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Rivascolarizzazione post-infarto: benefici dalla riduzione del colesterolo con alirocumab

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Malattie cardiovascolari: il ruolo dei PCSK9 in caso di colesterolo alto
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Lo evidenzano i risultati dello studio EPIC-STEMI, condotto in modo indipendente dal Population Health Research Institute di Hamilton (Ontario, Canada) con il supporto non condizionante di Sanofi.

La riduzione della colesterolemia LDL (LDL-c) nei pazienti colpiti da infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto S-T (STEMI), sottoposti a intervento di rivascolarizzazione percutanea (PCI), potrebbe essere ottimizzata dalla somministrazione precoce di alirocumab (PCSK9 inibitore) in aggiunta a una terapia con statine ad alta intensità, indipendentemente dai livelli basali di LDL o dall’uso precedente di statine.

Lo mettono in evidenza i risultati dello studio EPIC-STEMI (Effects of Acute, Rapid Lowering of Low Density Lipoprotein Cholesterol with Alirocumab in Patients with ST Segment Elevation Myocardial Infarction Undergoing Primary PCI), condotto in modo indipendente dal Population Health Research Institute di Hamilton (Ontario, Canada) con il supporto non condizionante di Sanofi, recentemente presentato alla conferenza Transcatheter Cardiovascular Therapeutics (TCT) di Boston e pubblicato contemporaneamente online su EuroIntervention Journal.

Razionale della sperimentazione – Il razionale a monte dello studio EPIC-STEMI parte dalla considerazione che, per quanto la terapia precoce con statine ad alta intensità nei pazienti con sindrome coronarica acuta (SCA) rappresenti oggi il gold standard di trattamento data la dimostrata efficacia di questo approccio sulla riduzione di nuovi eventi cardiovascolari (CV), un’importante quota di pazienti non raggiunge i valori target di LDL-c indicati dalle linee guida internazionali per le popolazioni ad alto rischio (≤55mg/dl o ≤1,4 mmol/l nei pazienti con SCA e ≤40 mg/dl o ≤1 mmol/l in quelli con eventi CV ricorrenti).

Trial precedenti hanno d’altronde mostrato benefici clinici dall’aggiunta di una terapia ipocolesterolemizzante più potente con inibitori della proproteina convertasi subtilisina/kexina di tipo 9 (PCSK9) in pazienti con precedente SCA o malattia cardiovascolare aterosclerotica e livelli di colesterolo LDL persistentemente elevati nonostante l’uso di statine. Studi di imaging intracoronarico in pazienti con SCA hanno dimostrato un effetto di stabilizzazione e regressione della placca aterosclerotico con i PCSK9 inibitori quando somministrati subito dopo l’evento coronarico acuto. Gli autori dello studio, guidati da Shamir R. Meta, hanno quindi voluto verificare quale potesse essere l’effetto sul LDL-c dell’aggiunta di alirocumab on top alla terapia con statine in pazienti colpiti da STEMI e candidati a PCI.

Metodologia dello studio – EPIC-STEMI è uno studio randomizzato, in doppio cieco e controllo sham su 68 pazienti con STEMI sottoposti ad angioplastica coronarica che sono stati assegnati in modo casuale al trattamento precoce con alirocumab 150 mg per via sottocutanea o a un trattamento sham (stesso device per la somministrazione del farmaco in studio, ma modificato e quindi non erogante farmaco).
Tutti i pazienti hanno ricevuto al basale, cioè prima dell’intervento percutaneo, la prima dose (farmaco attivo o sham), che è stata seguita da altre due somministrazioni, rispettivamente a 2 e 4 settimane.

L’outcome primario era rappresentato dalla variazione percentuale tra i gruppi della concentrazione  di colesterolo LDL dal basale alla settimana 6. Outcome secondari includevano la variazione percentuale dei livelli di Apo B, di colesterolo non HDL e di colesterolo totale, nonché l’entità della riduzione di LDL-c entro le prime 24 ore. Altri parametri analizzati includevano i livelli di proteina C reattiva (CRP), di lipoproteina (a) [ Lp(a)], la dimensione dell’area infartuale misurata utilizzando l’area sotto la curva della creatinkinasi frazione MB (CK-MB) e i livelli di NT-proBNP.

