Tiene sempre banco la svolta annunciata dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, con l’introduzione della prescrizione infermieristica e di tre nuove aree di specializzazione infermieristica. Una svolta che non piace ai medici, come domostrano le parole di Filippo Anelli, presidente Fnomceo: “La prescrizione presuppone una diagnosi, e la diagnosi è di competenza del medico”. La Fnopi, dal canto suo, parla di polemiche sterili, sottolineando, per bocca della presidente Barbara Mangiacavalli, come “la diagnosi infermieristica assistenziale esiste da 30 anni e sia prevista per norma”.
In questo acceso dibattito si inserisce la voce di Rosaria Alvaro, professore ordinario in Scienze infermieristiche dell’Università Tor Vergata di Roma e presidente della Società italiana di scienze infermieristiche (Sisi), la quale spiega a Nursind Sanità l’importanza di rafforzare l’alleanza tra medici e infermieri, nell’ottica di un miglior lavoro d’equipe.
L’analisi di Alvaro parte dalle nuove lauree magistrali: “Il primo documento riguardante la crescita professionale nelle specializzazioni infermieristiche è stato approvato dall’allora Federazione nazionale dei Collegi nel 2015. Da quel momento si è lavorato intensamente per definire alcune aree specifiche del profilo infermieristico. Oggi si conclude un percorso iniziato anni fa, con l’individuazione di tre aree prioritarie: cure primarie e sanità pubblica, cure pediatriche e neonatali, cure Intensive ed emergenza.A Abiti che presentano le maggiori esigenze sul territorio”.
Quanto all’arricchimeto del lavoro d’equipe Alvaro spiega: “È necessaria una riflessione complessiva sulle esigenze del sistema sanitario. Anche il ministro Schillaci, che è un medico, ha sottolineato l’importanza di considerare un sistema che includa diverse e nuove professionalità. Attualmente la sanità si basa su due pilastri fondamentali: i medici e gli infermieri. Oggi l’infermiere segue un percorso formativo strutturato, che comprende una laurea triennale abilitante all’esercizio professionale, una laurea magistrale, un dottorato di ricerca e master di primo e secondo livello. Non può quindi essere impiegato come 45 anni fa, quando nasceva il sistema sanitario”.
I tempi cambiano, insomma, e bisogna stare al passo: non si può ignorare l’evoluzione del percorso di studi che ha portato gli infermieri ad acquisire competenze specifiche. “Il tutto deve essere inserito in una nuova organizzazione sanitaria che preveda l’impiego di tutte le competenze professionali e dia la giusta valorizzazione ai professionisti, che nel tempo hanno adeguato la loro formazione ai cambiamenti del sistema. Sebbene la definizione di diagnosi, prognosi e prescrizione della terapia rimanga una prerogativa esclusiva del medico, oggi altri operatori, adeguatamente formati, possono svolgere attività che in passato erano di competenza di altri professionisti”.
E sul malcontento dei medici: “Sono rimasta perplessa quando Anelli ha parlato di ‘blitz’, affermando di essere ‘sconcertato’ e ‘rammaricato’ per non essere stato interpellato. Gli infermieri hanno un proprio ordine professionale, così come i medici, per rappresentare alle istituzioni le esigenze della professione. Attività che ritengo sia fatta da entrambi in modo egregio. Sembra quasi che si voglia affermare una condizione di subordinazione di una professione rispetto a un’altra e ritengo che questo sia oggi pericoloso per tutto il sistema sanitario”.
Perché pericoloso? “Ritengo che in un momento di grave difficoltà del sistema sanitario le due professioni debbano integrarsi per garantire il benessere del paziente e la sostenibilità di un sistema sanitario. Certamente saranno necessari momenti di incontro e confronto tra professionisti per definire percorsi e procedure che possano migliorare la vita dei cittadini e facilitare l’accesso alle cure. Nessuno sta parlando di prescrizione farmacologica: l’infermiere non ha mai inteso inserirsi in ambiti di prognosi, diagnosi o prescrizione di terapie, perché questo non è il suo ruolo. L’infermiere si occupa dei bisogni assistenziali, e oggi discutiamo di prescrizioni finalizzate a migliorare il percorso assistenziale del paziente”.
Migliorarlo in che modo? “Un esempio è la gestione della stomia: attualmente l’infermiere ha bisogno della firma del medico anche solo per modificare i presidi ritenuti inadeguati, nonostante ciò allunghi e complichi l’intervento, che inizia una volta che il paziente è stato clinicamente valutato dal medico. Da sempre, quando l’infermiere rileva un cambiamento nello stato del paziente o nota una variazione nel quadro clinico, contatta immediatamente il medico per una nuova valutazione, senza mai modificare in autonomia una prescrizione medica. Le dichiarazioni allarmistiche dell’Ordine dei medici minano la fiducia dei cittadini nel sistema sanitario”.
Conclude Alvaro: “Ritengo che tutti dobbiamo fare uno sforzo di collaborazione per trovare quella sintonia di cui il sistema sanitario ha urgente bisogno. Aggiungo che la prescrizione di ausili e presidi sanitari è già una prassi consolidata in molti Paesi europei. Ad esempio i nostri infermieri che si trasferiscono in Inghilterra seguono corsi specifici proprio sulla prescrizione. Spero sinceramente che medici e infermieri, figure insostituibili nel nostro sistema sanitario, possano davvero integrarsi e lavorare insieme, nel rispetto dei ruoli e delle competenze, per immaginare una nuova organizzazione che valorizzi tutte le professionalità coinvolte”.
Redazione Nurse Times
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