Nel seguente comunicato stampa le riflessioni di Antonio De Palma, presidente nazionale del sindacato Nursing Up.
Il 19esimo Rapporto CREA Sanità non rappresenta solo lo specchio fedele, frutto di una solida e accurata ricerca, del preoccupante e deficitario “stato di salute” del nostro sistema sanitario. Quanto emerge deve costituire, per tutti noi, nessuno escluso, un severo monito per comprendere che la condizione di gravità della sanità italiana non concede deroghe, non può attendere.
Tutti, ognuno con le proprie competenze, dobbiamo fare le nostra parte per uscire fuori dal buio tunnel in cui siamo finiti. Gli esponenti della politica, Governo e Regioni in primis, smettano di fare proclami e di far credere alla collettività che hanno nelle mani la medicina per curare tutti i mali del nostro sistema sanitario, e che soprattutto stanno mettendo in pratica azioni risolutive che altri, prima di loro non sono stati capaci di realizzare.
I dati del Rapporto CREA 2024 sono inequivocabili e allarmanti. Prima di tutto siamo alle prese con un gap che somiglia tanto ad una voragine, ci riferiamo a quello che ci differenzia in negativo, a livello di investimenti nella spesa sanitaria, rispetto agli altri Paesi Ue. E senza risorse, sia chiaro, non si va da nessuna parte. Numeri schiaccianti: ben 15 miliardi di euro servirebbero per colmare la differenza con le altre nazioni a livello di spesa sanitaria: un abisso!.
E poi ecco la questione della cronica carenza di personale, con la mancanza di infermieri, sia chiaro una volta per tutte, che rappresenta il problema di maggiore evidenza, a livello numerico, da affrontare. Mancano insomma prima di tutto gli infermieri!
Il Rapporto CREA di quest’anno utilizza un metodo differente, che ovviamente riportiamo ed analizziamo ma che ci sentiamo di non condividere a pieno. Nei due anni precedenti CREA si era sempre rapportata, in relazione alla carenza di personale, agli standard europei, evidenziando nella relazione di due anni fa, il Rapporto 17, e in quello dello scorso anno, il Rapporto 18, che mancavano all’appello ben oltre 200mila infermieri, sia in relazione agli standard europei, sia in relazione al costante aumento del fabbisogno della popolazione.
Ora invece ha rivisto il proprio metodo, abbandonando il confronto con gli altri paesi d’Europa, per passare il depauperamento degli organici rispetto ai bisogni della collettività, parametro che, a nostro parere, partendo dall’anno 2003 come riferimento base, periodo peraltro già caratterizzato da gravi carenze di organico, non consente di delineare un quadro di maggiore aderenza dei dati alla realtà delle esigenze fattuali odierne nelle aziende sanitarie, come quello che invece discende dal metodo di confronto con le altre realtà europee.
Ricordiamo che gli altri Paesi, pur avendo adottato metodi tra loro differenti per la valutazione della carenza di personale, propongono cifre sostanzialmente omogenee, che vengono considerate dai corpi intermedi in linea con i reali fabbisogni dei sistemi sanitari.
Nel 19esimo rapporto CREA, quello di quest’anno, invece, il dato che si legge, legato oltre tutto agli over 75, e indicato in poco più di 60 mila unità, che, a nostro avviso, rappresenta una cifra decisamente sottostimata. Per quanto infatti, ogni Paese abbia, a livello di sistema sanitario, le proprie peculiarità, non si può non tenere conto di cosa accade intorno a noi e di come gli altri Paesi in Europa affrontano le nuove sfide della sanità.
Per quanto ci riguarda, pur nel rispetto della “evoluzione delle cifre”, non possono non tenersi in considerazione, anche i precedenti report di Crea, o i report come quello di Agenas, con cui viaggiamo in sostanziale sintonia, dove si legge che la carenza di infermieri in Italia non è inferiore alle 150mila unità.
Insomma, dove stiamo andando? Che speranze abbiamo di vincere le nuove sfide della sanità e di tutelare in modo sempre più efficace la salute della nostra collettività, la nostra, senza massicci investimenti, negli uomini, nelle strutture fuori e dentro gli ospedali, e nell’organizzazione?
Il Rapporto CREA Sanità ci rivela, in modo inequivocabile, che siamo diventati la Cenerentola d’Europa. A livello di retribuzione, quelle dei medici si collocano nella media Ue, ma lo squilibrio tra gli stipendi della dirigenza medica e quelli dei nostri professionisti dell’assistenza, lo denunciamo da tempo, cresce sempre di più. Ci viene in mente un detto antichissimo: “Senza Denari non si canta messa”.
Ovunque c’è necessità di personale, ma altrove ci si rimbocca le maniche per trattenere i professionisti migliori e si pesca a piene mani da nazioni come la nostra, dove abbondano le eccellenze pronte a fare la valigia, per approdare laddove, oltre a retribuzioni più dignitose, rapportate alle crescenti elevate responsabilità e alle solide competenze, esistono prospettiva di carriera e maggiore tutela della propria vita di persone, prima che di professionisti.
Secondo il Rapporto CREA gli stipendi degli infermieri hanno differenze retributive, a parità di potere d’acquisto, con quelli annuali in Germania, Svizzera e Regno Unito rispettivamente del 56%, 46,2% e 20% in meno. Siamo di fronte a numeri che rischiano di affossare definitivamente la credibilità di una professione che potrebbe perdere sempre più appeal agli occhi di chi deve intraprendere il nostro delicato percorso di studi. E noi di infermieri abbiamo bisogno come il pane!
Alla fine, leggendo gli autorevoli dati del Rapporto Crea, ci sembra quasi di ritrovarci su una fragilissima scala di vetro. Si vede il fondo in trasparenza, ma è come poggiata su una enorme voragine. Su questa scala ci camminano, contemporaneamente, ogni giorno, cittadini, tra cui malati, soggetti fragili, anziani e anche noi stessi, i professionisti chiamati a sorreggerli, ricordando che noi siamo anche potenziali malati e pazienti, o comunque prima o poi lo saremo.
Ebbene, questa scala di vetro è fragilissima. Il rischio reale è che si sgretoli sotto i nostri piedi. E a quel punto potremmo cadere nel vuoto uno per uno. No, non è affatto retorica e non c’è esagerazione, non vuole essere una visione catastrofica. Le soluzioni per risalire la china ci sono e come, ma senza un sistema sanitario solido ed efficace, appare chiaro che il futuro di tutti noi si annuncia come un continuo incedere sui carboni ardenti.
Redazione Nurse Times
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