L’obesità rappresenta un’emergenza sanitaria e sociale sia per il numero di vittime, in crescita costante, sia per i significativi costi che la malattia e le complicanze cardio-metaboliche ad essa correlate comportano per la comunità. Uno studio italiano, adesso, conferma l’efficacia della stimolazione magnetica transcranica per regolare l’equilibrio tra fame e sazietà.
Lo studio
Lo studio è stato da poco pubblicato sul Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases. Oltre a confermare l’efficacia della stimolazione magnetica transcranica (TMS) per il trattamento dell’obesità, ne dimostra l’interessante, e in parte inatteso, meccanismo d’azione a livello cerebrale. Lo studio è stato coordinato dal gruppo di ricerca guidato dal prof. Livio Luzi, Direttore del Dipartimento interpresidio di Endocrinologia, Nutrizione e Malattie Metaboliche di MultiMedica e Ordinario di Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con l’Università di Milano-Bicocca e con l’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi e il Gruppo San Donato.
La stimolazione magnetica transcranica è una delle tecniche di stimolazione neurale più impiegate nella cura delle dipendenze, come quelle da fumo o alcol. Si tratta di un trattamento non invasivo né doloroso, eseguito appoggiando sul cuoio capelluto un casco o una bobina che applica una sollecitazione elettromagnetica a regioni ben precise del cervello, generando a livello dei neuroni una microcorrente elettro-magnetica in grado di ripristinare gli equilibri alterati.
Nel 2019 uno studio aveva dimostrato l’utilità della TMS per favorire la perdita di peso negli obesi, senza tuttavia riuscire a spiegare in dettaglio i meccanismi neurofisiologici che ne sono alla base. La nuova ricerca pubblicata sulla rivista internazionale Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseases si è posta l’obiettivo non solo di confermare l’efficacia della TMS nel ridurre il desiderio di cibo nei soggetti obesi ma anche di spiegarne i meccanismi d’azione cerebrali. A questo scopo, è stata impiegata una sofisticata tecnica di indagine, la risonanza magnetica funzionale, che ha permesso di studiare l’attivazione e le connessioni di specifiche aree del cervello (coinvolte nella regolazione del comportamento alimentare), in risposta a stimoli visivi correlati al cibo, prima e dopo il trattamento con TMS.
Lo studio, randomizzato verso un finto trattamento (placebo) e in doppio cieco, è stato condotto su 17 pazienti (6 dei quali affetti da diabete di tipo 2), sottoposti a 3 sessioni di TMS a settimana, ciascuna di circa 30 minuti, per un totale di 5 settimane.
“Nel nostro studio abbiamo dimostrato come, attraverso una stimolazione elettromagnetica bilaterale della corteccia prefrontale, si attivi quella regione cerebrale, andando ad aumentare il controllo inibitorio sul consumo di cibo e, indirettamente, attraverso un aumento delle connessioni cerebrali della medesima area, a regolarizzare la produzione di dopamina” spiega Livio Luzi, coordinatore dello studio.
“Una volta trattato, il paziente non avrà più bisogno di cercare nel cibo la ricompensa e, dunque, mangerà meno – spiega Luzi – La risonanza magnetica funzionale, eseguita all’inizio e al termine della terapia, dopo 5 settimane, ha confermato questa attivazione della corteccia prefrontale e il ritorno del metabolismo alla normalità, con una significativa riduzione di peso nei soggetti sottoposti a TMS e un effetto del trattamento che si protrae per diversi mesi”. “Ma non è tutto – prosegue il prof. Luzi – Rispetto all’ipotesi inziale, lo studio ha messo in luce un altro dato importante e inaspettato: la stimolazione transcranica provoca contemporaneamente anche una inibizione della corteccia visiva, che porta il cervello a escludere la visione di cibi appetitosi verso i quali il paziente aveva sviluppato una forma di dipendenza.
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Fonte: insalutenews.it
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