La perizia ha appurato che lo scambio tra il sondino dell’alimentazione e quello del sangue avvenne durante il turno successivo a quello in cui Roberta Stanig era in servizio.
“Il fatto non sussiste”. Con questa formula il Tribunale monocratico di Roma ha assolto ieri Roberta Stanig, l’infermiera dell’ospedale San Giovanni finita a processo con l’accusa di omicidio colposo per aver iniettato latte in vena (al posto della soluzione fisiologica) al piccolo Markus De Vega, bimbo nato prematuro e morto nel giugno 2012. Stando ai periti nominati dal giudice Luca Comand, l’errore sanitario che causò il decesso sarebbe stato compiuto nel turno successivo a quello in cui la donna era in servizio.
Lo scambio tra il sondino dell’alimentazione e quello del sangue sarebbe cioè avvenuto non prima delle 17. L’infermiera, però, a quell’ora aveva staccato già da tre ore. La perizia, dunque, se da un lato chiarisce che la morte del bimbo è da attribuire a un tragico errore (ovvero all’aver “inavvertitamente collegato l’alimentazione enterale al catetere venoso applicato a De Vega”), dall’altro lato lascia aperto il giallo sul responsabile dello scambio dei sondini. Per questo il giudice ha inviato in Procura gli atti per identificare il reale autore.
Stanig aveva negato fin dal principio il proprio coinvolgimento, segnalando una serie di incongruenze nei diari clinici, con l’inserimento di fogli a posteriori. Al termine dell’udienza di ieri, l’allora direttore sanitario Gerardo Corea è stato condannato a dieci mesi di reclusione per omissione di referto. Altri due infermieri e un medico erano già stati condannati in appello per aver cercato di insabbiare la vicenda, impedendo in un primo momento alla madre della vittima di fare l’autopsia.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Tempo
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