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Parkinson: un esame del sangue per individuare i soggetti a rischio

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Parkinson, nuova tecnica a base di ultrasuoni riduce i tremori
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Uno studio condotto da ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze cliniche di Nuffield, a Oxford, ha portato allo sviluppo di un nuovo test sul sangue per identificare la patologia che scatena la malattia di Parkinson prima che si manifestino i sintomi principali. Ciò potrebbe consentire ai medici di individuare le persone ad alto rischio di sviluppare la patologia e facilitare l’introduzione tempestiva di terapie di precisione, attualmente in fase di sperimentazione clinica.

La malattia di Parkinson inizia più di dieci anni prima che i pazienti si presentino in clinica con sintomi, perché le cellule cerebrali non riescono a gestire una piccola proteina chiamata alfa-sinucleina. Ciò porta alla formazione di grumi anomali di alfa-sinucleina, che danneggiano le cellule nervose vulnerabili, causando il noto disturbo dei movimenti e spesso la demenza. Al momento della diagnosi del Parkinson la maggior parte di queste cellule nervose vulnerabili è già morta e si sono formati grumi di alfa-sinucleina in molte regioni del cervello.

Nello studio è stato utilizzato un nuovo test, basato su anticorpi e sviluppato dal gruppo di ricerca. Tale test prevede l’isolamento delle vescicole extracellulari originate dalle cellule nervose dal sangue e la successiva misurazione del loro contenuto di alfa-sinucleina.

I ricercatori hanno scoperto che i soggetti col più alto rischio di sviluppare il Parkinson (probabilità superiore all’80%, basata su criteri di ricerca) avevano un aumento del doppio dei livelli di alfa-sinucleina nelle vescicole extracellulari neuronal. E il test poteva differenziarli accuratamente da coloro con basso rischio (probabilità inferiore al 5%) o controlli sani.

Questi risultati indicano che il test del sangue, insieme a una valutazione clinica limitata, potrebbe essere utilizzato per selezionare e identificare le persone a rischio elevato di contrarre la malattia.

Full text dell’articolo pubblicato su Jama Network

Redazione Nurse Times

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