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Rapporto Corte dei Conti, Ssn disinveste, scendono i costi del personale, ma assunti più medici

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Il Rapporto 2017 sul coordinamento della Finanza pubblica, la Corte dei conti (sezioni riunite in sede di controllo) fa il punto sulla Sanità, mettendo in luce le efficienze e qualità dell’offerta sanitaria, ma anche le sue zone d’ombra 

Il Sistema sanitario “conferma il raggiungimento di una situazione di equilibrio di bilancio pur in una situazione di difficoltà data dall’invecchiamento della popolazione”.

Le Regioni in piano di rientro hanno quasi del tutto colmato i disavanzi, testimonia come la spesa sanitaria in Italia continui a ridursi.

Il Ssn si va disimpegnando, introducendo nel sistema meno risorse: spesa in diminuzione dell’1,1% annuo tra 2009 e 2015.

Un dato in controtendenza rispetto ai principali Paesi europei (nella sola Germania le risorse per la Sanità nello stesso periodo sono cresciute di 2 punti), che ovviamente si riflette sia sulla spesa pro capite (1.900 euro da noi, 2.600 euro in Francia e 3.400 in Germania) sia sul rapporto con il Pil: 9,1 per cento in Italia rispetto all’11% di Francia e Germania e al 9,9% della media europea).

La relazione parte dai dati convogliati per tutto il 2016 dalle Regioni al sistema informativo del Ssn, il Nsis, e qualche buona notizia la dà.

Nel 2016, le perdite Ssn scendono dai 944 milioni del 2015 a 847 milioni.

Si appianano soprattutto le perdite delle Regioni in Piano di rientro, e passano dai 396 milioni del 2015 a poco oltre i 271 milioni dell’esercizio appena concluso.

Le Regioni non in Piano peggiorano pur marginalmente il risultato dello scorso anno, presentando un deficit complessivo di circa 576 milioni.

Considerando gli avanzi delle aziende, i trasferimenti previsti dalle Regioni a statuto speciale e le coperture che i Tavoli di monitoraggio devono ancora validare, le Regioni in Piano vanno in attivo per circa 750 milioni, cinque volte l’utile 2015. Partivano da una perdita da un miliardo (dato 2009).

Spese per il Personale

I costi sopportati dal Ssn salgono dello 0,9%: meno del 2015 (+1 % sul 2014) e del 2014 (+1,3 sul 2013).

Continuano a scendere i costi del personale da 34,6 miliardi a poco meno di 34,4 (-0,6 %).

Dal 2009 tale voce di costo si eÌ ridotta del 13,4 % in termini reali per via, cita la Corte, della proroga del tetto alla spesa per il personale dipendente (pari alla spesa 2004 diminuita dell’1,4 %), del blocco dei rinnovi contrattuali e del ridimensionamento dei fondi accessori in proporzione alla riduzione del personale.

I medici possono lamentarsi meno di altre famiglie professionali: i costi dei professionisti infatti crescono (+0,6%) mentre si riducono quelli per il ruolo sanitario, tecnico e amministrativo rispettivamente dello 0,5 0,7 e 1,7.

Farmaci

I costi per acquisti di beni e servizi sono stati contenuti entro il 3% di aumento, ma sono cresciuti gli esborsi per i farmaci specie nelle regioni in piano di rientro. La spesa per la distribuzione dei farmaci innovativi continua a crescere a ritmi sostenuti anche se inferiori al passato (10,9 % contro il 15,2 del 2015).

Che cosa diminuisce

A fronte del boom delle spese per farmaci innovativi, segnano il passo specialistica ambulatoriale e investimenti in diagnostica e farmaceutica convenzionata. La crescita dei ticket sui farmaci (+1,1 per cento) attenua ma non elimina il calo del complesso delle compartecipazioni sulle prestazioni sanitarie (-4,1 %), interamente dovuto al calo della specialistica ambulatoriale. In flessione (-1,9%) la farmaceutica convenzionata a 8,1 miliardi contro 8,2 nel 2015, dal 2009 il calo è di oltre il 26,5 %.

