Grande successo per il progetto editoriale denominato NExT (Nurse EXperimental Thesis) targato Nurse Times
Giunge al nostro indirizzo mail re*******@nu********.org il lavoro di tesi del dott. Mattia MORANDI, laureatosi presso Università degli Studi dell’Insubria. A.A. 2018/2019.
…di Mattia MORANDI
La relazione interpersonale tra infermiere e paziente in ambito psichiatrico riveste il cuore della pratica assistenziale ed è uno degli strumenti più importanti disponibili per gli infermieri. La formazione di una relazione terapeutica di qualità tra l’infermiere di salute mentale e la persona con disagio psichico non è un evento istintivo e richiede grande abilità e competenze specializzate per sviluppare e mantenere relazioni efficaci.
Il lavoro quotidiano in un contesto ospedaliero, per acuti, richiede che gli infermieri abbiano la capacità di gestire esperienze continuamente nuove e imprevedibili e sempre attraverso cure di alta qualità. La letteratura discute vari aspetti del significato di relazione terapeutica dal punto di vista degli infermieri e dei pazienti nella pratica clinica delle unità psichiatriche. Lo scopo della seguente revisione della letteratura è quello di delineare come l’infermiere possa instaurare una relazione terapeutica utile a migliorare gli outcomes assistenziali nella persona assistita con disagio psichico. Per far ciò è stata condotta una ricerca di fonti su banche dati autorevoli, quali MedLine, CINAHL e PsycINFO, la cui ricerca ha portato alla selezione di 11 articoli in full text.
I risultati riscontrati dagli studi identificano diverse modalità attuabili dall’infermiere nel contesto ospedaliero al fine di migliorare gli outcomes assistenziali. Questi comprendono approcci comportamentali con la persona assistita, profili relazionali secondo le necessità, le situazioni cliniche, la tipologia di popolazione e/o diagnosi, interventi organizzativi, implementazione di evidence, individuazione di fattori ostacolanti e costrutti basali dell’instaurazione della relazione terapeutica tra infermiere e paziente. Sarebbero opportune ed auspicabili ulteriori ricerche su questo argomento e maggior consapevolezza da parte dell’infermiere nel considerare questi aspetti all’interno della pratica clinica.
Introduzione
Il mondo della salute mentale è un mondo molto vasto, che si colloca in una posizione particolare nell’area medica, definibile come interdisciplinare. Con l’espressione di “salute mentale”, secondo la definizione dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2006), si fa riferimento ad uno stato di benessere emotivo e psicologico nel quale l’individuo è in grado di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali, esercitare la propria funzione all’interno della società, rispondere alle esigenze quotidiane della vita di ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, partecipare costruttivamente ai mutamenti dell’ambiente, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni. L’OMS dichiara come i disturbi mentali siano in continuo aumento con un conseguente impatto sulla salute e sugli aspetti sociali, umani ed economici in tutto il mondo (Istituto Superiore della Sanità, 2018).
Solo in Italia si attesta un numero di utenti psichiatrici assistiti dai servizi specialistici nel corso del 2016 pari a 807.035; pertanto tali condizioni rappresentano una delle maggiori fonti di carico assistenziale e di costi per il Servizio Sanitario Nazionale Italiano (Ministero della Salute, 2016). Le patologie più comuni sono i disturbi schizofrenici, i disturbi di personalità, i disturbi da abuso di sostanze, il ritardo mentale, disturbi affettivi, nevrotici e depressivi (Ministero della Salute, 2016).
In psichiatria, la relazione interpersonale tra infermiere e paziente riveste il cuore della pratica assistenziale ed è uno degli strumenti più importanti disponibili per gli infermieri (Scanlon, 2006). La letteratura discute vari aspetti del significato di relazione terapeutica dal punto di vista degli infermieri e dei pazienti nella pratica clinica delle unità psichiatriche. La relazione terapeutica spesso viene definita anche come relazione d’aiuto, relazione infermiere – paziente, relazione di fiducia e alleanza terapeutica (Moreno-Poyato et al., 2016).
Tuttavia, l’obiettivo centrale di tutti questi termini è proprio il concetto di aiuto. Alcuni autori identificano la relazione terapeutica come un processo interpersonale che avviene tra infermiere e paziente basata su una comunicazione mirata con l’obiettivo principale di promuovere i valori, gli interessi e gli esiti di salute dei pazienti (Porr, 2009); altri ritengono la relazione terapeutica come un insieme di caratteristiche e attributi come l’empatia, accettazione dell’individuo, supporto, autenticità del rapporto, rispetto incondizionato, mantenimento chiaro dei ruoli (Rogers, 1971; O’Brien, 1999; Johansson, 2003; Moyle, 2003; Scanlon, 2006; Welch, 2005; Jackson et al., 2000; Schafer et al., 2003). Gli infermieri di salute mentale sono consapevoli del concetto di relazione terapeutica e della sua importanza (Clark, 2012; Hawamdeh et al., 2014).
