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Non chiamatela clownterapia

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Hunter “Patch” Adams è un uomo altissimo.

A differenza del compianto Robin Williams che nel ’98 lo ha interpretato nel film, il vero Adams appare ai bambini come un gigante sorridente e colorato. Tanto quanto ingombrante e scomodo a quelli contro i quali lotta da tutta la sua vita. Quelli che considerano folli le sue idee, inattuabili i suoi sogni, buffonate i suoi metodi. Eppure Patch Adams con i suoi lunghi capelli bianchi e blu sta combattendo una battaglia per un mondo migliore. E va in giro colorato perché i colori non sono il nemico. Non è un Don Chisciotte.

I suoi demoni non sono mulini a vento. Sono l’ambiente in pericolo invece, la diffusa assenza di coraggio, la mancanza di dottori che si prendano cura del paziente, il poco amore e la poca compassione, la mancanza di strutture sanitarie sensate. I suoi nemici diretti sono la televisione, la superficialità, l’ignoranza, il meccanismo economico e sociale, il capitalismo e il consumismo.

Le sue armi restano l’ottimismo e la forza di credere in qualcosa che, realizzabile o meno, gli ha dato la spinta per fare della sua vita, una vita fiera. “Ho 70 anni e i miei sogni, le mie visioni, mi hanno dato sempre grande energia. E’ bello svegliarsi la mattina sapendo perché”, ha detto in un’intervista rilasciata a Repubblica a Katia Riccardi. Al film nessun accenno.

Nonostante l’abbia fatto conoscere al mondo e per questo ne sia grato, il ritratto cinematografico lui non l’ha mai considerato fedele e spesso ha ripetuto che “Williams, per fare me, e anche in modo contestabile, ha guadagnato 21 milioni di dollari. Se fosse stato un po’ più simile al vero me, quei soldi li avrebbe donati all’ospedale che tentiamo di costruire da 45 anni. Da lui non sono arrivati neanche 10 dollari”.

Sul primo edificio dell’ospedale, che sorgerà a Pocahontas nel West Virginia all’interno del “Gesundheit! Institute” di cui Adams è presidente e fondatore, sarà poggiato il tetto in estate. “E’ una vittoria! Quando ho cominciato a progettare un ospedale in cui pazienti e dottori vivono insieme, con cure gratuite, sorrisi e disponibilità, pensavo che ci avrei impiegato 4 anni. Ne sono passati 45 …”, ha aggiunto con un sorriso da vera “cheer leader” come si è definito, ragazza pon-pon.

Sapendo di essere niente di più lontano. Patch continua a cercare fondi per realizzare il suo ospedale. Ascoltare il malato, seguirlo nel suo percorso di cura, avere tempo da dedicargli. Questa è la professione del medico. “Ma ora non è più così”, ha detto. “Ora viviamo in un mondo pronto all’estinzione della nostra specie, dove è venuto completamente a mancare il rapporto tra paziente e medico. I dottori sono sempre più spesso assicurati da compagnie che gli eviteranno eventuali problemi col paziente. Questo mina la fiducia che deve esserci alla base. Oggi i dottori sono impazienti, e i pazienti disillusi”. Al malato oggi non è richiesta più solo pazienza, ma sopportazione.

Fondatore della clownterapia, Adams ha spiegato di non aver idea di cosa sia la clownterapia, oltre una parola che sminuisce un concetto. “Il clowning è un contesto per tirare fuori l’amore – ha spiegato Patch Adamsin ogni situazione. Ora ci sono professionisti, clown dottori. Ma non devono esserci regole che impediscano agli altri di portare gioia negli ospedali. Per farlo non è necessario avere un diploma. E’ importante portare amore e humor a un paziente – ha precisato – ma non basta. Fare business sulla clownterapia è come fare business farmaceutico. La parola ‘terapia’ sminuisce tutto, non mi piacciono termini come musicoterapica, danzaterapia e cose del genere”.

Provocatorio e irriverente, Adams non ha risparmiato parole contro l’amministrazione Obama, così come in passato ne aveva spese contro quella di Bush. “Barack Obama è una brava persona ma non ha ancora capito che le cose potrebbe cambiarle veramente, perché è il presidente del Paese più potente del mondo”.

Attivo in più di 65 Paesi al mondo, tra i quali Cile, Perù, Afghanistan e Cambogia, Patch ora insegna. Per lo più sul campo. “Tutto il mondo è in grande sofferenza, c’è bisogno di giustizia e pace. L’amore è un concetto che si è perso. Non è solo un sentimento, non è una bella sensazione nella pancia, ma una materia complessa, intelligente e importante – ha continuato – Bisognerebbe insegnarlo nelle scuole, un’ora al giorno, cinque giorni a settimana, per tredici anni, come la matematica. Io intanto insegno ai dottori la cura del malato. L’assistenza e la compassione. Elementi necessari, come le medicine, più delle medicine. La soluzione a una malattia non può essere in una pillola”, e infatti non lo è. “Nei primi 12 anni del progetto pilota – ha aggiunto – ho visitato circa 15mila persone nel mondo e non ho mai prescritto uno psicofarmaco”.

Il suo sorriso nasce dal dolore. La sua visione della cura nasce da un tentativo di suicidio e tre ricoveri nei ‘vecchi’ manicomi.

Il suo rapporto coi bambini nasce dalla sicurezza che sua madre gli ha saputo dare. Il suo amore per l’essere femminile nasce dalla profonda conoscenza di quello maschile. I suoi colori nascono dal buio. Non chiamatelo clown, non lo è affatto.

Fonte: www.repubblica.it

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