Cosa può legare un operatore sanitario alla scena del crimine, o meglio come può un operatore sanitario aiutare o inficiare l’iter investigativo in un evento criminoso?
A queste domande ha tentato di dare risposta e indicazioni l’infermiera Barbara Modaffari a conclusione di un corso sulla “Storia della Criminalità Organizzata” tenutosi a Cosenza e che ha visto numerosi illustri docenti.
Il corso ha avuto la durata di tre mesi è ha incluso le lezioni del dott. Luca Chianelli, noto e stimato criminalista, che lavora nel settore delle investigazioni scientifiche.
“Il dott. Chianelli ha messo in evidenza l’importanza della preservazione delle tracce presenti sul corpo della vittima e sulla scena del crimine e la necessità della formazione di coloro che sono autorizzati ad avere accesso a quest’ultima. Tra i primi ad intervenire, spesso anticipando le forze dell’ordine, sono gli equipaggi delle ambulanze, che, se idoneamente formati e dotati di “kit” appositi possono coadiuvare le indagini, quantomeno non inquinare la scena.
In particolare, il dott. Chianelli ci ha raccontato un aneddoto relativo ad un caso di omicidio: durante i rilievi sono state rilevate impronte digitali di uno soggetto sconosciuto sulla maniglia di una porta della “scena criminis”. Notevoli risorse economiche e di tempo degli investigatori per poi scoprire che appartenevano ad un operatore sanitario che le aveva lasciate aprendo la porta del bagno senza indossare i guanti e per lavarsi le mani”.
L’infermiera è partita da un protocollo presente sul web che lei stessa ha definito “esemplare nel suo genere” e che ha integrato con le lezioni del docente criminalista e con studi personali. I suggerimenti tecnici abbracciano i professionisti che appartengono al personale del 118 e quelli di alcuni reparti che possono accogliere le vittime: dai calzari da indossare sopra le scarpe per non “asportare” tracce ematiche o altro, per arrivarealle buste di carta per isolare le mani della vittima che possono “trasportare” reperti utili alle indagini.
“A mio avviso – continua l’infermiera con esperienza di Pronto Soccorso ed attualmente in Rianimazione – è fondamentale mostrare la nostra professionalità e la competenza nei diversi settori con i quali interagiamo: senza dimenticare il soccorso e l’obiettivo che è il salvare la vita alla vittima, abbiamo il dovere di essere disponibili, secondo le nostre competenze, alla collaborazione con le forze dell’ordine e con l’autorità giudiziaria”.
L’aspetto mediatico dei grossi casi di cronaca mette in evidenza anche le “contaminazioni” della scena del crimine da parte degli operatori sanitari.
“La voglia di crescita professionale degli infermieri è evidente dall’attiva partecipazione ai corsi di formazione: ultimamente alcuni di essi hanno avuto come relatori dei noti esponenti dei reparti di investigazioni scientifiche accanto agli infermieri forensi.
Ognuno deve rispettare il ruolo altrui: indubbiamente l’infermiere che conosce quale sia l’iter investigativo che seguirà al suo soccorso sanitario, avrà un importante peso sullo svolgimento delle indagini. E contribuirà ad assicurare alla giustizia, nel più breve tempo possibile, il responsabile di un reato”.
Immagine professionale e competenza viaggiano sulla stesso binario che conduce al riconoscimento della professione.
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