Cosa succederebbe se un medico dovesse prescrivere una prima visita infermieristica per un paziente oncologico, recentemente operato alla vescica e portatore di urostomia?
Il fatto è accaduto a Roma: l’ospedale universitario ha dimesso il paziente richiedendo al medico di medicina generale di prescrivere una visita infermieristica di controllo “portando in visione impegnativa del curante per prima visita infermieristica e impegnativa per visita protesica“.
Il medico di famiglia ha scritto scandalizzato alla redazione del sito “Doctor33”: non poteva credere che un infermiere potesse visitare un paziente e addirittura potesse fare ciò prima di un medico specializzato in urologia.
Per un paziente portatore di colonstomia o urostomia l’Infermiere enterostomista rappresenta una figura altamente specializzata.
Questi professionisti esistono in Italia e nel resto di Europa dagli anni Settanta, lavorando in stretto contatto con i medici ospedalieri.
Inoltre dal 2006 gli ambulatori infermieristici aderenti al progetto Sfera dell’Associazione Italiana degli Operatori Sanitari in Stomaterapia hanno aumentato la percentuale di pazienti in grado di autogestire la propria stomia passando dall’1,65% al 66,8% in 10 anni. Eppure secondo alcuni medici la “prima visita infermieristica” sarebbe assolutamente inappropriata.
Lia Pulimeno, presidente del collegio provinciale Ipasvi di Roma, sottolinea:
«Non si tratta di una visita medica ma di un servizio che si svolge in ambulatorio gestito da figure specialistiche sulla base di protocolli consolidati in letteratura e normati nelle varie regioni, con regole definite e l’ok della Corte dei Conti. Nel Lazio c’è poi una domanda di questi servizi, purtroppo, superiore all’offerta, più che altrove, e credo occorrerebbero più ambulatori infermieristici per stomizzati».
«Nell’ambulatorio -prosegue Pulimeno- l’infermiere non prescrive farmaci ma fa educazione sanitaria e controlla il dispositivo. Quando, dopo l’intervento, il paziente stomizzato è dimesso, è preso in carico per la gestione della stomia -di qui la “prima visita infermieristica“- e inserito in un percorso dove apprende a gestire il dispositivo, e consigli, anche alimentari, legati alla gestione di questa parte della patologia; ove necessitasse intervento medico, per complicanze o una consulenza, di volta in volta sono interessati il gastroenterologo, l’oncologo, il chirurgo».
L’oncologo Alberto Scanni, responsabile della formazione per l’Ordine dei Medici di Milano e proveniente da strutture (una su tutte, il Fatebenefratelli) storicamente in prima linea nella formazione infermieristica e specialistica per infermieri si dichiara perplesso.
«Al di là del ruolo riconosciuto dell’infermiere enterostomista, la richiesta “istituzionalizzata” di prima visita infermieristica generica per un paziente stomizzato in sé sottende uno spostamento culturale di competenze che può lasciare scandalizzato un medico. Certo, può essere un modo per consolidare le esperienze acquisite dagli infermieri, ma l’infermiere non gestisce l’iter diagnostico-terapeutico: stiamo attenti a non spostare la centralità del medico nel processo assistenziale.
Nell’interesse del paziente, è il medico a indicare se deve mettere il catetere, non può essere l’azienda ad affidare il procedimento all’infermiere».
«La prima visita infermieristica nel Lazio è una prestazione codificata nella delibera 29 del 2009», precisa Pulimeno.
«Ma tutte le regioni l’hanno introdotta, sollecitate dai piani sanitari nazionali a valorizzare gli infermieri. Stupisce vi siano medici che non lo sanno, per la verità più sul territorio che in ospedale. Molti medici sono poi convinti che esista solo la diagnosi medica. Non è così. Il mondo cambia, e non solo per le rivendicazioni di categoria. Oggi i cittadini chiedono competenze per i loro problemi di salute indipendentemente dal tipo di professionista. Sta alle professioni evitare invasioni di campo, e bacchettare chi dei “propri” iscritti entrasse nel merito altrui. Noi lo facciamo».
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