Tuttavia, sono anche consapevoli del fatto che sono necessarie competenze specifiche per sviluppare e mantenere una relazione terapeutica con i pazienti (Dziopa et al., 2009b).
Fattori come la coerenza, l’empatia, la capacità di ascoltare, fare una prima impressione positiva, creare un ambiente sicuro e confortevole e il lavoro di équipe sono i pilastri fondamentali su cui si basa lo sviluppo di una relazione terapeutica. (Cleary et al., 2012). Eppure, infermieri e pazienti hanno aspettative diverse sulla relazione terapeutica nella pratica clinica e diverse idee sul suo significato. Pertanto, stabilire una relazione terapeutica appropriata aumenta l’efficacia degli interventi infermieristici nel contesto di salute mentale acuta (McAndrew et al., 2014) e lo sviluppo di una relazione terapeutica di qualità contribuisce a facilitare soluzioni a problemi (Kai et al., 2001), migliorare l’aderenza terapeutica (Pinikahana et al., 2002), aumentare la qualità di vita dei pazienti (Cowin et al., 2003; Kozub et al., 2001) e raggiungere outcomes assistenziali migliori (Frank et al., 1990).
Infatti la relazione terapeutica impiegata nella cura della salute mentale risulta essere uno degli aspetti fondamentali richiesti per migliorare l’aderenza al trattamento terapeutico e migliorare gli outcomes dei pazienti (Priebe et al., 1993). L’attuale assistenza psichiatrica ospedaliera è considerata eccezionalmente anti terapeutica con alti costi associati quando le persone sono ricoverate per lunghi periodi a causa di outcomes negativi. Migliorare la qualità delle cure e gli outcomes nelle strutture ospedaliere psichiatriche è quindi una priorità (Schizophrenia Commission, 2012).
A tal proposito è fondamentale chiarire il significato di outcome assistenziale. Per outcome assistenziale si intende una condizione, comportamento o percezione misurabile, concettualizzata come variabile sensibile alle cure infermieristiche. Essi sono focalizzati sull’individuo, sulla famiglia e sulla comunità. Gli elementi da considerare nella definizione degli outcomes infermieristici sono quattro: aspetti specifici dell’assistenza infermieristica, la patologia, aspetti generali dell’assistenza (legati all’ambiente lavorativo e a livello organizzativo) e la tipologia di paziente (Germini et al., 2010). Secondo Johnson et al., (1997), gli outcomes assistenziali devono includere le conoscenze del paziente, i comportamenti, l’uso delle risorse, le capacità di gestione della casa e del denaro. A questi, in una prospettiva più attuale e olistica, se ne aggiungono altri quali il benessere, la qualità della vita, la capacità di svolgere attività di vita quotidiana, mantenere e/o potenziare le capacità residue, la socializzazione, il rapporto armonioso con l’ambiente e l’aderenza terapeutica (Germini et al., 2010). È fondamentale, però, segnalare che dalla letteratura non emerge esplicitamente una definizione esatta di outcomes e di conseguenza non vengono riportati espressamente quali sono gli outcomes di riferimento.
A fronte di quanto affermato fin ora, la domanda di ricerca che mi sono posto è la seguente: Come l’infermiere può instaurare una relazione terapeutica utile a migliorare gli outcomes assistenziali nella persona assistita con disagio mentale in un contesto ospedaliero? La scelta della presente domanda e la motivazione che mi ha stimolato ad approfondire questa tematica nasce dal contesto clinico sperimentato durante il periodo di tirocinio in SPDC, CPS e CRA. Attraverso l’esperienza clinica ho potuto osservare e sperimentare, da più punti di vista, la difficoltà nell’instaurare una relazione terapeutica con la persona affetta da disturbi mentali. Di conseguenza ho voluto approfondire in letteratura se esistessero delle modalità attuabili dall’infermiere utili a migliorare gli outcomes assistenziali attraverso una terapia relazionale-educativa (relazione terapeutica).
Per poter rispondere alla mia domanda di search sono partito dall’analisi della letteratura che riporta le prospettive, le percezioni e il vissuto, sia da parte degli infermieri che dei pazienti – essendo la relazione terapeutica un binomio reciproco – riportando aspetti positivi ma anche negativi. Da questi ultimi sono andato a vedere le barriere, i limiti e gli ostacoli che l’infermiere incontra nell’instaurare la relazione terapeutica in modo tale da poterli riconoscere per poi intervenire. Infine sono andato ad analizzare cosa la letteratura fornisce in termini di modalità che possono migliorare gli outcomes assistenziali nella persona assistita con disagio psichico.
