«Senza infermieri di famiglia, durante il Covid, ricoveri e sanità ordinaria hanno pagato a caro prezzo lo scotto dell’emergenza»
Così il Presidente del Sindacato Nazionale Infermieri: «Da tempo abbiamo denunciato e lanciato appelli, sistematicamente inascoltati, sulla necessità di assumere professionisti per sostenere un fragile sistema, che fa acqua da tutte le parti. Per prendere per mano il cittadino anche al di fuori della realtà ospedaliera. Dove stiamo andando? Quale futuro per la sanità territoriale senza quel personale qualificato che una legge ci aveva promesso da tempo?»
ROMA 2 GIUGNO 2021 – «Constatiamo, con grande amarezza, e non ne siamo certo soddisfatti, che le nostre previsioni hanno trovato riscontro nei recenti dati della Corte dei Conti: durante il Covid, il peso dei ricoveri nelle terapie intensive e le difficili situazioni dei pronto soccorsi ogni giorno allo stremo, legate anche alla cronica carenza di personale, hanno agito come un boomerang sulla sanità ordinaria e sulle cure ambulatoriali».
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.
«La Corte dei Conti evidenzia, nel suo report, che sono stati registrati ben 747mila ricoveri in meno nelle aree non Covid, e inoltre, ben 145 milioni di prestazioni ambulatoriali in meno, delineano il quadro desolante di una sanità italiana con molte criticità, le cui lacune sono state messe a nudo da un virus che ha obbligato a concentrare le già scarse energie sui pazienti infetti, chiudendo reparti su reparti, anche a causa di quel triste picco di 80-85 mila infermieri mancanti all’appello solo nel SSN.
In tutto questo appare evidente che, al di di fuori della realtà ospedaliera, avevamo bisogno come il pane di quel progetto degli infermieri di famiglia, quello che il Governo prima ha promosso con squilli di tromba, arrivando anche a promuovere una legge ad hoc, e che poi ha lasciato che si realizzasse solo in minima parte.
Avevamo chiesto a gran voce, con ripetuti appelli purtroppo inascoltati, al Governo e alla Conferenza delle Regioni, che dopo l’approvazione della legge per l’assunzione degli infermieri di famiglia, le circa 9600 unità di professionisti previste dalla nuova normativa, di per se già poche, fossero inserite da subito in pianta stabile nelle realtà sanitarie locali, per fronteggiare nel migliore dei modi, con un concreto sostegno alla sanità territoriale febbricitante da tempo, l’esplodere dei ricoveri, nel pieno dell’emergenza pandemia.
Tutto questo non è accaduto, il Governo e le Regioni ancora una volta hanno mostrato “il braccino corto” nel momento più importante.
I dati della Corte dei Conti sono schiaccianti ed evidenziano che stiamo camminando, anzi correndo, contro mano, su un’autostrada, a bordo di un veicolo con i freni difettosi.
Eppure le occasioni non mancano, ancora oggi, per poter rimediare alle azioni disastrose del recente passato. Gli infermieri di famiglia, adesso più che mai, vanno inseriti in modo capillare, da nord a sud, con un solido piano di rilancio della sanità territoriale.
Il nuovo PNRR del Governo Draghi, l’atteso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, dovrebbe dare impulso, la nostra speranza è questa, a una concreta riforma della sanità territoriale, un salto di qualità indispensabile da mettere in atto, alla luce di un aumento consistente delle risorse, con la dote per l’assistenza domiciliare che sale ufficialmente fino a 4 miliardi di euro.
Siamo di fronte ad una occasione da non perdere per il futuro del nostro Sistema Sanitario: ora che finalmente ci sono più fondi a disposizione, Governo e Regioni devono camminare di pari passo e pianificare da subito un piano strategico che si traduca in una missione di rilancio che non può e non deve conoscere tentennamenti di alcun genere.
L’Infermiere di famiglia, lo ripetiamo, alla luce del nuovo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, è una occasione unica. Ora ci aspettiamo le idee, le iniziative, i fatti: e non la politica dei soli buoni propositi.
Al Governo tocca il compito doveroso di pianificare azioni in sintonia con la realtà regionali, adesso è inevitabile, non ci sono più prove di appello.
Serve una Convenzione nazionale per l’infermiere di famiglia. Sarebbe inimmaginabile un contratto analogo a quello dei dipendenti del Ssn, che non è certo funzionale alle attività che questa figura andrà a svolgere.
E se da un lato, le Rsa e le strutture private hanno bisogno come il pane degli infermieri dipendenti, dall’altra occorrono assunzioni capillari anche nella sanità pubblica, in un piano strategico lineare che preveda, il rafforzamento delle realtà ospedaliere, il supporto di quelle private sempre più bisognose di ossigeno, offrendo in tutto questo alla sanità italiana la figura chiave dell’infermiere di famiglia, quella che con la sua professionalità snellirà i ricoveri, offrirà sostegno ai cittadini bisognosi di assistenza e cure, garantirà finalmente la prevenzione nelle scuole», conclude De Palma.
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