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“Bastano uno sguardo complice, un sorriso ed una carezza per far venir voglia di vivere ai pazienti”. La testimonianza di un’infermiera

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"Bastano uno sguardo complice, un sorriso ed una carezza per far venir voglia di vivere ai pazienti". La testimonianza di un'infermiera
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Riceviamo e pubblichiamo la testimonianza di Tiziana Ognibene, Infermiera 28enne laureatasi nel 2010. La collega racconta la propria esperienza lavorativa e di vita in un reparto di oncologia chirurgica


Intervista a un “angelo della corsia“, di Marina Fontana

Incontro Tiziana Ognibene (in foto), infermiera a contratto del reparto di Chirurgia generale e oncologica dell’ospedale San Raffaele Giglio di Cefalù, davanti una tazza di caffè, dopo un suo turno di notte in reparto. Tiziana è una ragazza dai grandi occhi blu pieni di luce, che sorridono sempre nonostante la stanchezza, che vive la sua professione con tanta passione.

“Fare l’infermiera è il mio grande amore, qualcosa in cui credo con tutta me stessa, mi piace essere quell’attimo di pace, di sorriso, di speranza nelle situazioni di dolore e malattia che vivono i pazienti che incontro ogni giorno nel mio lavoro”.

Cara Tiziana, raccontaci un po’ di te, sei una infermiera che lavora in un reparto difficile, la chirurgia generale ed oncologica. Da dove vieni, quanti anni hai e di cosa ti occupi al momento?

Mi chiamo Tiziana Ognibene, ho 28 anni e vengo da Cerda, un piccolo paese delle Madonie.

Io sono l'”infermiera”. L’infermiere è il responsabile dell’assistenza generale dei pazienti. Si prende cura di loro, redige la cartella infermieristica, somministra le terapie prescritte dal medico e formula un piano di assistenza personalizzato per ogni paziente.

E anche e soprattutto, per me, deve saper curare l’aspetto relazionale e umano con il paziente, deve entrare in empatia con loro e con i loro familiari, essere in grado di dare quel sostegno umano, oltre che sanitario, che può diventare quella leva di coraggio in più per tutti gli ammalati.

Svolgo la mia attività in un reparto considerato difficile, quello di “chirurgia ad indirizzo oncologico“, dico difficile solo per le persone che sentono il termine “oncologico“.

Il cancro è il best killer dei tempi moderni.

La diagnosi di cancro genera nei pazienti e familiari, paura, dubbi e il desiderio di ricevere risposte chiare e comprensibili, oltre che sostegno e comprensione. Per noi addetti del settore, che lavoriamo con pazienti oncologici niente è difficile, e con un’equipe compatta e motivata, tutto diventa semplice.

Devo tanto al team di grandi professionisti con cui lavoro, dal mio primario, ai medici, alla caposala, a tutti i colleghi e ai tanti pazienti che incontro. Sono tutti loro che mi hanno aiutato a crescere professionalmente e umanamente.

Ogni giorno supporto i pazienti ad affrontare l’intervento e le cure durante il periodo di ricovero. Cerco di favorire la speranza, aiutando il dialogo tra ammalati, familiari e medici .

In molti casi con l’intervento chirurgico i tumori possono essere guariti, in altre occasioni si può offrire al paziente una temporanea tregua dall’inesorabile avanzare del male, ed anche questo significa speranza.

Ed è dunque questo il mio obiettivo, favorire quel conforto che non deve mai mancare tra paziente, familiari e l’intero team ospedaliero a cui si affidano, una squadra che ha come obiettivo non solo curare ma anche prendersi cura.

Per quale motivo hai scelto di diventare infermiera?

Sono laureata in infermieristica da più di 5 anni. Diventare infermiera è sempre stato il mio sogno sin da bambina, quando in tv vedevo con emozione il cartone animato di “Candy Candy“.

Crescendo ho deciso di concretizzare questo sogno intraprendendo questo corso di studi con una mia amica.

Quali sono le principali difficoltà da affrontare quotidianamente come infermiera?

L’infermiere di un reparto di chirurgia deve far fronte alle paure che scaturiscono dall’intervento, dallo status psicologico oltre che fisico del paziente, deve cercare di sviluppare un’assistenza di supporto oltre che fisico anche psicologico.

La mia sfida è rendere quanto più è possibile accettabile la nuova condizione post-operatoria, preparare il paziente prima dell’intervento, incoraggiarlo, tramettere fiducia.

Questo tipo di assistenza è resa molto ardua dal tipo di patologia, il malato ed i familiari associano la malattia tumorale al concetto di inguaribilità, quindi a volte non capiscono il perché di tutto quello che gli viene fatto e per difesa lo rifiutano. Inoltre, all’interno del settore privato, contrastiamo con numerosi problemi ogni giorno, poiché il personale è spesso ridotto.

