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Sangue amaro per l’Italia, rimborsi alle trasfusioni infette

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“Lo Stato condannato per i ritardi dei risarcimenti: dovrà oltre 10 milioni di euro a chi è stato contagiato da Hiv, epatiti B e C dopo emotrasfusioni….. omissis…..”Strasburgo ha riconosciuto il nostro ruolo nel risarcimento ai danneggiati”. Le persone infettate che hanno presentato domanda di risarcimento o allo Stato o alle Regioni sono 26 mila”

Gli scopi principali delle trasfusioni di sangue ed emocomponenti sono:

  • intervenire in caso di anemia grave per mantenere il trasporto dei gas respiratori (ossigeno e anidride carbonica);
  • correggere i disturbi della coagulazione o le emorragie;
  • curare una deficienza del sistema immunitario;
  • mantenere la volemia.

La trasfusione può essere omologa, se il donatore e il ricevente sono due persone diverse, oppure autologa, se il donatore e il ricevente sono la stessa persona (quest’ultima ovviamente richiede la raccolta di sacche di sangue prima del momento del bisogno, per esempio prima di un intervento chirurgico programmato). E’ possibile trasfondere, oltre che il sangue intero, anche gli emocomponenti (per esempio componenti eritrocitari, plasma).

Il sangue donato subisce l’esteso controllo e le prove per impedire la trasmissione delle infezioni sangue-sopportate con la trasfusione di sangue contaminato. Le infezioni Comuni che possono essere trasmesse in questo modo comprendono il HIV e l’Epatite B e C.

La Corte europea dei diritti umani ha condannato lo Stato italiano a risarcire 350 cittadini infettati da vari virus (Aids, epatite B e C) attraverso le trasfusioni di sangue che hanno effettuato durante un ciclo di cure o un’operazione. Il totale dei risarcimenti di 10 milioni di euro.

L’organismo di Strasburgo ha rivelato che diverse persone “sono state infettate da vari virus (Hiv, epatite B, epatite C) durante trasfusioni per trattamenti curativi o interventi chirurgici”.

La sentenza sostiene che la legislazione italiana è sufficiente, ma lamenta ritardi enormi superiori ai sette anni che comportano la condanna dello Stato per danni morali dovuti ai tempi troppo lunghi della giustizia. Il trattamento attuale di indennizzo è stato considerato adeguato. La sentenza è scaturita da un ricorso presentato dall’Associazione giovanile talassemici di Lecce nel giugno del 2012, rappresentata dall’avvocato Paola Perrone. “Si tratta di una causa pilota – ha commentato il legale – attorno al quale sono stati riuniti gli altri ricorsi in materia presentati sul territorio nazionale”.

La sentenza riguarda 900 nostri cittadini che hanno fatto ricorso alla Corte di Strasburgo. Ma la vicenda riguarda migliaia di persone che sono state infettate da virus Hiv, epatite B o C, in seguito a una trasfusione di sangue cui sono stati sottoposti o a fini terapeutici, o in occasione di interventi chirurgici. I danneggiati che hanno fatto ricorso a Strasburgo sono nati tra il 1921 e il 1993.

Quasi tutti hanno richiesto e ottenuto il riconoscimento di uno specifico indennizzo previsto dalla legge 210 del 1992; per ottenerlo una apposita commissione medico ospedaliera deve accertare l’esistenza di tre condizioni: il nesso causale tra la trasfusione (o gli emoderivati)  e la patologia contratta e la tempestività della domanda.

In definitiva, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia in parte per la lunghezza dei processi civili per ottenere il risarcimento. In parte per il ritardato pagamento del risarcimento del danno. E in parte per la mancata conclusione delle procedure transattive.

 

CALABRESE Michele

Sitografia e Bibliografia:

https://www.repubblica.it/salute

https://www.news-medical.net

https://www.ipasvi.it/ecm

https://www.corriere.it

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