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Obesità: dimagrire con una “gastroscopia” speciale, mettendo a tacere l’ormone della fame. L’esperienza pionieristica del Policlinico Gemelli

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L’obesità è un problema planetario, al punto che secondo la World Obesity Federation entro il 2035 oltre metà della popolazione mondiale sarà in sovrappeso o obesa. Fondamentale dunque mettere in campo tutti gli strumenti di prevenzione fin da giovanissimi. Ma anche dare risposte a chi è già alle prese con il problema.

E oggi non mancano certo le possibilità di trattamento, dalle terapie farmacologiche (analoghi recettoriali di GLP-1 e GLP-1/GIP), alla chirurgia bariatrica. Ma c’è anche una terza via, quella dell’endoscopia bariatrica, che sta guadagnando sempre più terreno, sia per l’accessibilità (anche in termini di risorse Ssn) che per la sua efficacia. E il Policlinico Gemelli è pioniere per questo tipo di interventi.

“La gastroplastica verticale endoscopica – spiega il professor Ivo Boskoski, associato di Gastroenterologica all’Università Cattolica del Sacro Cuore e dirigente medico della Uoc di Endoscopia digestiva chirurgica della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs – è una procedura mini-invasiva messa a punto per trattare in via endoscopica l’obesità. L’intervento determina una riduzione di volume dello stomaco (viene ‘ristretto’ praticando una ‘cucitura’ endoscopica) e un rallentato svuotamento gastrico, che conferisce un senso di ripienezza. Al Gemelli l’intervento viene proposto dal 2013; siamo stati i primi in Europa e secondi al mondo (prima di noi solo gli Usa)”.

Per il momento è indicato nei pazienti con obesità (dall’età pediatrica a quella geriatrica), cioè con indice di massa corporea (o BMI) superiore a 30. L’ultima edizione delle linee guida della Società italiana di chirurgia dell’obesità e delle malattie metaboliche (SICOB) prevede l’impiego dell’endoscopia bariatrica nelle persone con obesità di classe I (BMI tra 30 e 34,9 Kg/m2) e almeno una comorbidità associata e in pazienti con obesità di classe II (BMI ≥ 35), a prescindere dalla presenza o meno di comorbidità.

Le linee guida non si pronunciano invece né a favore né contro l’uso dell’endoscopia bariatrica nelle persone con sovrappeso (BMI tra 27 e 29,9 Kg/m2) e almeno una comorbidità associata, non controllato dalla terapia medica. Questa indicazione viene discussa caso per caso dal team multidisciplinare per il trattamento dell’obesità. Le linee guida congiunte ASGE/ESGE (Società di endoscopia gastrointestinale americana ed europea) pongono invece indicazione alla gastroplastica endoscopica (Endosleeve) per persone con BMI tra 27-29.9 e comorbidità (il professor Ivo Boskoski è coautore di entrambi i documenti).

“Presso il nostro Policlinico – spiega il professor Cristiano Spada, ordinario di Gastroenterologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità operativa di Endoscopia digestiva chirurgica della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs – l’indicazione all’intervento di gastroplastica verticale endoscopica viene posto dal team multidisciplinare del ‘Percorso Obesità’, che assegna in maniera personalizzata il miglior trattamento ad ogni singolo paziente”.

“La procedura endoscopica, che dura 25-30 minuti – continua il professor Boskoski -, viene effettuata in anestesia generale o in sedazione profonda; su un normale gastroscopio viene montata una suturatrice, con la quale si procede a ‘cucire’ dall’interno, escludendola, una parte dello stomaco; il ‘restringimento’ riguarda l’antro e il corpo dello stomaco, mentre viene risparmiato il fondo gastrico (perché la distensione del fondo gastrico con il cibo produce un senso di sazietà). Negli ultimi anni, grande successo ha avuto l’associazione di questo intervento alla terapia con GLP-1 agonisti anche a basse dosi (e anche con periodi di sospensione)”.

Con questo intervento si raggiunge tuttavia una riduzione di peso non superiore al 14-20% del BMI iniziale. “Più di recente dunque – prosegue Boskoski –  si è pensato di potenziare gli effetti sulla perdita di peso, associando all’intervento di gastroplastica verticale endoscopica anche l’ablazione termica della mucosa (GMA, Gastric Mucosal Ablation) del fondo dello stomaco”.

A questo livello sono infatti presenti le cellule entero-endocrine produttrici di ghrelina (l’ormone della fame), che nelle persone con obesità tendono ad essere “iperattive”. Una volta distrutta la mucosa del fondo gastrico (con argon plasma), nei pazienti sottoposti a gastroplastica verticale endoscopica la mucosa rigenerata è sana e potenzia gli effetti sulla perdita di peso, arrivando a -28% del BMI iniziale a 12 mesi e a -32% del BMI iniziale a 18 mesi. Sono i risultati preliminari di uno studio ancora in corso al Gemelli, effettuato su oltre 20 pazienti, che sarà pubblicato entro la fine dell’anno.

Ma nel frattempo la ricerca e i miglioramenti tecnologici non si arrestano. “Qualche giorno fa – ricorda Spada – siamo stati i primi al mondo a utilizzare la versione aggiornata di questa sonda laser (si chiama Moviva® e ha ottenuto il marchio CE) per l’ablazione della mucosa, che consente di trattare in maniera più veloce una superficie maggiore di mucosa gastrica. l’intervento è stato effettuato su una quarantenne con un BMI di 38. L’unione di queste due tecniche (la procedura di endoscopia bariatrica e l’ablazione della mucosa del fondo gastrico) ci consente di ottenere risultati, in termini di perdita di peso, paragonabili a quelli della chirurgia bariatrica tradizionale, ma con una tecnica mininvasiva”.

Redazione Nurse Times

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