Stabili assistenza ospedaliera e convenzionata. La crisi ha abbattuto gli investimenti, per natura influenzati da quanto lo stato stanzia per programmi di edilizia sanitaria o acquisizione di attrezzature.

In Italia solo lo 0,36 % del prodotto è destinato ad accumulazione nel settore, metà di Germania e Francia e meno dei paesi del Sud Europa, con una flessione del 30% tra il 2009 e il 2013, eppure Rm e Tac, sono rispettivamente 35,1 e 25,2 per milione di abitanti contro 21,4 e 15,4 della media europea.

Persistono, purtroppo, forti ritardi nei tempi dei pagamenti ai fornitori, si va oltre i termini previsti dal dpcm 22 settembre 2014 nel 70 % dei casi in Molise, Puglia, Piemonte, con punte dell’89 e dell’81 % nel Lazio e in Calabria. Più contenuti, ma superiori al 60% i valori relativi a Campania e Sicilia.

Tutto bene, quindi? No, assolutamente!

Perché a ben guardare come poi l’offerta sanitaria si declina rispetto agli assistiti, le “insufficienze” si moltiplicano.

Gli anziani, i più colpiti dalla stretta economica, visto il galoppante invecchiamento della popolazione, gravata per altro in Italia da un numero di anni vissuti in buona salute inferiore alla media europea (9,7 anni nel 2015): in molte Regioni in Piano gli anziani sono infatti scoperti non solo dal punto di vista delle cure a domicilio, ma anche sul fronte delle strutture residenziali per le fragilità in generale e degli hospice.

Anche qui il divario Nord-Sud è drammatico: 4 anni in meno di speranza di vita senza limitazioni a 65 anni, nel Meridione d’Italia.

Ma le inefficienze, come detto, riguardano tutti. Questo il verdetto che si legge nella Sintesi al Rapporto: “sembra corretto ritenere che l’attuale struttura di assistenza sanitaria, anche ove al di sopra degli standard minimi richiesti, non sia sufficiente a rispondere ai bisogni di una popolazione sempre più anziana, affetta da cronicità e con oltre 2,5 milioni di non autosufficienti”.

La Corte cita esplicitamente il Piano nazionale cronicità, come possibile strumento di integrazione tra cure primarie e specialistiche, di promozione della continuità assistenziale e di modelli basati sul domicilio o in ogni caso sulla centralità del paziente.

Un dato che balza subito alla nostra attenzione è il dato sulle assunzioni, in una situazione di tagli e segni meno pressoché generalizzata, l’unico dato con il segno positivo riguarda appunto i costi del personale dei professionisti medici che crescono dello 0,6%, mentre si riducono quelli per il ruolo sanitario, tecnico e amministrativo rispettivamente dello 0,5 0,7 e 1,7.

Un dato che fa riflettere, offrendo spunti di riflessione sulla tendenza che sembra non seguire le normali logiche…la domanda sorge spontanea: i DG assumono più medici?

Forse la risposta è scontata, sicuramente la tendenza ad assumere più dirigenti medici è dettata dalla necessità per i DG di assicurare i LEA, ma anche di aumentare i volumi prestazionali, oggi quantificate nei DRG.

In Italia, l’adozione del sistema dei Diagnosis Related Groups (DRG) quale classificazione dei ricoveri ospedalieri per acuti nell’ambito del Servizio sanitario nazionale (SSN), anche a fini di remunerazione degli ospedali, risale al 1994.

Quanto incide sui DRG l’assistenza infermieristica?

Sicuramente il sistema dei DRG andrebbe implementato e riportato su logiche diverse, codificando non solo la prestazione medica, ma anche quella infermieristica, parte essenziale di ogni intervento sanitario.

Giuseppe Papagni

 

Allegato

Rapporto Corte dei Conti

Relazione del ministro Lorenzin

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