I ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma, in seguito allo studio sulle apolipoproteine e rischio cardiovascolare, sono giunti ad una conclusione che potrebbe portare una modifica delle linee guida per la rilevazione del rischio e fornire nuovi criteri per attuare un trattamento precoce al fine di ridurre i tassi di morbilità e mortalità.
Le apolipoproteine, componenti delle lipoproteine plasmatiche deputate al trasporto di colesterolo e trigliceridi, sono chiamate in causa nella valutazione del rischio cardiovascolare, soprattutto per quanto riguarda le apolipoproteine B (apoB) componenti della lipoproteina a bassa densità (LDL “low density lipoproteins” o colesterolo “cattivo”).
Meno chiaro è invece il ruolo delle apolipoproteine A (apo A-1), componenti della lipoproteina ad alta densità (HDL “high density lipoproteins” o colesterolo “buono”).
Secondo i ricercatori svedesi andrebbero considerati entrambi i fattori apoB/apoA-1 e il rapporto tra di loro per avere una indicazione sull’equilibrio di aterosclerosi e le particelle protettive che lo rallentano.
Gӧran Walldius, autore e professore emerito presso l’Istituto di Medicina ambientale, Unità di Epidemiologia del Karolinska Institutet ha dichiarato: “I risultati del nostro studio mostrano che più alto è il valore di apoB/apoA-1, maggiore è il rischio di infarto miocardico, ictus e malattia coronarica. Il rischio è amplificato in presenza di bassi livelli protettivi di apoA-1.”
Il rapporto apoB/apoA-1 come indicatore di rischio cardiovascolare
Basandosi su un ampio database (AMORIS), i ricercatori hanno considerato analisi di laboratorio e diagnosi cliniche di 137mila uomini e donne svedesi di età compresa tra 25 e 84 anni.
Nell’arco di 30 anni, 22.000 soggetti di questa popolazione hanno avuto qualche evento cardiovascolare. Le persone con i valori più alti di apoB/apoA-1 rispetto a quelle con valori più bassi avevano un rischio di malattie cardiovascolari gravi maggiore del 70% e quasi il triplo del rischio di infarto miocardico non fatale. Inoltre, le persone con il quoziente di rischio più elevato erano anche colpite da gravi malattie cardiovascolari, molti anni prima rispetto a soggetti con i valori di apoB/apoA-1 più bassi.
In sintesi, secondo gli Autori di questo studio “il livello di apoB/apoA-1 è un indicatore migliore per identificare persone a rischio di future malattie cardiovascolari rispetto al solo apoB. Questo indicatore potrebbe essere importante per iniziare un trattamento precoce nei soggetti a rischio”. Secondo il professor Walldius: “dovrebbe essere possibile introdurre valori soglia per apoB/apoA-1 e per il rapporto apoB/apoA-1 come complemento alle attuali linee guida sulla diagnosi ed il trattamento delle dislipidemie”.
In questa ricerca, pubblicata su PLOS Medicine, il calcolo del rapporto apoB/apoA-1 rispecchia fedelmente il bilancio tra particelle di colesterolo LDL e HDL, offrendo una valutazione del rischio molto più accurata.
Redazione NurseTimes
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