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Suicidio assistito, il Ssn fornisce medico e farmaco a una donna di Trieste: prima volta in Italia

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Suicidio assistito, il Ssn fornisce medico e farmaco a una donna di Trieste: prima volta in Italia
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“Anna è il nome che avevo scelto e, per il rispetto della privacy della mia famiglia, resterò Anna. Ho amato con tutta me stessa la vita, i miei cari, e con la stessa intensità ho resistito in un corpo non più mio. Ho però deciso di porre fine alle sofferenze che provo perché oramai sono davvero intollerabili. Voglio ringraziare chi mi ha aiutata a far rispettare la mia volontà, la mia famiglia, che mi è stata vicina fino all’ultimo. Io oggi sono libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere”. E’ questo l’ultimo messaggio, diffuso dall’Associazione Luca Coscioni, di Anna, nome di fantasia delle donna triestina di 55 anni affetta da sclerosi multipla progressiva e morta con l’assistenza del Servizio sanitario nazionale dopo aver ottenuto il via libera al suicidio assistito.

Il farmaco

A seguito dell’ordine del Tribunale di Trieste il farmaco per il suicidio assistito e la strumentazione sono stati forniti dal Ssn. E un medico, individuato dall’azienda sanitaria, su base volontaria ha provveduto a supportare l’azione richiesta nell’ambito e con i limiti previsti dall’ordinanza cautelare pronunciata dallo stesso Tribunale, il 4 luglio 2023. Il tutto è quindi avvenuto “senza intervenire direttamente nella somministrazione del farmaco, azione che è rimasta di esclusiva spettanza di Anna”, spiega una nota dell’Associazione Coscioni.

“Anna è la prima persona malata che ha visto riconoscere, da parte dei medici incaricati di effettuare le verifiche sulle condizioni”, il principio “che l’assistenza continua alla persona è assistenza vitale, così anche la dipendenza meccanica non esclusiva garantita attraverso l’impiego di supporto ventilatorio (Cpap) nelle ore di sonno notturno”.

Il no del Lazio

“Emerge che, rispetto alla procedura eseguita di riscontro delle condizioni di una persona malata in Friuli Venezia Giulia, risulta non fondato e paradossale il diniego ricevuto invece nel Lazio da Sibilla Barbieri, anche lei dipendente da trattamenti vital,i ma costretta a morire in Svizzera. Per la prima volta inoltre in Italia una persona ha avuto accesso all’aiuto alla morte volontaria interamente nell’ambito del Servizio sanitario pubblico a seguito dell’ordine di un Giudice”, dichiara Filomena Gallo, avvocato e segretaria dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, che coordina il collegio legale di studio e difesa.

La giustizia civile

“Anna, per ottenere il rispetto della sua volontà e l’applicazione della sentenza Cappato della Consulta – aggiunge Gallo -, ha dovuto rivolgersi alla giustizia civile e penale per vedere riconosciuto il suo diritto al suicidio assistito. Con grande fatica ha voluto personalmente depositare ai carabinieri l’esposto contro Asugi e partecipare, sempre in persona, alla prima udienza civile in Tribunale a Trieste, che ha poi emesso un’ordinanza di condanna di Asugi di applicare la sentenza della Consulta. Così come avrebbe dovuto fare già nel novembre 2022, quando aveva ricevuto la richiesta da Anna, l’Azienda sanitaria ha dato applicazione alla decisione del Giudice del Tribunale di Trieste e, sussistendo tutte le condizioni indicate dalla Corte Costituzionale con sentenza 242/19, si è fatta carico dell’intero percorso. Ha dunque messo a disposizione il farmaco, la strumentazione e il personale sanitario su base volontaria. Abbiamo vigilato sull’intera procedura, a volte sollecitando alcuni passaggi”.

Il diritto di scelta

E ancora: “Il diritto di scelta alla fine della vita si sta faticosamente affermando, nonostante ostruzionismi e resistenze ideologiche che sono sempre più lontane dal sentire popolare, come dimostra anche il recente sondaggio ‘Osservatorio sul Nord Est’, pubblicato dal Gazzettino, secondo cui oltre otto persone su dieci (82%) si dichiarano d’accordo con l’idea che ‘quando una persona ha una malattia incurabile e vive con gravi sofferenze fisiche è giusto che i medici possano aiutarla a morire se il paziente lo richiede’. Il dato è confermato su tutto il territorio nazionale anche da una seconda rilevazione, questa volta curata dal Censis. Anche in questo caso i favorevoli sono la maggioranza: il 74% degli intervistati (80% degli elettori di Fdi, 79% della Lega, 86% di Forza Italia, 83% del M5s, 88% del Pd)”.

“Ora occorre lavorare sui tempi. Non deve più essere consentito di far attendere quasi un anno, fra sofferenze intollerabili e condizioni che peggiorano con il rischio, come stava accadendo ad Anna, di perdere le ultime forze necessarie per l’autosomministrazione del farmaco letale – dichiara Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, che sta promuovendo su tutto il territorio nazionale la campagna regionale “Liberi subito”, affinché le Regioni approvino una legge che introduca tempi e procedure certi per accedere al suicidio medicalmente assistito.

Redazione Nurse Times

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