Proponiamo un approfondimento sul tema a cura della nostra collaboratrice Milena Mazzone.
Il piede torto congenito è una delle più comuni malformazioni congenite delle ossa e delle articolazioni dei neonati (1-2 su mille nati), è spesso bilaterale ed è più frequente nei maschi. Il piedino colpito da tale malformazione, detto “equino varo spinato”, presenta nel complesso una torsione sul proprio asse longitudinale: alla nascita i piedi appaiono ruotati verso l’interno con le punte verso il basso, rigidi, deformati in una posizione.
I piedi sono quindi: addotti (la parte anteriore punta all’interno), vari (il tallone è piegato verso l’interno) supini (la pianta del piede è ruotata verso l’alto) cavi (il piede appare come rotto a metà sul lato interno). L’entità della malformazione è diversa, da lieve a grave, e pertanto si può classificare, valutare e trattare secondo differenti approcci clinici. Se non curata o non trattata adeguatamente, questa malattia comporta una deformità strutturata, causa di gravi disabilità fisiche, psicologiche, sociali, economiche per la famiglia e la società.
Le cause non sono ancora completamente conosciute, si pensa a un’alterazione con attivazione dei geni responsabili della malattia, che agisce durante la 12esima-16esima settimana di vita fetale. La diagnosi può essere fatta già in gravidanza attraverso l’esame ecografico. Ciò consente un’adeguata informazione sulla patologia e sulle possibilità terapeutiche, nonché un trattamento precoce e adeguato.
Da qualche anno svariati centri di ortopedia specializzati nella cura del piede torto hanno adottato una nuova metodologia, ideata dal professor Ignacio Ponseti, che utilizza un trattamento di tipo conservativo, senza dover ricorrere a interventi chirurgici particolarmente invasivi e con un rischio minimo di recidive anche per le forme più gravi di questa malformazione. Tale metodo prevede l’applicazione settimanale di gessi seriati (circa 5-6 gessetti), che correggono progressivamente e senza alcun dolore la deformità. Spesso è necessario eseguire un piccolo intervento chirurgico di allungamento del tendine di Achille, in sedazione, senza punti di sutura, seguito da un ultimo apparecchio gessato per tre settimane.
Il trattamento prosegue con l’utilizzo di un tutore (due scarpette fissate da una barra) per mantenere i risultati ottenuti e prevenire le recidive. In questa fase sarà indispensabile la collaborazione dei genitori nella gestione del tutore, che il bambino dovrà portare inizialmente per 23 ore al giorno, per un tempo progressivamente ridotto fino all’anno di età, e successivamente solo di notte fino ai 4 anni.
Il risultato è che i piedi di questi piccoli pazienti si sviluppano nel tempo forti, flessibili, plantigradi. Il mantenimento, senza dolore, della loro funzionalità è stato dimostrato da un follow-up durato oltre 35 anni. È molto importante, quindi, rassicurare i genitori, perché il bambino opportunamente trattato non avrà alcun tipo di handicap e sarà in grado di condurre una vita normale e attiva.
Milena Mazzone
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