Riceviamo e pubblichiamo un comunicato redatto dalla Federazione degli infermieri.
Nove diritti per garantire, oltre alle cure, il rispetto della dignità e il supporto religioso e spirituale per chi si trova nella fase finale della vita in strutture sanitarie. È il fulcro del Manifesto interreligioso dei diritti nei percorsi di fine vita, che la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche, di cui fanno parte gli oltre 450mila infermieri che operano in Italia (oltre il 40% di tutti gli operatori sanitari, il maggior ordine professionale del Paese), ha ufficialmente sottoscritto – primo Ordine delle professioni sanitarie – alla presenza del presidenti di tutti gli Ordini provinciali, riuniti a Roma per l’ultima verifica del loro nuovo Codice deontologico.
Il Manifesto è nato per la prima volta da un lavoro che ha coinvolto in oltre un anno di attività i professionisti attraverso una consultazioni online, gli Ordini, bioetici, giuristi, associazione delle persone portatrici di patologie e, appunto, i rappresentanti di tutte le religioni. I diritti vanno garantirti non solo nei centri di cure palliative, ma anche negli ospedali, nei Pronto soccorso. Un lavoro delicato quanto importante, un traguardo frutto di una particolare sensibilità nei confronti del dialogo interreligioso in ambito sanitario. Creare un percorso che porti a impegni concreti è l’obiettivo del documento, importante punto di arrivo di un percorso pienamente condiviso con le confessioni religiose che rende possibile la trasformazione dei nove diritti sottoscritti in procedure operative.
“La nostra professione si realizza nell’incontro con l’assistito, indipendentemente dal credo religioso, politico e dalle questioni di genere – ha dichiarato Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi –. Nel momento del fine vita gli infermieri sono i più presenti accanto alle persone, di qualunque estrazione religiosa, culturale o etnica esse siano, assolutamente senza alcuna distinzione e, anzi, sempre con maggiore qualificazione, formazione e appropriatezza. Per dare applicazione a questo importante Manifesto bisogna dotarsi di concreti strumenti di lavoro, e noi infermieri stiamo già facendo la nostra parte, ad esempio, sul fronte delle cure palliative, il cui accesso deve essere un diritto imprescindibile da tutelare in ogni sede”.
Questo, invece, il commento di Maria Angela Falà, presidente Tavolo interreligioso di Roma, tra gli esperti che hanno partecipato alla revisione del nuovo Codice degli infermieri: “La morte non è un atto che accade e finisce lì. Spesso è un percorso. Ora i diritti devono diventare azioni, con la formazione negli ospedali di persone che siano capaci di farli rispettare”.
Infine Angelo Tanese, direttore generale dell’Asl Roma 1, tra i promotori dell’iniziativa insieme all’Università Cattolica del Sacro Cuore e al Tavolo interreligioso di Roma, ha spiegato: “Questo Manifesto è il risultato di un lavoro condiviso, che mette al centro il rispetto della persona e che si pone come punto di riferimento per realizzare e sostenere nuove iniziative volte a promuovere un percorso che sia modello di accoglienza, sostegno e rispetto del credo religioso di ciascuno, replicabile in altre realtà sanitarie”.
Ecco i nove punti di cui si compone il Manifesto:
Diritto di disporre del tempo residuo
Ogni persona ha il diritto di conoscere ed essere reso consapevole del suo percorso di cura e del possibile esito, secondo i protocolli terapeutici più aggiornati, affinché possa gestire la propria vita in modo qualitativamente soddisfacente, anche in relazione alla propria spiritualità e fede religiosa.
Diritto al rispetto della propria religione
Ogni persona ha il diritto di comunicare la propria fede religiosa alla struttura sanitaria affinché possa essere rispettata, in conformità alla normativa sulla privacy.
Diritto a servizi orientati al rispetto della sfera religiosa, spirituale e culturale
Ogni persona ha il diritto di usufruire di servizi rispettosi della sua sfera religiosa, spirituale e culturale, compatibilmente con le possibilità organizzative. A tal fine la struttura sanitaria deve promuovere adeguati percorsi informativi e formativi per gli operatori.
Diritto alla presenza del Referente religioso o Assistente spirituale
Ogni persona ha diritto di avere accanto il proprio Referente religioso o Assistente spirituale cui sia garantito l’accesso, compatibilmente con l’organizzazione dei servizi sanitari.
Diritto all’assistenza di un mediatore interculturale
Ogni persona ha il diritto nel percorso di fine vita di potersi avvalere di un mediatore interculturale o altra persona competente autorizzata, il cui intervento viene favorito dalla struttura sanitaria.
Diritto a ricevere assistenza spirituale anche da parte di Referenti di altre fedi
Ogni persona ha il diritto di chiedere, qualora l’Assistente spirituale della propria fede non fosse disponibile, l’assistenza da parte di un Referente di altra fede.
Diritto al sostegno spirituale e al supporto relazionale per sé e per i propri familiari
Ogni persona ha il diritto di ricevere all’interno della struttura sanitaria il sostegno spirituale e il supporto relazionale per sé e per i propri familiari.
Diritto al rispetto delle pratiche pre e post-mortem
Ogni persona ha diritto al rispetto delle pratiche pre e post mortem previste dalla religione di appartenenza. La struttura sanitaria è tenuta a conoscere tali pratiche, a formare adeguatamente il proprio personale e a creare le condizioni perché queste pratiche possano essere realizzate, in conformità con la normativa vigente.
Diritto al rispetto reciproco
Ogni diritto porta come conseguenza il dovere di ognuno di rispettare il credo religioso degli altri, siano essi pazienti, familiari o personale di cura.
Il Manifesto è stato sottoscritto anche da: Centro Islamico Culturale d’Italia, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la Diocesi Ortodossa Romena d’Italia, l’Hospice Villa Speranza – Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, l’Unione Buddhista Italiana, l’Unione Comunità Ebraiche Italiane, l’Unione Induista Italiana, l’Unione Italiana Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno, il Vicariato di Roma, l’AVO (Associazione Volontari Ospedalieri), il CSV Lazio (Centro Servizio per il Volontariato), Cittadinanzattiva – Tribunale per i Diritti del Malato, un operatore sociosanitario in rappresentanza della categoria.
Redazione Nurse Times
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