“È evidente che è necessario, fin da subito, un confronto con le regioni e con le federazioni nazionali degli ordini delle professioni infermieristiche e delle associazioni di categoria per verificare – e credo che sia arrivato il tempo – l’opportunità di una revisione dell’accordo siglato nel 2003 sulle competenze dell’operatore sanitario specializzato“. A parlare è Pierpaolo Sileri, sottosegretario di Stato per la Salute.
Sileri ha voluto fare chiarezza sul ruolo dell’operatore sociosanitario dopo il provvedimento regionale del 2021, n. 305 della Regione Veneto.
Il presidente della regione Veneto per chiarire la posizione assunta con il provvedimento regionale del 2021, n. 305, ha, tra le altre indicazioni rese, precisato che con l’inserimento dell’operatore sociosanitario con formazione complementare in assistenza sanitaria” la regione del Veneto non ha inteso trasferire competenze proprie dell’infermiere, bensì ha posto quest’ultimo al centro del percorso decisionale proprio della professione, ed al contempo ha perseguito l’interesse collettivo di garantire gli operatori di supporto necessari ed adeguatamente formati, necessari per l’erogazione dei servizi assistenziali, a tutela della salute dei pazienti”. Sulla questione in esame il Ministero della Salute osserva che la figura dell’operatore sociosanitario, OSS, è stata individuata e disciplinata con un accordo tra il Ministero della Salute, il Ministro per la solidarietà sociale e le regioni, e le province autonome il 22 febbraio 2001.
In particolare, l’operatore sociosanitario è l’operatore che, a seguito dell’attestato di qualifica conseguito al termine di una specifica formazione professionale regionale, svolge attività indirizzata a soddisfare bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale, sia sanitario. Tale accordo, oltre alle attività e alle specifiche competenze dell’operatore sociosanitario, individua anche gli obiettivi del relativo percorso formativo attraverso corsi di mille ore, la cui organizzazione viene interamente demandata alle regioni e alle province autonome. La figura professionale è nata in risposta all’esigenza del Servizio sanitario nazionale di poter contemplare operatori in grado di collaborare con le professioni sanitarie e sociali, anche a seguito dell’evoluzione formativa e ordinamentale di tali professioni, a fronte di una crescente evoluzione dei servizi alla persona.
In particolare, l’articolo 5 del menzionato accordo, tra le attività di competenza dell’OSS, prevede espressamente: assistenza diretta ed aiuto domestico alberghiero, intervento igienico-sanitario di carattere sociale, supporto gestionale, organizzativo e formativo.
Pertanto, per la tipologia di formazione e le competenze attribuite, l’OSS, a seguito delle riforme legislative delle professioni sanitarie, è oggi annoverato nell’ambito della categoria dell’operatore di interesse sanitario. Le disposizioni vigenti consentono all’operatore sociosanitario di collaborare con l’infermiere o con l’ostetrica e di svolgere alcune attività assistenziali in base all’organizzazione dell’unità funzionale di appartenenza e conformemente alle direttive dell’assistenza infermieristica ed ostetrica e sotto la loro supervisione. In attuazione di tali previsioni normative, si è reso necessario completare il profilo dell’OSS con una formazione complementare in assistenza sanitaria, disciplinata
grazie a un accordo siglato nel gennaio del 2003 tra il Ministro della Salute, il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. L’operatore sociosanitario specializzato consegue, al termine di detta formazione complementare, un attestato che gli consente di collaborare con l’infermiere e con l’ostetrica nello svolgimento di alcune attività assistenziali nell’ambito, comunque, dei limiti ben individuati dell’accordo medesimo. Pertanto l’operatore sociosanitario e l’operatore sociosanitario specializzato, quali operatori di interesse sanitario, ai sensi delle vigenti disposizioni, sono sprovvisti delle caratteristiche della professione sanitaria in senso proprio, per la mancanza di autonomia professionale, e con funzioni accessorie e
strumentali alle professioni sanitarie a seguito di una formazione conseguente a corsi regionali, e non attraverso un percorso universitario.
Per tali operatori, inoltre, non è prevista l’iscrizione ad uno specifico albo professionale, che, invece, è obbligatoria per le professioni sanitarie al fine del relativo esercizio professionale.
Pertanto, tenuto conto dei contenuti della delibera in esame, con specifico riferimento ai percorsi per la formazione complementare dell’operatore sociosanitario, pare effettivamente che la stessa ampli le competenze ascrivibili all’operatore sociosanitario specializzato oltre i limiti previsti dall’accordo Stato-regioni del 2003, determinando il rischio di sovrapposizioni con le competenze infermieristiche. Si precisa che la
Federazione nazionale degli ordini e delle professioni infermieristiche e il coordinamento degli ordini delle professioni infermieristiche del Veneto e il coordinamento degli ordini delle professioni infermieristiche della Lombardia, hanno manifestato la propria contrarietà al contenuto della delibera regionale in esame, denunciando l’avvenuto trasferimento indebito agli OSS di competenze ascrivibili all’assistenza clinica del paziente proprie, invece, del medico e dell’infermiere.
Al riguardo il Ministero della Salute è consapevole degli sviluppi e degli aggiornamenti che, in questi venti anni, hanno interessato le competenze e le attività degli operatori sociosanitari, ma non solo, e quanto gli operatori sociosanitari svolgono all’interno delle strutture sanitarie e sociosanitarie, nonché il ruolo di supporto ai pazienti anziani ricoverati, ad esempio, nelle RSA, e soprattutto del loro valore in questi mesi che abbiamo vissuto durante la pandemia.
Ora, sulla base delle valutazioni svolte e in considerazione del nuovo quadro di attività prestate, è evidente che è necessario, fin da subito, un confronto con le regioni e con le federazioni nazionali degli ordini delle professioni infermieristiche e delle associazioni di categoria per verificare – e credo che sia arrivato il tempo – l’opportunità di una revisione dell’accordo siglato nel 2003 sulle competenze dell’operatore sanitario specializzato.
Questo al fine di dare una uniformità professionale su tutto il territorio nazionale che veda, innanzitutto, la possibilità di istituire dei registri regionali, che, poi, vengano riuniti in uno nazionale, che possa esserci una formazione omogenea in termini di ore e di contenuti, che possa esserci la possibilità anche di aggiornamenti continui, vista l’evoluzione di tutto
il comparto sanitario. Questo per dare maggior sicurezza ai pazienti, maggiore sicurezza agli operatori stessi e, soprattutto, per evitare quella sovrapposizione di competenze che, magari, è propria di altre professioni sanitarie. Ora, avendo io la delega per le professioni sanitarie, nella mia agenda di cose da fare, questo rappresenta una priorità, quindi, spero,
nelle prossime settimane, nei prossimi mesi di addivenire ad un percorso, ad una roadmap per rinnovare ciò che è stato fatto nel 2003.
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