Benvenuti ad un nuovo appuntamento con la rubrica settimanale di Nurse Times PsicoPoint, spazio dedicato all’analisi della psiche degli infermieri svolta dal dottor Giuseppe Marino, psicologo che osserva da vicino il mondo dei professionisti sanitari.
Gli infermieri vogliono un re!
Alcune rane che vivevano libere nelle paludi domandarono a Giove un re che potesse frenare con la forza i loro animi sfrenati. Il padre degli dei sorrise e poi diede loro un piccolo bastone, il quale cadendo in acqua d’improvviso spaventò le rane che subito si rifugiarono nelle loro tane.
Così le rane rimasero nascoste nel fango, ma dopo qualche tempo, casualmente, una di loro in silenzio fece capolino dal suo nido e, ispezionato il re bastoncino, chiamò tutte le altre a raccolta.
Allora le rane, abbandonata la paura, nuotarono verso il re e tutte assieme gli saltarono addosso sbeffeggiandolo!
Avendo disonorato con l’insulto il regnante, domandarono a Giove un altro re, poiché il precedente si era rivelato inutile.
Allora, Giove inviò un serpente d’acqua – che con un dente spietato cominciò a divorarle una ad una. Incapaci di difendersi, le rane tentarono di fuggire alla morte: di nascosto inviarono un’altra ambasceria presso Giove perché soccorresse le superstiti. Ma Giove allora rispose:
“Poiché non avete voluto conservare la vostra Fortuna, ora sopportate fino alla fine la disgrazia!”
Nel libro Fabulae di Fedro, lo scrittore racconta questa favola attribuendola ad un altro famoso cantastorie: Esopo.
La novella è rivolta agli Ateniesi, disperati per il regime tirannico di Pisistrato. Questi avevano concesso al despota di governarli dopo un periodo di uguaglianza e libertà che aveva però sconvolto l’antica città greca.
Come tutte le favole non ha tempo.
È sempre attuale e molto suggestiva. Ci sono persone che sono sempre insoddisfatte, sempre tristi: persone a cui non va mai bene nulla.
Vi è mai capitato di incontrarle?
Quelle persone che quando chiedi loro come va ti rispondono «male..» oppure «eh, come deve andare..», o peggio ancora «si muore..».
Sono strane, un po’ distratte: probabilmente tante fra loro sono molto depresse. Eppure quelle stesse persone ve le ricordate, o qualcuno ve le descrive, come fossero un tempo molto attive, felici, spensierate e creative: proprio come un sorridente stagno di rane libere.
Poi cosa è successo? Beh, una spiegazione che ci da lo scrittore romano è che queste persone – intimorite dalle loro possibilità e non riuscendo ad incanalare la propria brillante irriverenza abbiano un giorno deciso in autonomia di frenare il loro entusiasmo: fino quasi a spegnerlo.
Queste persone hanno barattato l’occasione seppure incerta di serenità, con una tristezza sicura e sempre più granitica.
Le rane hanno deciso da sole di limitarsi. Hanno pensato, a torto, che potesse essere la cosa migliore.
Nessuno è immune a questo meccanismo e tante volte ci caschiamo anche a noi: quando anziché lasciare un lavoro inappagante proviamo a salire di posizione o mettere radici sulla sedia, quando ci sacrifichiamo per una causa in cui non crediamo o scendiamo a compromessi che non ci sembrano opportuni; alle volte invece perseveriamo in maniera insistente verso una scelta che non ci appartiene, insistiamo a risolvere problemi che non ci competono oppure portiamo allo stremo un rapporto affettivo sfiorito già da tempo.
Eppure spesso accade di essere disposti a sacrificare persino noi stessi piuttosto che abbandonare quell’idea che ci ha portati a svuotare il nostro stagno di rane.
Occorre allora prendere coscienza di queste scelte, ritornare consapevoli della propria vita e imbrigliare le redini dell’esistenza.
Anche nelle situazioni più difficoltose è sempre presente la speranza. Un’ambasciata segreta a Giove è un segnale che anche nella disperazione c’è voglia di cambiare e si può trovare la lucidità per farlo. La favola finisce in modo drammatico, ma per dare a chi la legge la possibilità di un vero riscatto!
Questo non significa che non esistano limiti: anche le rane sanno bene che fuori dallo stagno vivrebbero con fatica e che in quanto anfibi vi siano spazi naturalmente predisposti alle loro necessità ed esigenze.
Una rana probabilmente non se la passerebbe bene in un deserto o nelle profondità oceaniche, ma il fatto che esistano limiti non deve incidere sul nostro desiderio di serenità. Perché i limiti naturali sono normali e accettati.
Nessuna rana si lamenta di non poter vivere al polo nord, come nessun uomo si accusa il fatto di non poter abitare all’interno del camino di un vulcano. Ci sono però limiti che ci diamo, celle e gabbie che ci imponiamo da soli: a volte sono scelte sbagliate, a volte non ci pensiamo neppure.
Certe volte decidiamo persino consapevolmente di frenarci ed aggiungiamo da soli sbarre alla nostra galera: ma questa situazione ci pesa e ci disperiamo.
Proviamo invece a godere della nostra natura, a non imporci da soli regole che possano ostacolare la nostra felicità: sforziamoci piuttosto di comprendere a fondo la nostra persona e cogliere le sfumature che possano consentirci sempre di rallegrarci di una vita ricca e appagante. Le rane gli ostacoli non li costruiscono, li saltano via!
Ringraziamo il dottor Giuseppe Marino per l’interessante disamina e Vi aspettiamo tra sette giorni con un nuovo episodio di PsicoPoint.
Simone Gussoni
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