Il cortometraggio Hai mai visto un unicorno? racconta la storia di due bimbi affetti da SMA1, la forma più grave di atrofia muscolare spinale, sottolineando l’importanza della diagnosi tempestiva, che si realizza grazie allo screening neonatale.
Aurora ha sei anni e parla, ride, mangia da sola. Antonio ne ha uno e si alza in piedi, sfoglia i primi libri. Gesti quotidiani, apparentemente semplici, eppure straordinari se si pensa che sono entrambi affetti da SMA1, la forma più grave di atrofia muscolare spinale, una patologia genetica rara che indebolisce progressivamente i muscoli rendendo difficili gesti quotidiani come sedersi e stare in piedi, nei casi più gravi deglutire e respirare.
Le loro storie, fino a qualche anno fa impensabili e oggi possibili grazie ai progressi della scienza e delle terapie, sono protagoniste del cortometraggio Hai mai visto un unicorno?, prodotto da Famiglie SMA, Osservatorio Malattie Rare OMaR e GoGo Frames, nel corso di una proiezione speciale organizzata a Palazzo Merulana, Roma.
Il documentario ha offerto un’occasione di riflessione sul futuro della patologia, durante un confronto tra clinici e rappresentati istituzionali al centro di un evento realizzato da Famiglie SMA e OMaR. L’iniziativa si è svolta nel mese di sensibilizzazione dello screening neonatale esteso SNE.
Al momento la diagnosi tempestiva è il fattore più importante nel contrasto all’atrofia muscolare spinale e si realizza grazie allo screening neonatale: un test genetico che individua nel bambino appena nato la presenza della SMA, permettendo di intervenire prima che si manifestino i sintomi e si verifichino i danni gravi e irreversibili tipici della patologia.
Nel 2019 è iniziato il primo progetto pilota di screening. Nel 2021 il Gruppo di lavoro presso il ministero della Salute ha espresso parere positivo affinché venisse esteso in tutta Italia. Tuttavia, ad oggi, manca ancora il decreto per rendere tale diritto effettivo per tutti i nuovi nati nel nostro Paese, venendo al momento garantito solo in sette regioni.
“Un colpevole ritardo normativo, che crea gravissime disuguaglianze – dichiara Francesco Saverio Mennini, professore di Economia politica ed Economia sanitaria all’Università di Roma Tor Vergata -. Lo screening neonatale, unito a terapie altamente avanzate, è un binomio che garantisce qualità di vita, speranza, futuro e nuova vita alle famiglie”.
“Gli enormi progressi delle terapie per la SMA hanno consentito negli ultimi sei anni di assistere a una vera e propria rivoluzione copernicana che ha cambiato radicalmente la prospettiva dei pazienti e delle loro famiglie”, afferma Marika Pane, professore associato di Neuropsichiatria infantile all’Università Cattolica, direttore del Centro Clinico Nemo Pediatrico della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.
E aggiunge: “Oggi si sta delineando una vera e propria ‘SMA 3.0’, quella dell’epoca dello screening neonatale universale, in cui avremmo una diagnosi non più basata sulla gravità clinica, ma sulla presenza di un difetto genetico (l’assenza del gene SMN1). Indipendentemente dall’approccio terapeutico, i dati oggi disponibili indicano infatti in maniera incontrovertibile che quanto più precocemente si interviene con i trattamenti, tanto maggiore è la loro efficacia. Se le terapie sono somministrate prima della comparsa dei sintomi, come avviene con una diagnosi precoce grazie allo screening neonatale, i bambini riescono a compiere le stesse tappe di sviluppo motorio dei loro coetanei sani”.
“Il cortometraggio e il confronto a seguire sono occasioni per noi importantissime, perché abbiamo l’opportunità di raccontare la vita e normalizzare la quotidianità delle nostre famiglie facendo emergere l’impatto delle terapie – commenta Anita Pallara, presidente Famiglie SMA -. La SMA sta cambiando rapidamente grazie ai progressi della scienza ma le risposte istituzionali non riescono a tenere il passo. La mancata estensione dello screening neonatale in tutta Italia è una sconfitta per tutti e crea una grave disparità”.
“Negli ultimi anni l’Osservatorio Malattie Rare ha cercato di cambiare il modo in cui si raccontano le malattie rare e la disabilità, mettendo al centro le persone, le loro storie e quotidianità – dichiara Francesca Gasbarri, digital and social media di OMaR -. Oggi, al centro del nostro racconto ci sono due bambini, Antonio e Aurora. Guardiamo da vicino la loro quotidianità e celebriamo i loro nuovi orizzonti di vita resi possibili dai progressi della scienza.”
“Come professionista e uomo mi sento fortunato e onorato di far parte di questo progetto al fianco della comunità di pazienti, della comunità scientifica e dalle istituzioni per garantire lo screening neonatale esteso in tutto il territorio nazionale e un accesso sostenibile alle terapie avanzate”, afferma Filippo Giordano, general manager di Novartis Gene Therapies.
Se fino al 2017 non esistevano infatti terapie per l’atrofia muscolare spinale, oggi co sono diverse opzioni, tra cui la terapia genica, che interviene direttamente sul difetto genetico con un’unica somministrazione. È la terapia dei protagonisti del documentario, Antonio e Aurora, la stessa di cui ad oggi in Italia hanno usufruito 110 bambini.
L’incontro è stato moderato dalla giornalista Maria Rita Montebelli e ha visto la partecipazione di: Mattia Gentile, direttore del Laboratorio di Genetica medica all’ospedale di Venere di Bari; la senatrice Ylenia Zambito, Commissione X Affari sociali, Sanità, Lavoro pubblico e privato, Previdenza sociale; l’onorevole Francesco Maria Salvatore Ciancitto, Commissione XII Affari sociali; l’onorevole Ilenia Malavasi, Commissione XII Affari sociali; l’onorevole Maddalena Morgante, Commissione XII Affari sociali.
L’atrofia muscolare spinale è una malattia genetica rara che colpisce un neonato ogni 10mila. Si stima che in Italia nascano ogni anno circa 40-50 bambini affetti da SMA. Complessivamente, nel nostro Paese, i malati rari sono compresi tra 2 e 3,5 milioni. Di questi, il 70% sono bambini.
Redazione Nurse Times
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