Negli ultimi 15/20 anni stiamo assistendo ad un impoverimento strutturale delle piante organiche delle aziende sanitarie fortemente acuito da una feroce crisi economica e da una sostanziale insostenibilità per i bilanci regionali del capitolo sanità.
Le regioni più virtuose sono riuscite ad evitare grossi deficit e quindi piani di rientro fatto di tagli lineari; ma lo hanno fatto pur sempre a scapito di una sanità sempre meno pubblica e sempre più privata, anche se non sempre privato è sinonimo di qualità essendo legata a logiche di profitto.
D’altro canto in Italia il rapporto infermieri/popolazione è tra i più bassi d’Europa e per mandare avanti ospedali ed A.S.L. c’è bisogno di infermieri e che per quanto si vuole comprimere, il numero degli stessi non si può andare oltre un certo limite.
Nel nostro paese questo limite è stato abbondantemente superato; ne è palese dimostrazione tutta la diatriba sugli orari di lavoro scatenata dal recepimento della direttiva europea.
Gli infermieri (quelli più fortunati che un lavoro lo hanno) in particolare vivono una gravissima situazione di sostanziale inapplicazione della legge con turni massacranti, riposi non garantiti, ferie accumulate negli anni difficilmente fruibili.
Per tentare di arginare le esigenze impellenti di reclutamento di personale sanitario, pur rispettando i rigidi obblighi di bilancio, sono state messe in campo delle operazioni di “finanza creativa” terzializzando servizi e acquistando manodopera da società interinali/cooperative.
Grazie a questo artificio contabile si è potuto dare risposta a diverse esigenze:
- avere a disposizione i professionisti necessari senza incidere strutturalmente nei bilanci essendo questi costi non strutturati nel tempo almeno in teoria;
- spostare questi costi in un area di bilancio che poteva essere variabile e non strutturale soddisfacendo così le necessità di bilanci in linea con i piani di rientro e/o per così dire formalmente virtuosi;
- avere subito a disposizione professionisti, senza preoccuparsi dei loro diritti (ferie, malattie, formazione obbligatoria, ecc.);
- soddisfare gli appetiti di privati e le necessità di politici ed amministratori;
- avere una forma di ricatto sui professionisti talmente forte da permettere di far accettare ogni nefandezza ed ogni utilizzo improprio pur di poter lavorare.
Ed ecco il fiorire di così dette cooperative e di varie altre forme di impresa che senza nessuna remora hanno lucrato e fatto lucrare sulla pelle dei professionisti.
Ed è grazie a questo sistema “contorto” che nel nostro paese, in barba ad ogni diritto ed ogni buon senso, assistiamo impotenti a forme di sfruttamento di professionisti sanitari (medici, infermieri, fisioterapisti, ecc.).
Professionisti con competenze avanzate, che hanno duramente studiato e che sono considerati tra i migliori al mondo, ricercati in tutta Europa, costretti ad accettare compensi RIDICOLI per le loro prestazioni pur di poter lavorare e portare a casa un misero guadagno.
Ad un attento esame non può sfuggire il costo esorbitante per le aziende sanitarie che adottano questa forma di terzializzazione. Sopratutto se rapportata al compenso ridicolo ed umiliante che viene poi erogata al lavoratore dalle varie società, cooperative.
Cosa può fare il povero professionista per non cadere in queste viscide trappole?
Poco, se non rifiutare di lavorare per certi ridicoli e vessatori compensi e contratti; ma mi chiedo in un momento in cui il mercato del lavoro, da una parte non offre alcuna alternativa percorribile, e dall’altro mette in campo una frotta di disperati che pur di lavorare sono disposti a tutto, questa strada è percorribile?
Direi proprio di no per uno che rifiuta ce ne sono altri 10 disposti ad accettare perchè per avere anche un minimo di reddito bisogna pur lavorare!
Quali tutele a favore dei lavoratori precari?
- Fare affidamento sulla tutela da parte dei collegi professionali, appare una vera chimera:
- ogni eventuale possibile denuncia significa essere esclusi e non lavorare più;
- ammesso che un collegio recepisca la sua denuncia, quali sono gli strumenti di intervento a disposizione?
- Rivolgersi ad un sindacato non sortirebbe alcun effetto perchè questi colleghi sono liberi professionisti e quindi non possono usufruire di alcuna tutela sindacale.
Il quadro che ne emerge a questo punto è quello di un meccanismo ben studiato che porta profitti enormi ad alcuni, ad un progressivo abbrutimento dei professionisti lasciati soli ed esposti ad ogni tipo di vessazione!
Demansionamento, ricatto, precarietà, ignoranza ed abbrutimento della professione sono figli di questa inqualificabile realtà creata, sostenuta e spalleggiata dalla macchina dell’affarismo e della corruzione che corrode l’economia e la politica del nostro paese!
Quello che serve a questo punto è regalarci una speranza, trovare un appiglio capace di ridare slancio e motivare i professionisti, svegliare le coscienze e proiettarci verso un futuro diverso!
Partire da questi colleghi sulla carta liberi professionisti, nella pratica veri e propri moderni schiavi, diventa un punto fondamentale, una di quelle cose intorno a cui chiamare a raccolta tutte le forze a partire dalle rappresentanze professionali.
Due sono le strade percorribili per spezzare le loro catene:
- La prima passa per le assunzioni, per i concorsi. Occorre una spinta da parte di tutti sindacati, I.P.A.S.V.I., ed ogni singolo infermiere perchè si assumano direttamente tutti i 57000 infermieri necessari al S.S.N. (stima I.P.A.S.V.I.), ampliando e modernizzando le organizzazioni sanitarie;
- La seconda potrebbe essere alternativa/sinergica alla prima, e magari in prospettiva potrebbe diventare una possibile strada per sostituire i vecchi ed obsoleti carrozzoni dei concorsi pubblici; strutturare il rapporto di libero professionista, per un periodo di tempo limitato e finalizzato all’ingresso nei ruoli aziendali, direttamente con le strutture sanitarie e/o con le regioni.
Questo romperebbe definitivamente le catene che opprimono questi nostri colleghi, romperebbe questo meccanismo perverso che opprime il singolo, ma anche l’intera comunità professionale, impedendole di crescere, di smarcarsi da uno sfruttamento tanto asfissiante quanto mortale!
Questo porterebbe sicuramente ad un risparmio economico per le varie aziende e di conseguenza per i S.S.R. che oggi a fronte di contratti di terzializzazione del personale sanitario finalizzati con imprenditori a volte anche di dubbia onestà, c’è un ritorno praticamente insufficiente in termini di compensi nei confronti dei professionisti.
Questo mi sembra un fronte su cui poter coinvolgere e convogliare le forze dei collegi provinciali e nazionale, su cui poter aggregare anche i sindacati, almeno quelli infermieristici, e dare voce a quelle migliaia di colleghi che vivono un rapporto di “totale schiavitù” con la professione!
Costruire un movimento partendo dagli ultimi ” i nuovi schiavi”, dai colleghi inoccupati, dai colleghi più fortunati occupati, ma spremuti come limoni e dagli stessi studenti, che possa mettere in moto il riscatto della nostra professione sotto tutti i punti di vista e non soltanto quello occupazionale!
Angelo De Angelis
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