Alcune riflessioni… dopo una passeggiata (poco) salutare sulle strade, tra i rifiuti e nel degrado di Roma.
Poche sere fa, mentre rientravo a casa dopo il mio turno di lavoro, mi sono imbattuto in una donna in ciabatte, dal chiaro accento non italiano, che trasportava delle enormi buste di immondizia all’interno di alcuni scatoloni. Non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che quell’incivile signora, dopo diversi viaggi, mi ha di fatto accatastato una miriade di sacchi, di secchi, di rifiuti e di lerciume a pochi metri dal mio cancello. Praticamente quasi in mezzo alla strada.
Ho provato a protestare ma, dopo aver fatto spudoratamente finta di non capire la mia lingua, quella principessa d’altri tempi mi ha palesemente mandato a quel paese, mentre ciabattava verso chissà quale stradina buia. Senza la sua mondezza: quella l’ha lasciata lì, a pochi passi dal mio giardino.
Dove vivo? A Roma. Eh sì, avete capito bene, nella capitale d’Italia. Città di storia, d’arte, che ci invidiano in tutto il mondo e che ha ispirato numerosi films, tra cui l’ultimo successo “La grande bellezza” di Sorrentino.
Sarebbe anche una bella zona, la mia… di sicuro lo era, tempo fa, prima che il degrado la imbrattasse. Sto infatti in campagna, in una borgata dove le case sono piuttosto rade, c’è molto verde, con alcune villette arroccate su piccole alture e con quegli innumerevoli vigneti che, distesi a perdita d’occhio, ti ricordano che si è molto vicini ai Castelli Romani (regno di fettuccine e di buon vino); e quindi alla periferia della città.
Qual è quindi il problema? È che… sembra come se questa città, oramai, si sia popolata di incivili… di interi battaglioni di incivili. Che, nonostante l’obbligo di effettuare una raccolta differenziata dei rifiuti, getta la propria immondizia un po’ dove capita. Sarà che molti sono stranieri che non pagano le tasse (tra cui quella relativa all’immondizia) e che quindi pensano di poter fare ciò che vogliono? Sarà che è molto più facile ammucchiare sacchi agli angoli delle strade piuttosto che dividere con cura i propri rifiuti, così da sperare in un futuro migliore? Sarà che, come avviene in molti (forse tutti) ambiti, siamo pieni di cittadini culturalmente inebetiti e a cui non è stato mai spiegato un fico secco di educazione civica? O sarà semplicemente che… non esistono controlli?
In una mia lettera alla sindaca Virginia Raggi (VEDI articolo), che ho scritto all’indomani della sua vittoria nel ballottaggio contro Giachetti, chiedevo proprio questo: controlli. Controlli veri. “E, da queste parti va specificato, i controllori non devono essere parenti, amici o personaggi che hanno degli interessi in comune coi controllati”, avevo aggiunto, per ricordare alcune squallide vicende tipiche di alcune amministrazioni. Avevo anche fatto presente che servivano “novità, chiarezza, pulizia e coraggio”. Ma ancora, ahimé, non si vede luce in questo senso…
Fatto sta che Roma fa schifo. E fa schifo a livelli inquietanti: topi, blatte e bisce negli ospedali (VEDI articolo), gente che copula (VEDI) o defeca (VEDI) a due passi dai monumenti, randagismo fuori controllo, montagne di rifiuti in pieno centro (VEDI), veri e propri ghetti dove vengono parcheggiati gli immigrati a tempo indeterminato, niente che funzioni veramente e tazze del cesso a rovinarti i tramonti. Eh sì, avete capito bene… mentre facevo un po’ di jogging vicino casa, qualche sera fa, ero lì che mi godevo il rosseggiante calare del sole, quando la mia marcia è stata arrestata da una pittoresca immagine:
Ci si potrebbe anche leggere della poesia, sono d’accordo, ma di fronte a tutto questo degrado faccio seria fatica a destare la mia vena poetica dal suo difensivo torpore. Anche perché poi, proseguendo nella mia passeggiata veloce, il panorama non è cambiato un granché: materassi, lavandini… e chi più ne ha e più ne metta. Il tutto, lo ricordo, non in una discarica: bensì in una zona di campagna come tante, che fa parte di Roma e la cui gestione è del Comune di Roma.
Al di là della questione estetica, che non è affatto di poco conto, il problema è che qui ormai si rischia la salute: i cani randagi aprono i sacchi e spargono l’immondizia ovunque, i ratti si sono moltiplicati a livelli inverosimili ed in alcune zone hanno raggiunto dimensioni inquietanti… blatte ed altri insetti, poi, non propriamente compatibili con una vita sana dell’uomo, fanno la bella vita e mettono su famiglia di continuo. E poi c’è il rischio di lesmaniosi, parassitosi intestinali, toxoplasmosi, anche e soprattutto perché il tempo di giacenza dei rifiuti in alcuni punti è… importante.
E per quanto riguarda la qualità dell’aria e dell’acqua non va molto meglio… L’estate scorsa, all’ora di punta, gli odori della mondezza rosolata al sole era a dir poco nauseabondo, col vento che lo trasportava qua e là allegramente; e ad ogni acquazzone, che rappresenta la prassi in questo periodo come ad ogni inizio di autunno che si rispetti, il contenuto dei sacchi lacerati viene trasportato chissà dove dai fiumiciattoli di liquame che vengono a crearsi e che danno vita a simpatici vortici e a pozze, intorno a cui si ritrovano a giocare i bambini.
E in un contesto malsano di questo tipo, logicamente, i soggetti più fragili come bambini, anziani o persone interessate da patologie croniche, rischiano molto di più di ammalarsi o di sviluppare episodi acuti.
Sembra quasi che io stia parlando di qualche paese del terzo mondo o comunque di una realtà lontana anni luce dalla nostra; ma, ahimè, non è così: ribadisco che questa è la situazione attuale di Roma, capitale di un paese occidentale moderno come l’Italia… vissuta da un cittadino come tanti. Stanco, come tanti.
Servono interventi immediati, cara sindaca Raggi. Decisi. Roma e i romani hanno un disperato bisogno di aiuto. Roma e i romani non ce la fanno più.
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