Riceviamo e pubblichiamo un comunicato dell’Usi Sanità sull’intesa per il rinnovo del Ccnl.
Dopo nove anni di blocco, è stata firmata la pre-intesa del Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto sanità. Consapevoli che non vi saranno variazioni di rilievo, siamo certi che questo sarà il nuovo contratto definitivo: sarà firmato e, come sempre, almeno nel corso degli ultimi anni, non sarà richiesta l’approvazione dei lavoratori.
Da una nostra prima analisi, studiando e osservando i vari punti inseriti nell’accordo, abbiamo riscontrato molte criticità rilevanti. Dopo aver rinnovato i vari contratti nella pubblica amministrazione, partendo da quello delle funzioni centrali, che ha aperto la strada a tutti gli altri settori del pubblico impiego, si è rinunciato a ottenere una giusta ed equa erogazione dei dovuti arretrati economici a causa della “vacanza contrattuale”.
Nessun indennizzo ai lavoratori, quindi, per le migliaia di euro persi nel corso degli anni; stravolgimento dell’assetto giuridico del rapporto di lavoro; inasprimento delle norme disciplinari; scippo di quote di salario accessorio e della produttività. Un’unione pericolosa di provvedimenti, con i quali il nuovo contratto sarà formato. Non ci sarà un adeguamento delle retribuzioni, né una riparametrazione di tutte le indennità legate alle condizioni di lavoro e di disagio, ferme ormai da 20 anni.
Gli arretrati riguarderanno soltanto il 2016 e il 2017, mentre tutti gli altri anni, dal 2009 a oggi, svaniscono nel nulla. Per ciò che concerne la parte economica, sono previsti 85 euro medi lordi, che in busta saranno 50 euro netti. Cifra assolutamente insufficiente a coprire i nove anni di mancati rinnovi e assolutamente insufficienti in rapporto all’aumento dell’inflazione.
Per quanto riguarda il salario accessorio, le cose andranno anche peggio, perché sarà veramente vincolato alla performance dei lavoratori e delle strutture. “Grazie” alla storiella della valorizzazione del merito, passeranno non solo meno soldi per tutti, ma sempre più ricatti e divisione dei lavoratori.
I passaggi di fascia saranno selettivi e, quindi, sarà sempre più difficile sperare in una fascia per tutti. Da sottolineare, inoltre, l’inasprimento delle norme disciplinari verso i lavoratori del comparto. Inasprimento che rafforza già il presente, forte autoritarismo aziendale. Individuiamo, poi, il rischio del consolidarsi del blocco delle assunzioni. Nel nuovo contratto saranno legalizzate molte forme atipiche e precarie di lavoro. E troveremo accorgimenti per tamponare la carenza di organici con manovre sui turni e sugli orari.
Si parla di orario multi-periodale. In pratica le 36 ore settimanali diventano teoriche, poiché saranno calcolate come media in un periodo che può variare da sei mesi a un anno. Questo significa che, nei periodi in cui si prevede meno lavoro, le ore settimanali potranno essere meno di 36 e, nei periodi in cui si prevede più lavoro, potranno essere anche 48. Il comma 9 dell’articolo 27 sembra perciò mettere in discussione le 11 ore di riposo. Un orario studiato ad arte, fregandosene delle ripercussioni sulla sicurezza dei pazienti, sulla salute e sulla sicurezza del personale e sull’equilibrio tra lavoro e vita privata.
Vengono ridotti gli spazi di agibilità sindacale: la contrattazione è limitata alla sola suddivisione delle poche risorse a disposizione ed è del tutto esclusa su aspetti fondamentali della vita lavorativa, come orari, organizzazione del lavoro, mobilità. Le Rsu vengono quindi ridotte al ruolo di oggetti subalterni al volere aziendale in negoziati inesistenti.
L’introduzione delle ferie solidali, ovvero la cessione di parte delle proprie ferie a sostegno del collega che magari rischia il posto di lavoro per il superamento dei giorni di malattia o che è costretto a far fronte al sostegno di un familiare ammalato, rischia di trasformare quello che dovrebbe essere un diritto in una concessione benevola, scaricandola sul buon cuore del collega.
Notevoli dubbi li abbiamo inoltre sulle unità operative che garantiscono la continuità assistenziale h24. Qualora sia necessario un passaggio di consegne, agli operatori sanitari sono riconosciuti al massimo 15 minuti complessivi tra vestizione, svestizione e passaggi di consegne, purché risultanti dalle timbrature effettuate, fatti salvi gli accordi di miglior favore in essere. Detto questo, laddove non esistano accordi o sentenze precise, i lavoratori perdono 15 minuti. Tutto ciò in continuità con interventi normativi recentemente approvati: visite fiscali sia per le assenze per malattia che per gli infortuni sul lavoro, con fasce orarie di reperibilità da carcere, estese ben oltre quelle del settore privato.
La misura è colma. Vogliamo e dobbiamo riprenderci la dignità di lavoratori che ci hanno scippato. Tutto ciò si traduce in un’adeguata retribuzione e in condizioni degne di una società civile.
Costantino Borgogni
Giuseppe Papagni
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