“Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico”. Questa proposta prevede l’introduzione del reato di violenza ostetrica punibile con la reclusione fino a 4 anni per chi non dovesse rispettare i diritti dei soggetti espressi.
Negli ultimi giorni si è assistito ad un grosso dibattitto nel quale vede al centro la donna partoriente e il bambino nascituro. Attraverso il Disegno di legge Zaccagnini, presentato nella camera dei deputati, lo scorso 11 marzo 2016, il Parlamento sta discutendo sulle pene da dare ai soggetti coinvolti nel momento in cui non venissero rispettati i diritti della donna partoriente. Nel DdL, in caso di violazioni gravi, il personale sanitario rischierebbe dai 2 ai 4 anni di reclusione.
Tale DdL prende spunto da una comunicazione data nello scorso 2014, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale aveva espresso che: “Resoconti sui trattamenti irrispettosi e abusanti durante il parto nelle strutture ospedaliere includono l’abuso fisico diretto, la profonda umiliazione e l’abuso verbale, procedure mediche coercitive o non acconsentite (inclusa la sterilizzazione), la mancanza di riservatezza, la carenza di un consenso realmente informato, il rifiuto di offrire un’ adeguata terapia per il dolore, gravi violazioni della privacy, il rifiuto di ricezione nelle strutture ospedaliere, la trascuratezza nell’assistenza al parto con complicazioni altrimenti evitabili che mettono in pericolo la vita della donna, la detenzione delle donne e dei loro bambini nelle strutture dopo la nascita connessa all’impossibilità di pagare”.
Alla luce di questo l’OMS aveva invitato i Parlamenti Europei ad esprimersi in tale senso.
Come già sappiamo subito dopo la proposta di questo DdL, anche i social network si erano mobilitati, attraverso l’hashtag #bastatacere, con il quale tante donne avevano portato alla luce le proprie storie personali e la mancanza di assistenza durante il parto.
Al contrario, vediamo prendere le distanze nei confronti del DdL Zaccagnini, la Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia (SIGO), l’Associazione Ostetrici e Ginecologi Ospedalieri Italiani (Aogoi) e l’Associazione Ginecologi Universitari Italiani (Agui) le quali si sono espresse dicendo: “Per tutelare la salute delle neo-madri italiane e garantire la sicurezza in sala parto non c’è bisogno di nuove leggi. È sufficiente applicare al 100% la regolamentazione già vigente a partire dai provvedimenti stabiliti dalla riforma Fazio del 2010”, aggiungendo: “Nei mesi scorsi alcuni gravi episodi di malasanità si sono verificati proprio nei reparti materno-infantili ma al di là del clamore mediatico suscitato da certi eventi bisogna ricordare che i dati del nostro Paese sulla mortalità neonatale e materna sono tra i più bassi in Europa. Siamo convinti che resta ancora molta strada da percorrere per rendere più sicuro nascere in Italia. Come rappresentanti dei ginecologi e ostetrici italiani siamo pronti a collaborare con le Istituzioni”
Analizzando il DdL Zaccagnini possiamo osservare all’interno del testo che:
- La donna (ART 2): La donna deve ricevere la più ampia informazione sullo stato di salute del proprio bambino (comma a), ricevere informazioni sui luoghi di parto e sull’assistenza al parto, al travaglio e al puerperio (comma b), esprimere il consenso per ogni trattamento medico e farmacologico, senza del quale non può essere somministrato (comma c), ricevere un secondo parere di un altro medico prima di essere sottoposta a qualsiasi intervento invasivo (comma d)
- Procedure (ART 3): è espresso divieto al personale medico, ostetrico e infermieristico, fatti salvi di documentata necessità medica di eseguire pratiche come episiotomia o taglio chirurgico del perineo e vagina (comma a), uso della ventosa o forcipe (comma b), rottura artificiale della membrana del sacco amniotico (comma c), manovra di Valsalva, che prevede di dare ordini alla donna su come e quando spingere durante il travaglio (comma e) ed induzione farmacologica per innescare ed aumentare le contrazioni (comma f);
- Taglio Cesareo (ART 4): manovra che va utilizzata solo in comprovate necessità e previo consenso informato, libero e consapevole;
- Risarcimento del danno in sede civile: il danno biologico per danni cagionati all’utero è determinato in misura non inferiore ai 200.000 e di 400.000 quando si ha la perdita e l’asportazione dell’utero della donna. In caso di condanna degli operatori sanitari, la struttura sarà tenuta a pagare le spese per pubblicare la notizia su almeno due quotidiani a diffusione nazionale.
- Atti di violenza (ART 14): costituiscono atti di violenza negare un’assistenza appropriata in caso di emergenza (comma a), obbligare la donna a partorire in posizione supina (comma b), ostacolare il contatto precoce del neonato con la madre (comma c), praticare il taglio cesareo in assenza di indicazioni mediche ed espresso consenso (comma e).
I responsabili di tali violazioni sono puniti dai 2 ai 4 anni di reclusione.
A cura di
Gianluca Pucciarelli
Bibliografia
- Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico. Camera dei Deputati. Avaible su www.camera.it
- Il sole 24 ore. Proposta di legge sulla «violenza ostetrica», i ginecologi: «Contro la malasanità in sala parto non servono nuove leggi». Avaible su www.sanita24.ilsole24ore.com
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