La tutela del patrimonio venoso della persona assistita, rappresenta un argomento attuale, quanto remoto, della clinica infermieristica
Il concetto di patrimonio venoso risiede nel bagaglio culturale, di medici e infermieri, come uno spettro che alberga in un castello: inafferrabile, sfuggente e indefinibile. Nell’articolo scientifico “EA-DIVA score (Enhanced Adult DIVA score), a new scale to predict difficult preoperative venous cannulation in adult surgical patients” (G.Civetta, G.Iotti, A.Palo, et all) pubblicato sul Journal of Vascular Access il 16/10/2018, il Patrimonio Venoso della Persona è definito come il sistema della rete venosa, aggredibile clinicamente, utile alla somministrazione parenterale di soluzioni ed al prelievo ematico.
Abbozzarne una definizione scientifica è utile soprattutto a standardizzare il concetto di patrimonio venoso, valutarne la situazione patrimoniale e tutelarne la salvaguardia. Le peculiari caratteristiche del patrimonio venoso sono: l’unicità, la non rinnovabilità ed il progressivo depauperamento.
L’unicità si esplica nelle varianti interindividuali dell’anatomia vascolare, insita della normale conformazione anatomica umana. La rete vascolare non è rinnovabile poiché, al di là dei processi patologici e normali di angiogenesi, quali ad esempio, la vascolarizzazione di neoplasie e la formazione di circoli collaterali vicarianti, questi non rientrano in alcun modo nella definizione data, di patrimonio venoso.
Il depauperamento consegue all’eccessivo sfruttamento del patrimonio, soprattutto nei soggetti che lo utilizzano frequentemente attraverso infusione parenterale, per terapia cronica o per abuso di sostanze.
L’infermiere ed il medico rappresentano i legittimi e connaturati tutori del patrimonio venoso della persona dal momento che, storicamente, sono state le due figure sanitarie deputate, da sempre, al reperimento di accessi vascolari. Infatti, dalla introduzione della tecnica di venipuntura per via percutanea, nel 1952 circa, da parte del medico francese Robert Aubaniac, la cannulazione venosa diventa, da esclusiva competenza medica, a prevalente procedura infermieristica.
Il riscontro clinico di patrimoni venosi depredati e disastrati, manifesti nelle braccia livide e doloranti degli assistiti, è apodittico di una carente tutela del patrimonio venoso che potrebbe essere inquadrato, anche, come malpractice clinica. L’attuale attività clinica di cannulazione venosa si basa su un concetto di problem solving reattivo, infatti, si richiede la consulenza specialistica vascolare da parte di medici e infermieri, solamente dopo avere esaurito tutte le possibilità di cateterizzazione vascolare. Per questo motivo, il device vascolare avanzato, che di per sé, non è un presidio d’urgenza, diventa tale per improcrastinabilità e contingenza clinica.
L’infermieristica moderna, basata sull’evidence based nursing, adotta il concetto del problem solving proattivo, inquadrando la procedura di cannulazione venosa preventivamente, in modo da salvaguardarne il patrimonio. Nello specifico, l’adozione di una scala di valutazione angiologica in grado di valutare lo stato del patrimonio venoso, diventa mandatorio nel processo di pianificazione infermieristica.
In campo oncologico è stata, pionieristicamente, adottata una scheda di valutazione del patrimonio venoso per la fragilità dei pazienti e la lesività vascolare dei farmaci antiblastici; questa scheda, essendo appunto dedicata, è applicabile ad una categoria particolare di pazienti.
Novità assoluta rappresenta la, già citata, EA-DIVA score applicabile a tutte le persone adulte, in quanto, studiata e validata sulla popolazione adulta sottoposta ad intervento chirurgico in regime di elezione ed emergenza-urgenza, quindi applicabile al paziente oncologico, geriatrico, bariatrico, ostetrico ecc.
La EA-DIVA score è una scala angiologica costituita da 8 items il cui punteggio va da 0 a 12 punti; un punteggio maggiore o uguale a 8 è indice predittivo della difficoltà del cateterismo venoso. Per cui, in piena autonomia, il medico e l’infermiere, dopo aver somministrato la scala di valutazione del patrimonio venoso, in base al punteggio ottenuto, possono decidere se reperire un accesso venoso autonomamente oppure avvalersi della consulenza di un expertise, o ancora, chiedere un consulto vascolare specialistico di una equipe medico-infermieristica dedicata.
L’implementazione di una scala di valutazione del patrimonio venoso permette di pianificare il piano assistenziale infermieristico della persona nel proprio PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale).
Oltretutto, la valutazione di questo importante parametro, rientra nelle diagnosi infermieristiche e nella pianificazione assistenziale secondo i modelli standardizzati N.I.C. e N.O.C. elaborati dalla N.A.N.D.A., e nessun infermiere può esimersi dall’applicare questi strumenti, per non incorrere nell’errore di valutazione clinica.
Nell’Unità Operativa dell’Oncologia Medica dell’Ospedale “Dimiccoli” di Barletta, nel territorio ASL BAT, ferve il progetto “Proactive Vascular Access Evaluation”, grazie al contributo degli infermieri che ogni giorno mettono la propria professionalità a disposizione del paziente oncologico, sia in regime di Day Service che di Degenza.
Attraverso l’implementazione della scala di valutazione del patrimonio venoso, l’utilizzo di bundle, protocolli e linee guida, si monitorano le varie tipologie di device vascolari, a breve, medio e lungo termine; dalla scelta del presidio, all’impianto, gestione e utilizzo degli stessi cateteri, con la documentazione di ogni prestazione infermieristica, uniformando la pianificazione proattiva dell’accesso venoso periferico e centrale. L’auspicio è che questo progetto possa trovare l’appoggio delle istituzioni e delle figure sanitarie che orbitano attorno al settore degli accessi vascolari, a tutela del benessere della persona malata e della propria percezione della Quality of Life.
Dott. Giuseppe Civetta, Vascular Access Clinical Nurse Specialist
Bibliografia
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