Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una collega che riassume, in poche righe, l’importanza della nostra professione
Io mi sento un eroe molto più di chi appartiene ad altre categorie. Non ho un manganello per difendermi, eppure ogni giorno combatto nemici che spaventerebbero un esercito: dalla meningite ai traumi, dagli accoltellamenti alle emorragie cerebrali… li ho incontrati tutti. Il mio scudo sono una visiera e un paio di guanti.
Mi sento un eroe perché, con un contratto fermo da anni e rinnovato (forse) per una pizza al mese, lavoro di notte, di domenica e a capodanno, abbandonando la famiglia e i figli. Mi sento un eroe quando poso la mano sulla spalla di una mamma o di un papà che, col cuore pieno di dolore, mi guardano senza parole. Mi sento un eroe quando i parenti di chi non ce la fa mi ingiuriano e, ancora una volta, non ho uno scudo se non le mie spalle e il mio cuore graffiato dalla perdita di una vita.
Mi sento un eroe anche se la mia divisa non avrà mai fregi o stellette e, forse, fra tutte, è la più temuta, la più odiata, la più bistrattata. E mi sento un eroe quando tornano a salutarci con quegli occhi sperduti, cercando un ricordo della loro degenza in questo posto che hanno visitato mentre non c’erano. Sì, senza manganello, senza pistola, senza stellette, io, infermiera di rianimazione, certe volte, sono un eroe!
Redazione Nurse Times
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