In Piemonte mancano 4-5mila infermieri e gli immatricolati ai corsi di laurea negli atenei non arrivano a coprire tutti i posti messi a bando, 1.100 quest’anno, con un decremento della richiesta del 10%. Un trend in linea con quello nazionale, dovuto alla scarsa attrattività della professione per mancanza di prospettive di crescita e remunerazioni adeguate.
I dati sono quelli riportati dai docenti delle Università di Torino e del Piemonte Orientale e dai rappresentanti dell’Ordine delle professioni infermieristiche sentiti ieri mattina in Commissione Sanità, su proposta del presidente Alessandro Stecco, per un approfondimento sugli aspetti formativi e didattici, sulle competenze e sul futuro della professione.
Secondo gli auditi, l’attuale carenza di infermieri può essere superata rivedendo i modelli organizzativi, rimodulando le competenze e le attività di infermieri, operatori socio-sanitari e amministrativi, e valutando, ad esempio, gestioni infermieristiche degli ambulatori secondo linee guida condivise e l’impiego di lauree magistrali e master nelle cure primarie, l’infermieristica di famiglia e di comunità e i processi clinici.
Tra le questioni affrontate gli infermieri “in deroga” (quelli, cioè, che non hanno conseguito il titolo in Italia o che hanno un titolo non abilitante, e che lavorano soprattutto nelle Rsa e nel privato accreditato), che spesso hanno difficoltà legate alla lingua. Ma anche i limiti posti dal vincolo di esclusività per gli infermieri dipendenti nel pubblico e l’assenza di assegni per favorire i percorsi di studio, in particolare per i tirocini della laurea triennale. Non ultimo il tema dei salari bloccati.
Redazione Nurse Times
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