Per fare ciò, ho consultato le seguenti banche dati internazionali come Medical Literature Analysis and Retrieval System Online (MedLine) sulla piattaforma elettronica di Pubmed della National Library, la Cumulative Index to Nursing and Allied Health Literature (CINAHL) e PsycINFO sulla piattaforma Ovid Technologies (contenente revisioni di esperti per le Scienze Comportamentali e la Salute Mentale).
Ho scelto di realizzare la ricerca mediante questi database, in quanto specifici per le Scienze Infermieristiche e con un cospicuo numero di materiale full text scaricabile. L’accesso alle banche dati è avvenuto mediante il portale Insubria Biblioteche e Risorse Elettroniche (InsuB.R.E.) dell’Ateneo. La modalità di ricerca impiegata è stata effettuata in MedLine tramite Medical Subject Headings (MeSH) e per parole libere; in CINAHL per parole libere e per Subject Headings; in PsycINFO per parole libere. Le parole chiave di tale search sono: “nurse-patient relations”, “nurse-patient relationship”, “nurse-client relations”, “interpersonal relations”, “therapeutic relationship”, “improving”, “quality”, “patient outcomes”, “acute”, “psychiatric ward”, “psychiatry”, “psychiatric nursing”, “inpatient psychiatric care”, “mental health nursing”, “mental health staff”, “patient experience”, “expectation”, “feelings” , “thoughts”, “risk”, “barriers”, “obstacles”. Queste ultime sono state unite mediante gli operatori booleani: AND (per restringere la ricerca ai documenti indicizzati che contengono le sole parole utilizzate, quindi con entrambi termini di ricerca) e OR (per ampliare la mia ricerca e quindi reperire gli articoli indicizzati con almeno uno dei due termini indicati).
La raccolta degli studi all’interno delle diverse banche dati è avvenuta nel rispetto della coerenza con il quesito di ricerca includendo tali limiti: periodo di pubblicazione relativo agli ultimi 10 anni (2009-2019); tipologia di studio (studi qualitativi fenomenologici, studi sperimentali randomizzati controllati (RCT); studi quasi sperimentali; revisioni della letteratura; studi pilota), di interesse infermieristico; formato degli studi (full-text) facilmente scaricabili; lingua di stesura (inglese); genere dei partecipanti (maschile/femminile); età dei partecipanti (19+anni); contesto assistenziale (ospedaliero). I criteri di esclusione invece riguardano il soggetto (età <19 anni; diagnosi di disturbo neurologico acuto in trattamento e altre diagnosi non psichiatriche), lingue diverse dall’inglese, studi non di interesse infermieristico, contesto territoriale, metanalisi, revisioni sistematiche della letteratura, letteratura grigia, studi con data di pubblicazione inferiore al 2009 e studi duplicati. La search ha condotto ad un totale di 11 studi di cui 8 ottenuti con la ricerca (6 studi qualitativi fenomenologici; 1 studio quasi sperimentale; 1 studi con approccio misto), 3 ottenuti per reference (2 review, 1 con approccio misto), le cui analisi costituiscono l’organizzazione centrale di tale elaborato.
La struttura dell’elaborato, a seguito dell’introduzione, è composta da tre paragrafi in coerenza con il percorso logico seguito: nel primo vengono analizzate le prospettive degli infermieri e dei pazienti sulla relazione terapeutica in ambito ospedaliero; nel secondo paragrafo vengono analizzati i fattori ostacolanti e problematici che l’infermiere può incontrare nell’instaurare la relazione terapeutica e nell’ultimo paragrafo vengono proposte e analizzate le modalità attuabili dall’infermiere utili a migliorare gli outcomes assistenziali derivanti dalla letteratura, in risposta al quesito di ricerca.
Segue la parte finale dove sono presenti le conclusioni e la bibliografia. In allegato sono presenti la Flow Chart della Search Strategy, in modo tale da avere una maggiore comprensione del percorso logico di selezione degli articoli, la Search History e la Search Strategy nel dettaglio e infine la Critical Appraisal degli studi analizzati sottoforma di tabella; seguono l’ordine di presentazione all’interno del corpo. Le Critical Appraisal fanno riferimento all’ allegato 6: “Criteri generali per valutare un articolo di ricerca quantitativa” e allegato 11: “Guida semplice per la lettura critica di una ricerca qualitativa” proposti all’interno del testo “Introduzione alla ricerca infermieristica” (Sironi, 2010; pp.400, 409-410). I risultati conducono a modalità disparate per migliorare gli outcomes, alcuni si riferiscono ad approcci e profili assistenziali, altri riguardano interventi a livello organizzativo e l’utilizzo di evidence.
Redazione Nurse Times
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