Nonostante tutto riusciamo quasi sempre a completare il nostro lavoro e a dare il massimo di noi, senza abbatterci mai.

Per me il mio lavoro non è mai stato difficile, è una professione che sento scorrere nelle vene.

Sicuramente ci sono momenti in cui la tensione in reparto genera stress, soprattutto quando hai più pazienti che ti chiamano contemporaneamente, vorresti avere più tempo per fermarti con ognuno di loro, ma non puoi farlo, perché devi andare avanti e completare tutte le tue attività. Ma un sorriso, una carezza, non la nego mai.

Quali sono secondo te i problemi più rilevanti che vivono gli infermieri impiegati nel settore privato e come pensi che si possano contrastare, e quali sono le cose che in tutti gli ospedali si potrebbero migliorare per rendere più efficace l’attività che svolgi?

Come dicevo prima uno dei grandi problemi degli infermieri del settore privato è la carenza di personale, siamo troppo pochi rispetto al numero di pazienti che gestiamo. Diverse assunzioni sono bloccate, e solo assumendo si riuscirebbe a dare a tutti il giusto carico di lavoro per fare il proprio mestiere con più serenità, oltre che con la tanta buona volontà che mettiamo in campo ad ogni turno lavorativo.

Inoltre occorre migliorare sempre di più il rapporto umano tra infermiere e paziente. Aiutare gli infermieri con dei corsi, dare loro le leve a supporto del dialogo umano con i pazienti. Renderebbe più efficace la nostra attività lavorativa, e aiuterebbe l’equipe medica a trovare maggiore fiducia nei pazienti.

Tutti siamo persone umane e tutti ci possiamo trovare dall’altra parte. Anche da punto di vista organizzativo bisognerebbe riorganizzare il lavoro di medici e infermieri in modo che sia più aderente alle esigenze degli ammalati, con l’obiettivo, ad esempio, che lo stesso ammalato non sia affidato a personale sempre diverso.

Come riesci a conciliare la tua vita personale e professionale?

Ormai le definisco vite parallele, riesco a conciliarle senza problemi. Il mio hobby preferito è ballare caraibico, adoro il mare e stare a contatto con le persone. Amo il confronto, amo sorridere, amo la vita.

Quale è stata la tua più grande soddisfazione e quale è stato il paziente che ti ha coinvolto di più?

Durante il mio percorso professionale, che io chiamo di vita e non solo lavorativo, ho incontrato persone speciali e uniche, ma è soprattutto la realtà che vivo da più di un anno qui in chirurgia oncologica quella che considero la più bella in assoluto. Le maggiori soddisfazioni nel mio lavoro sono i miei pazienti.

Ricordo le frasi di alcuni pazienti “ecco che arriva l’angelo con le ali in terra“, oppure “l’infermiera con il cuore d’oro“.

Questi complimenti mi fanno riflettere tanto sul mio operato, mi responsabilizzano e mi motivano a fare sempre meglio. Io sono molto critica ed esigente con me stessa e so che si può sempre migliorare.

Nel difficile approccio con pazienti oncologici, basta uno sguardo complice, un sorriso, una carezza o una semplice battuta per strappargli un sorriso e far venir loro la voglia di credere e di vivere. Questo non vuol dire che sono sempre state rose e fiori, ho avuto anche delle delusioni, vedendo spegnere pazienti pieni d vita, ma purtroppo questa è la realtà e dobbiamo accettarla

Che aspettative e progetti hai? Credi che sia possibile concretizzarle?

Sono una infermiera a contratto presso una struttura d’eccellenza. La mia aspettativa più grande, a cui tengo tanto, è arrivare al traguardo del contratto a tempo indeterminato. Sono consapevole che il mondo del lavoro italiano rende quasi utopia siglare un contratto a tempo indeterminato e questo mi spaventa.

Vivo continui rinnovi, con la paura di non essere riconfermata e di rimanere senza un lavoro. Ma, come diceva il “Don Verzè” – nostro fondatore – “tutto è possibile a chi crede“, ed io voglio credere che dopo tutti i sacrifici e tutti i doppi turni affrontati arriverà finalmente la certezza di un contratto definitivo.

So di meritarlo. Inoltre, visto che nella vita non bisogna mai fermarsi e non si finisce mai di apprendere, ho intenzione di fare un master che mi consenta di specializzarmi per diventare strumentista di sala operatoria.

 

“L’unico modo per fare un ottimo lavoro è amare quello che fai… come le grandi storie d’amore, diventerà sempre meglio col passare degli anni”

[cit. Steve Jobs]


Ringraziamo la collega per le preziosa testimonianza e le auguriamo di poter coronare il suo più grande sogno potendo firmare un contratto a tempo indeterminato.

Simone Gussoni

Fonti: https://www.palermotoday.it

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