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Torino, paziente morì dopo trasfusione sbagliata: chiesta condanna a due anni per il chirurgo

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Il fulcro dell’accusa è che la sacca di sangue somministrata alla paziente era destinata a un altro paziente, e quindi incompatibile. Una trasfusione sbagliata che, secondo gli inquirenti, ha causato il rapido peggioramento clinico e il successivo decesso della 71enne Carla Raparelli.

I fatti accertati finora

Secondo le ricostruzioni emerse dall’inchiesta, l’episodio risale alla sera del 9 marzo 2023 e si verificò nella clinica privata Maria Pia Hospital di Torino. Alla paziente, che avrebbe dovuto essere dimessa dopo l’intervento, fu somministrata una sacca di sangue destinata a un paziente con gruppo sanguigno diverso. La donna morì entro un’ora dalla trasfusione. 

Ma non è finita qui, perché quella notte ci sarebbe stato anche un tentativo di insabbiare l’accaduto. Dopo la morte della signora Raparelli, infatti, in reparto fu convocata una riunione d’urgenza. Era presente anche un’anestesista, che aveva tentato fino all’ultimo di salvare la donna. Stando al suo racconto, avrebbe subito pressioni per non segnalare la trasfusione. Fu il suo no a far partire le indagini. 

La Procura di Torino, rappresentata dal pubblico ministero Giorgio Nicola, contestando violazioni delle procedure previste dai protocolli trasfusionali, ha chiesto il rinvio a giudizio per il medico e l’infermiere coinvolti. Nella richiesta formulata in udienza il pm ha invocato la condanna a due anni del cardiochirurgo Paolo Sorrentino con le accuse di omicidio colposo e falso ideologico in atto pubblico

Procedimenti correlati e responsabilità del personale

Nel corso dell’inchiesta l’infermiere che materialmente avrebbe somministrato la sacca di sangue ha poi patteggiato una pena a un anno e quattro mesi: un elemento processuale che ha già prodotto una sentenza di primo grado per quella parte del caso. Il patteggiamento ed eventuali altre ammissioni influiranno sugli sviluppi del processo principale a carico del medico.

Le linee guida nazionali e internazionali sulla sicurezza trasfusionale prevedono check multipli (identificazione paziente, controllo etichetta, doppia verifica crociata), proprio per evitare errori di questo tipo. Studi e rapporti del ministero della Salute e delle società scientifiche di ematologia evidenziano che gli eventi avversi trasfusionali, benché rari, possono essere fatali se non vengono rispettate le procedure standard. Per questo motivo le indagini penali spesso cercano di chiarire se si sia trattato di un errore umano isolato o di una falla sistemica nei protocolli.

Redazione Nurse Times

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