“Per facilitare le Regioni nell’attuazione dei progetti il Mef provvede a erogare, a titolo di acconto, il 70 percento dell’importo annuo spettante a ciascuna Regione, mentre l’erogazione del restante 30 percento è subordinata all’approvazione da parte della Conferenza Stato-Regioni, su proposta del ministro della Salute, dei progetti presentati dalle Regioni, comprensivi di una relazione illustrativa dei risultati raggiunti nell’anno precedente”. E’ quanto si legge sul documento di approvazione dell’intesa tra Conferenza Stato-Regioni, Cipess, Governo e ministero della Salute sulle risorse per la realizzazione dei progetti finalizzati all’attuazione del Piano sanitario nazionale, già pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
E ancora: “La mancata presentazione e approvazione dei progetti comporta, nell’anno di riferimento, lo stop all’erogazione della quota residua del 30 percento e il recupero, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti nell’anno successivo, dell’anticipazione del 70 percento già erogata”.
Prove di autonomia differenziata? Per qualcuno sì.
Ma vediamo i numeri. L’importo complessivo delle somme vincolate, a tutto il 2023, è di 1,5 miliardi. L’anticipazione garantita alle Regioni ammonta dunque a 794,178 milioni. Il criterio alla base del riparto è tarato sulla popolazione residente al primo gennaio del 2022. Il restante importo di 705,821 milioni resta pertanto a disposizione delle specifiche finalità relative al completamento dei progetti regionali. Il pieno di fondi lo fa la Lombardia con oltre 20 miliardi, seguita da Lazio, Campania, Veneto e Sicilia.
Questi, invece, gli obiettivi: acquisto di medicinali (in particolare quelli sperimentali e innovativi), dotazione di apparecchiature, finanziamento di attività di ricerca e formazione, potenziamento delle infrastrutture digitali per meglio gestire lo scorrimento delle liste di attesa, ristoro di anticipazioni finanziarie spese durante l’emergenza Covid, interventi strutturali per l’efficientamento energetico dei presidi ospedalieri e assistenziali. Per effetto del riparto, alla Lombardia vanno 150,2 milioni, al Lazio 86,3, al Veneto 73,2, al Piemonte 64,3.
Assegnate anche le disponibilità finanziarie per le attività legate alle prestazioni del Ssn. Il fabbisogno sanitario nazionale standard è ripartito sulla base dei seguenti criteri: popolazione residente, frequenza dei consumi sanitari per età, tassi di mortalità della popolazione con età inferiore a 75 anni, dato complessivo risultante dagli indicatori utilizzati per definire particolari situazioni territoriali che impattano sui bisogni sanitari.
Nell’ammontare delle rimesse statali rientra la copertura di tutti i costi relativi ai livelli essenziali di assistenza (Lea). L’importo complessivo rideterminato per tutto il 2023 è di 123,8 miliardi di euro. Di questi, come detto, 20,6 vanno alla Lombardia, 11,8 al Lazio, 10,1 al Veneto, 10 alla Sicilia, 9,1 al Piemonte.
Il quadro complessivo dei finanziamenti prende anche in esame la bilancia attivi-passivi relativa alla mobilità esterna (i pazienti che vanno a curarsi altrove), sia interregionale che internazionale. Qui il Lazio perde 170,9 milioni a favore di altre regioni e 6,1 milioni per le spese di chi è andato a curarsi all’estero.
Redazione Nurse Times
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