Stilato un documento congiunto di cardiologi e diabetologi.
Il cuore è uno dei bersagli preferiti del diabete. Per chi è affetto da questa condizione dovrebbe fare ancor più attenzione, oltre che a uno stretto controllo della glicemia, anche a tenere a bada gli altri principali fattori di rischio per malattie cardiovascolari (ipertensione, dislipidemia). Queste rappresentano la principale causa di morte in tutti i Paesi occidentali, compresa l’Italia, e il diabete raddoppia il rischio di incorrere in una patologia coronarica, nell’ictus ischemico e di morte per cause cardio-vascolari.
Un rischio che si concretizza molto precocemente, visto che la malattia macrovascolare inizia ben prima della prima diagnosi di diabete di tipo 2 (ecco perché le malattie cardiovascolari nelle persone con diabete insorgono in età più precoce rispetto al resto della popolazione). Particolarmente a rischio sono le donne. Diabetologo e cardiologo, dunque, lavoreranno sempre più fianco a fianco e stanno cominciando a condividere una serie di farmaci. Alcune molecole nate per il trattamento del diabete (gliflozine o inibitori di SGLT2) si sono rivelate ad esempio molto efficaci anche nel trattamento dello scompenso cardiaco e nel ridurre il rischio di morte cardiovascolare o di ricovero per scompenso cardiaco. Nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare, anche gli agonisti recettoriali di GLP-1 si sono rivelati efficaci nel conferire una protezione contro queste patologie.
È il motivo per cui le ultime linee guida europee della Società europea di cardiologia (ESC) e dell’Associazione euroepa per lo studio del diabete (EASD) hanno messo al primo posto tra i farmaci da utilizzare per il trattamento di una persona con diabete e malattie cardiovascolari gli inibitori di SGLT2 e gli agonisti recettoriali di GLP1, spodestando dalla prima scelta (ma solo per questa categoria di pazienti) la metformina.
“Oggi più che mai – afferma il professor Francesco Purrello, presidente della Società italiana di diabetologia – è assolutamente necessario che diabetologi e cardiologi lavorino insieme su protocolli diagnostici e terapeutici condivisi, organizzando ad esempio ambulatori gestiti in comune o forme di teleconsulto in cui confrontarsi e prendere decisioni condivise. Le società scientifiche hanno intensificato la collaborazione con questo documento e con incontri che prevedono la partecipazione di diabetologi e cardiologi della stessa sede”.
“Le nuove strategie terapeutiche in cardiologia negli ultimi anni sia farmacologiche che interventistiche – spiega il professor Ciro Indolfi, presidente della Società italiana di cardiologia – hanno ridotto significativamente la mortalità e morbilità cardiovascolare. Tuttavia il controllo dei fattori di rischio per i soggetti che non hanno avuto eventi, e ancora di più per i pazienti colpiti da infarto o ictus, rimane ancora una grande necessità clinica. Il diabete rappresenta ancora uno dei maggiori fattori rischio per le malattie cardiovascolari. I soggetti diabetici hanno spesso una patologia coronarica più severa e diffusa. I cardiologi e i diabetologi, insieme per la prima volta, hanno stabilito come gestire il rischio cardiovascolare nel paziente diabetico in questo nuovo documento scritto sulla base delle ultime evidenze scientifiche disponibili”.
“Circa il 30% delle persone con diabete – ricorda il professor Agostino Consoli, presidente eletto SID – ha già avuto un evento cardiovascolare o cerebrovascolare e/o presenta i segni di una insufficienza cardiaca. Questi sono diabetici già cardiopatici che hanno bisogno delle cure di entrambi gli specialisti. Inoltre è stato recentemente dimostrato che farmaci sviluppati per la terapia del diabete offrono anche, specialmente nei soggetti già cardiopatici, protezione verso gli eventi cardiovascolari e verso le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. È fondamentale quindi che in questi soggetti detti farmaci vengano adoperati. Da qui la necessità di una stretta alleanza culturale e clinica tra diabetologi e cardiologi”.
Redazione Nurse Times
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