparecchiature di trattamento e monitoraggio collegate al paziente;
- Controllo dei parametri vitali prima, durante e alla fine del trattamento, massimizzando la sicurezza del paziente;
- Valutazione continua delle pressionidi accesso e di rientro, stato dei filtri;
- Gestione successiva degli accessi venosi
- Supporto psicologico ed informazione continua del paziente.
Da quanto sopra descritto e dallo studio di analisi documentale delle schede infermieristiche e della consultazione delle cartelle cliniche, posso affermare che:
- lo scompenso cardiaco è una patologia che mette a rischio la vita del soggetto colpito;
-l’ultrafiltrazione è efficace nel trattare un paziente con scompenso cardiaco associato ad insufficienza renale, con resistenza ai diuretici e sovraccarico di liquidi;
-il rischio aumenta in presenza di comorbidità quali diabete, ipertensione e sopratutto insufficienza renale;
-l’ultrafiltrazione assume un ruolo fondamentale nella sopravvivenza della persona affetta da scompenso cardiaco.
Per concludere il mio discorso, posso mettere in evidenzia come il trattamento di ultrafiltrazione negli ultimi anni abbia riscontrato un notevole successo, poiché nel momento in cui “il diuretico” considerato per anni la pietra miliare nel trattamento dello scompenso cardiaco, fallisce, a causa della presenza di un’insufficienza renale, rappresenta l’unico metodo efficace per eliminare il sovraccarico idrico che mette a repentaglio sia la funzione cardiaca sia renale, assumendo un ruolo fondamentale nella sopravvivenza del paziente.
Un ulteriore condizione a favore dell’utilizzo di tale metodica è rappresentata dall’età sempre più avanzata dei pazienti, nei quali è possibile riscontrare numerose comorbilità, come l’ipertensione o l’insufficienza renale, casi in cui è consigliabile preservare la funzione renale piuttosto che costringere il nefrone alla diuresi forzata, in modo da ripristinare le condizione emodinamiche del paziente nel più breve tempo possibile, poiché lo scompenso cardiaco viene considerata una tra le patologie cardiovascolari più letali, mettendo a grave rischio la vita del paziente.
Domenico Monopoli
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