Outcome primario – Per quanto riguarda l’outcome primario, a un follow-up mediano di 45 giorni, il livello di LDL-c è stato ridotto da 114,85 mg/dl (2,97 mmol/l) al basale a 27,84 mg/dl (0,75 mmol/l), corrispondente a una riduzione del 72,9% (P<0,001) nel gruppo alirocumab e da 110,98 mg/dl (2,87 mmol /l) al basale a 49,88 mg/dl (1,30 mmol/l), pari a una riduzione del 48,1%, P<0,001) nel gruppo di controllo sham. La riduzione media di LDL-c con alirocumab rispetto al controllo sham è stata del 22,3% (IC 95% da -31,1% a -13,5%, P<0,001) (figura 1).  Questa differenza si è tradotta in un maggior numero di pazienti nel gruppo alirocumab rispetto a quello sham che ha raggiunto il target di LDL-c ≤ 1,4 mmol/l (55 mg/dl) raccomandato dalle Linee Guida ESC/EAS: rispettivamente, 92,1% contro 56,7%, P<0,001.

L’analisi del sottogruppo di pazienti già in terapia con statine all’ingresso nello studio (8 nel gruppo alirocumab e 8 in quello sham), ha mostrato che l’LDL-c si è ridotto da 70 mg/dl (1,81 mmol/l) al basale a 24,3 mg/dl (0,63 mmol/l) al follow-up nel gruppo alirocumab (riduzione del 64,2%) e da 72,3 mg/dl (1,87 mmol/l) al basale a 58,7 mg/dl (1,52 mmol/l) al follow-up nel gruppo di controllo sham (riduzione del 10,5%), per una differenza media tra i gruppi del 53,4% (IC al 95% da -78,2% a -28,7%).

Figura 1. Riduzione dei livelli di LDL-c riscontrati nel gruppo alirocumab e in quello placebo  

Outcome secondari – In merito agli outcome secondari, il livello di Apo B è stato ridotto da 0,88 g/l al basale a 0,40 g/l al follow-up mediano di 45 giorni (riduzione del 50,6%, p<0,001) nel gruppo alirocumab e da 0,83 g/l al basale a 0,48 g/l al follow-up nel gruppo di controllo sham (riduzione del 36,3%, P<0,001). La riduzione media tra i gruppi di Apo B con alirocumab rispetto al controllo sham era pari all’11,2% (IC al 95% da -17,5% a -4,83%, P<0,001). Da notare che il 68,4% dei pazienti nel gruppo alirocumab rispetto al 26,7% nel gruppo di controllo sham aveva livelli di Apo B inferiori o uguali al limite di rilevamento del test pari a 0,35 g/l (P=0,001).

Il colesterolo non-HDL è stato ridotto rispetto al basale del 67,3% nel gruppo alirocumab e del 48,2% nel gruppo di controllo sham, per una differenza tra i gruppi pari al 48,2% (P=0,001) e quello totale è stato ridoto del 50,9% nel gruppo alirocumab e del 38,0% nel gruppo sham, indicando una differenza tra i gruppi del 12,98% (p=0,01). Non è emersa alcuna differenza significativa tra i gruppi nell’effetto sulla Lp (a).

In relazione alla rapidità della riduzione della colesterolemia LDL nelle prime 24 ore, il tasso di variazione del LDL-c è stato di -0,02 mmol/l/ora nel gruppo alirocumab rispetto a -0,01 mmol/l/ora nel gruppo di controllo sham, per una differenza tra i gruppi di 0,01 mmol/l/ ora (P=0,032).
Non sono state riscontrate differenze tra i gruppi per quanto riguarda sia la dimensione dell’infarto, sia i livelli di NT pro-BNP. Anche la variazione della PCR ad alta sensibilità dal basale a 6 settimane non differiva tra il gruppo alirocumab e quello sham (differenza tra i gruppi: 1,02%, P=0,93).

Implicazioni del trial – I risultati di questo studio aggiungono ulteriore evidenza all’utilità di una somministrazione precoce e di routine degli inibitori della PCSK9, sulla base dell’assioma “the lower, the better” in relazione ai livelli di LDL-c, valido non solo in prevenzione primaria, ma soprattutto in quella secondaria e terziaria. Lo studio EPIC-STEMI non ha potuto dimostrare un beneficio in termini clinici, come la riduzione dell’area infartuale, dato che non è stato disegnato con questo obiettivo. Tuttavia, il trial ha messo chiaramente in evidenza come, on top alla terapia ad elevata intensità con statine, l’aggiunta di alirocumab somministrato a ridosso di una procedura di rivascolarizzazione percutanea sia un approccio fattibile in grado di produrre un’importante riduzione di un fattore di rischio chiave nella patogenesi della malattia aterosclerotica.

Redazione Nurse Times

Fonte: PharmaStar

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