“La sanità in Italia si trova ad attraversare una nuova fase di criticità, che sembra diventare strutturale. Si registra una costante carenza di personale, che porta a carichi di lavoro ingestibili e alla conseguente fuga dalle professioni sanitarie“. Questo il grido di allarme di papa Francesco sulla sanità nel nostro Paese, lanciato in occasione dell’udienza ai membri dell’Associazione Otorinolaringologi Ospedalieri Italiani (AOOI) e della Federazione Italiana Medici Pediatrici (FIMP).
“La perdurante crisi economica – l’analisi del papa – incide sulla qualità della vita di pazienti e di medici: quante diagnosi precoci non vengono fatte? Quante persone rinunciano a curarsi? Quanti medici e infermieri, sfiduciati e stanchi, abbandonano o preferiscono andare a lavorare all’estero? Sono questi alcuni dei fattori che ledono l’esercizio di quel diritto alla salute, che fa parte del patrimonio della dottrina sociale della Chiesa e che è sancito dalla Costituzione italiana quale diritto dell’individuo, cioè di tutti, nessuno escluso, specialmente dei più deboli, e quale interesse della collettività, perché la salute è un bene comune. La sanità pubblica italiana è fondata sui principi di universalità, equità e solidarietà, che però oggi rischiano di non essere applicati”.
Il papa ha inoltre ricordato: “Chi è chiamato a prendersi cura degli altri non deve trascurare di avere cura di sé. In questi ultimi anni la resistenza dei medici, degli infermieri, dei professionisti sanitari è stata messa a dura prova. Sono necessari interventi che diano dignità al vostro lavoro e favoriscano le migliori condizioni, affinché possa essere svolto nel modo più efficace”. E ha inoltre lanciato un appello a “non cadere nell’idea efficientista e nella medicina a pagamento“.
Infine una considerazione del papa che a qualcuno non è piaciuta: “L’Italia, purtroppo, è un Paese che invecchia. Speriamo che si possa invertire la tendenza, creando condizioni favorevoli perché i giovani abbiano più fiducia e ritrovino il coraggio e la gioia di diventare genitori. Forse questo non dovrei dirlo, ma lo dico: oggi si preferisce avere un cagnolino che un figlio. Il vostro compito è molto limitato, ma cresce quello dei veterinari! E questo non è un buon segnale”.
Parole, queste del papa, che hanno fatto insorgere i veterinari. “La società è cambiata, e anche le esigenze: cani e gatti sono diventati ormai indispensabili – osserva Zaccaria Di Taranto, a capo della Federazione Veterinari e Medici (FVM) e vice-segretario del Sindacato Italiano Veterinari Medicina Pubblica (SIVEMP), interpellato dall’Adnkronos -. Specie nelle grandi città, dove regna l’anonimato, sono un antidoto alla solitudine. Ormai anche nei ristoranti si porta il cane o il gatto. Sono pochi quelli che espongo il divieto oramai impopolare. Ed e vero, il nostro lavoro è cresciuto in modo esponenziale. Per rimanere nella battuta, per noi è tutt’altro che un brutto segnale”.
Anche l’Organizzazione internazionale protezione animali (OIPA) ha commentato le parole di Francesco: “Una delle varie esternazioni del papa che sembrano ritenere l’amore come limitato quantitativamente. Come se, dandolo a un animale, lo si tolga ad altri. Contrapporre i figli a cani e gatti rivela la poca empatia nei confronti degli animali di un pontefice che pure ha preso il nome di Francesco, come il Santo di Assisi che chiamava ‘fratelli’ e ‘sorelle’ tutte le creature”.
E ancora: “E’ evidente che per Francesco la vita animale è meno importante della vita umana. Ma chi sente che la vita è sacra ama la vita al di là delle specie. La presenza degli animali è preziosa nelle nostre esistenze. Si pensi agli animali che collaborano nella società, come il cane molecolare della Protezione Civile che ha trovato il corpo senza vita di Giulia Cecchettin”.
Redazione Nurse Times
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