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Talassemia, corretta la mutazione genetica che causa la forma più grave

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Talassemia, corretta la mutazione genetica che causa la forma più grave
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Ci è riuscito un team di riverca dell’Università di Ferrara grazie all’innovativa tecnica denominata Crispr-Cas9.

Grazie alla tecnica del “taglia e cuci” genetico un team di ricerca dell’Università di Ferrara, guidato dalla professoressa Alessia Finotti (Dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie), è riuscito per la prima volta a riparare la mutazione genetica responsabile della forma di β-talassemia più comune e grave del Mediterraneo. L’equipe si è avvalsa della tecnica innovativa di ingegneria genetica Crispr-Cas9, che permette di correggere in maniera mirata una sequenza di Dna.

“Con la tecnica Crispr-Cas9 – spiega Finotti – si effettua quello che viene definito editing del genoma: specifiche proteine ingegnerizzate tagliano il gene bersaglio esattamente nel punto in cui è presente l’errore. Il Dna viene quindi corretto grazie ai naturali meccanismi di riparazione della cellula e all’aggiunta di alcune molecole che forniscono la sequenza corretta”. Gli esperimenti hanno portato a un ottimo livello di correzione del Dna e non si sono verificate modificazioni non programmate in altre aree del genoma al di fuori della regione d’interesse.

“Abbiamo valutato la bontà dei nostri risultati analizzando il Dna corretto con differenti tecniche – precisa Lucia Carmela Cosenza, prima autrice dello studio e artefice principale degli esperimenti –. Così abbiamo dimostrato la presenza del gene corretto nelle cellule, in grado di produrre una quantità normale di emoglobina”. L’intervento è stato effettuato in provetta su campioni di cellule precursori dei globuli rossi, ottenute da otto pazienti talassemici colpiti dalla forma più grave della malattia. Le ricerche hanno anche tratto beneficio da una biobanca prodotta insieme al Dht Talassemia dell’Arcispedale Sant’Anna di Ferrara.

“Lo studio – sottolinea Finotti – è un primo passo verso un’applicazione terapeutica che potrebbe essere ottenuta dalla combinazione di questo approccio con altre strategie che il gruppo sta validando. Inoltre sarà necessario lavorare sul protocollo per tradurre quello che è un risultato in vitro in un’applicazione di rilevanza clinica”.

Redazione Nurse Times

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