La rimozione della massa record è avvenuta al Policlinico Gemelli. La paziente, sessantenne, ha atteso anni prima di ricorrere alle cure mediche per paura ed imbarazzo. È stata già dimessa e sta bene.
Un tumore enorme, quasi unico, in grado di deturpare il corpo e la psiche di una donna. Donna che, nonostante la malattia, ha continuato la sua vita di tutti i giorni, tra famiglia e lavoro, senza ricorrere alle cure mediche. E questo per vergogna, imbarazzo e probabilmente tanta paura. Per anni. Mentre il mostro cresceva. Fino a che, a causa degli inevitabili problemi fisici dovuti a quell’ospite indesiderato, si è convinta a chiedere aiuto.
L’intervento che l’ha separata da quell’abnorme ed enorme ammasso di cellule impazzite è stato eseguito al Policlinico Gemelli di Roma, dall’equipe medica guidata dal Prof. Masetti. È durato circa 3 ore e ha consentito l’asportazione completa del cancro. È stata un’operazione complessa ed eccezionale, ma che ha avuto successo e ha restituito alla paziente una vita normale. Il decorso post-operatorio è andato perfettamente e la donna è già stata dimessa. Non avrà neanche bisogno di ulteriori interventi di chirurgia plastica. Il Prof. Masetti, senologo del Policlinico, spiega:
“Si tratta di un caso quasi unico per le dimensioni cui era arrivata questa neoplasia, cresciuta localmente in modo abnorme. Purtroppo non è la prima e nemmeno l’ultima paziente che si presenta alle cure mediche con un tumore molto grande, ma certo posso dire di non aver mai visto in 35 anni di carriera una neoplasia di queste dimensioni. Si arriva malauguratamente ancora a situazioni così estreme perché a volte la paura del tumore è talmente paralizzante da creare un circolo vizioso: ti accorgi di avere un tumore, la paura ti blocca e il tumore continua a crescere; all’angoscia per la malattia poi si somma un senso di vergogna e mortificazione perché ci si rende conto della propria manchevolezza e insorge la preoccupazione di essere rimproverata per esempio dai familiari”.
Un caso estremo. Ma che in qualche modo dimostra che le campagne educative e le strategie per la diagnosi precoce del tumore al seno, non funzionano come dovrebbero.
Alessio Biondino
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