Il 44enne toscano, malato da sei anni di sclerosi multipla, è stato seguito nel suo ultimo viaggio dall’Associazione Luca Coscioni. “Perché non posso farlo qui in Italia, a casa mia, anche in un ospedale, con accanto i parenti, gli amici?”, chiedeva in un video appello girato prima di partire.
Massimiliano, 44enne toscano malato da sei anni di sclerosi multipla, è morto giovedì 8 dicembre in una clinica svizzera, dove si era recato per sottoporsi a suicidio assistito. “E’ stato accompagnato, tramite un’azione di disobbedienza civile, da Felicetta Maltese, attivista della campagna Eutanasia Legale, e da Chiara Lalli, giornalista e bioeticista”, spiega l’Associazione Luca Coscioni.
Venerdì è scattata l’autodenuncia a Firenze, presso stazione carabinieri Santa Maria Novella”. Non essendo tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, non aveva possibilità di accedere al suicidio assistito in Italia poiché privo di uno dei requisiti della sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale sul caso Cappato/Dj Fabo.
Anche Marco Cappato, “che in questa occasione non ha direttamente accompagnato Massimiliano”, si è autodenunciato “in veste di legale rappresentante dell’Associazione Soccorso Civile, che ha organizzato e finanziato il viaggio di Massimiliano verso la Svizzera”. Ad accompagnare Massimiliano, anche “Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell’associazione Luca Coscioni”.
Lunedì scorso il 44enne aveva lanciato un video appello per “essere aiutato a morire in casa mia”, in Italia, vicino ai suoi cari. Con lui, in quel video, anche il padre Bruno, che aveva a sua volta lanciato un appello a sostegno della libertà di scelta del figlio, “davanti al silenzio da parte della politica dopo la richiesta di aiuto di Massimiliano”, spiega ancora l’associazione.
“Sono quasi completamente paralizzato e faccio fatica anche a parlare – diceva Massimiliano nel video -. Da un paio di anni, siccome non ce la faccio più, ho iniziato a documentarmi su internet sui metodi di suicidio indolore, e finalmente ho raggiunto il mio sogno. Peccato che non l’ho raggiunto in Italia, ma mi tocca andare all’estero. Perché non posso farlo qui in Italia, a casa mia, anche in un ospedale, con accanto i parenti, gli amici? No, devo andarmene in Svizzera. Non mi sembra una cosa logica, questa. Sono costretto ad andarmene via, per andarmene via”.
Redazione Nurse Times
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