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ll progetto editoriale denominato NeXT 2.0 permette ai neolaureati in medicina, infermieristica e a tutti i professionisti della sanità di poter pubblicare la propria tesi di laurea sul nostro portale. Inviateci le vostre tesi di laurea a [email protected]. Ricordiamo che ogni pubblicazione su NurseTimes è spendibile nei concorsi e avvisi pubblici.
NurseTimes è l’unica Testata Giornalistica Sanitaria Italiana (Reg. Trib. Bari n. 4 del 31/03/2015) fondata e gestita da Infermieri, quotidiano diventato il punto di riferimento per tutte le professioni sanitarie.
Gentile Direttore di NurseTimes,
sono Maria Pia Gilda Paiano, neo laureata in infermieristica presso l’Università degli studi di Bari Aldo Moro. Invito i suoi lettori alla visione della mia tesi di laurea, intitolata “Ricerca quantitativa e qualitativa advocacy infermieristica in formazione e professione: analisi mista delle percezioni di competenza e preparazione”.
Abstract
Background
Il presente studio ha indagato la percezione e la preparazione al ruolo di nurse advocate tra studenti di infermieristica e infermieri professionisti. È stato utilizzato il modello evolutivo di analisi concettuale di Beth L. Rodgers (1989; 2000). L’advocacy infermieristica è considerata una componente essenziale della pratica clinica. Si pone l’obiettivo di tutelare i diritti, la dignità e l’autodeterminazione del paziente. La letteratura evidenzia come competenze, esperienza e attitudini personali siano determinanti nel ruolo di nurse advocate. Tuttavia, la formazione teorica da sola risulta insufficiente per sviluppare appieno le capacità operative e relazionali necessarie. Tale studio si offre all’obiettivo di approfondire tale tematica anche in contesti diversi da quello ospedaliero, quale quello formativo. In questo modo si fornisce un contributo alla ricerca in Italia su tale principio, profondamente importante per lo sviluppo della professione infermieristica come scienza.
Materiali e Metodi
Lo studio ha adottato un disegno osservazionale e descrittivo a metodologia mista. Ha combinato l’analisi quantitativa con quella qualitativa. La raccolta dati è stata effettuata mediante un questionario costruito ex novo per gli studenti. Per gli infermieri, il questionario è stato costruito sulla base del modello evolutivo di analisi concettuale di Beth L. Rodgers.
Allo studio hanno partecipato 47 studenti di infermieristica e 53 infermieri operanti in diversi contesti clinici italiani. La somministrazione del questionario è avvenuta tra il mese di Luglio e Settembre 2025. Il questionario ha incluso domande chiuse a risposta multipla e domande aperte. Ciò ha consentito sia la raccolta di dati quantitativi, sia l’analisi qualitativa dei contenuti. L’elaborazione dei dati ha seguito un approccio strutturato in tre fasi principali. Esse sono l’identificazione dei contenuti centrali, l’organizzazione in macro-temi secondo il modello di Rodgers (antecedenti, attributi, conseguenze) e la classificazione in tabelle tematiche. Questo ha facilitato la sintesi e il confronto tra studenti e professionisti.
Risultati
Dall’analisi quantitativa è emerso che il 50,9% degli infermieri ha svolto almeno una volta azioni di advocacy, mentre il 49,1% ha negato. Ciò indica una partecipazione significativa ma non universale. I principali fattori facilitanti riscontrati sono stati le competenze professionali (54,7%) e l’esperienza personale (49,1%). Gli elementi legati all’assistito sono stati identificati come meno influenti. Gli attributi individuati sono stati informazione e spiegazione delle scelte terapeutiche (66%) e promozione della dignità dell’assistito (54,7%). La rappresentanza degli interessi del paziente e la tutela della libertà culturale o religiosa sono risultate meno praticate. Tra le conseguenze principali è emerso il miglioramento della relazione infermiere–assistito (69,8%). Vi è anche la gratificazione personale e professionale (52,8%) e il distress psico-emotivo, segnalato dal ben 79,2% degli intervistati.
Tra gli studenti, il 53,2% si è percepito “abbastanza preparato”, mentre il 42,6% “poco preparato”. La maggior parte ha sperimentato ansia, disagio e frustrazione nelle situazioni di advocacy. Questo è dovuto, secondo loro, alla mancanza di formazione specifica (59,6%), al timore di conflitti con il team (59,6%) e alla scarsa presenza di tutor di riferimento (29,8%). Solo il 10,6% degli studenti ha avuto esperienze dirette del tema durante il tirocinio clinico. L’analisi qualitativa ha evidenziato gli attributi centrali. Questi includono: consapevolezza etica, intenzionalità morale e attenzione al vissuto emotivo. Le conseguenze principali hanno riguardato frustrazione, ansia, ma anche crescita professionale e riflessione etico-professionale.
Conclusioni
Lo studio ha evidenziato una discontinuità tra formazione e pratica. Gli studenti possiedono una buona conoscenza teorica del ruolo di advocate, ma incontrano ostacoli pratici nella sua applicazione. Gli infermieri professionisti, seppur più competenti, devono affrontare vincoli organizzativi e carichi emotivi rilevanti. È stato osservato che gli aspetti intrinseci al professionista partecipano maggiormente alla fuoriuscita dei comportamenti di advocacy. Ciò avviene rispetto a richieste specifiche dell’assistito. Gli studenti hanno riportato ostacoli legati alla mancanza di formazione specifica, al timore di conflitti con l’équipe e alla scarsa presenza di un tutor di riferimento. La principale differenza tra i due gruppi risiede quindi nella natura delle barriere. I risultati forniscono spunti per interventi formativi e organizzativi futuri. Questi sono mirati a supportare lo sviluppo delle competenze di advocacy nella professione infermieristica.
Dott.ssa Maria Pia Gilda Paiano
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