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Monza, infermiere alla gogna: non ha pulito il vomito

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Monza, infermiere alla gogna: non ha pulito il vomito
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Che i media, i cittadini, i dirigenti e anche molti colleghi non conoscano le competenze, le responsabilità degli infermieri e i limiti della decenza professionale è oramai da tempo immemore un dato di fatto, ma… Così non sarà un po’ troppo?

“Il San Gerardo chiede scusa. Paziente lasciato per tutta la notte nel suo vomito. La dirigenza ospedaliera ha richiamato l’infermiere negligente”. È questo l’ultimo grande titolo sbattuto in prima pagina che esalta la professione infermieristica e la rende assai credibile agli occhi dei pazienti, delle altre professioni, degli operatori sanitari e di sé stessa. Lo ha partorito Il Giornale di Monza in data 3 agosto 2018.

Già, perché l’infermiere, da buon sguattero che si rispetti, “pulisce il pavimento” e “rimuove le lenzuola”. Media, cittadini, dirigenti e anche molti colleghi infermieri (purtroppo) ne sono assolutamente convinti, in barba alle reali competenze/responsabilità di quella che dovrebbe essere una professione (ma che lo è, di fatto, solo davanti ai giudici…) e ai limiti della decenza professionale.

Per enfatizzare la tragicità della vicenda, l’autore dell’articolo racconta come il paziente, operato di tumore benigno al primo dito della mano sinistra, passò tutta la notte “immerso” nel suo vomito senza che nessun infermiere (…) passasse a pulire il pavimento e rimuovere le lenzuola.

“Immerso”. Da dove diavolo era arrivato tutto questo mare di vomito, così imponente da immergere (sarà mica una poco credibile esagerazione…?) per intero o quasi l’utente, visto che i pazienti che devono subire interventi di elezione devono arrivare digiuni? Mistero.

Per carità, capiamo il disagio di lui e della sua famiglia, ma… È del tutto ingiusto addebitare l’omessa pulizia alberghiera all’infermiere, soprattutto in questo periodo dove, almeno in teoria, la figura è investita, più o meno consapevolmente, da una professionalizzazione e alcune conquiste culturali davvero non indifferenti.

Il giornalista, col fine di gettare acqua sul fuoco, assicura con toni perentori che l’infermiere, quasi fosse un bambino vivace sorpreso a fare chissà quale marachella, è stato prontamente bacchettato dai vertici della ASST e “sollecitato a essere più tempestivo”. Da bravo e sprovveduto factotum per come, assai probabilmente, lo intendono.

Perché fu la sorella del paziente, recatasi presso la stanza di degenza alle 6 di mattina, a pulire il vomito dal pavimento e a rimuovere gli effetti letterecci imbrattati. Cosa che, secondo tutti, ASST inclusa, avrebbe dovuto fare l’infermiere; invece di dedicarsi, cosa che capita assai di rado, alle sue reali competenze e responsabilità. Di cui, lo ribadiamo, non fa parte l’assistenza alberghiera (fatta di mansioni manuali ed elementari e perciò estranee alle funzioni infermieristiche, come sottolinea la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 24293/2008).

L’AADI, Associazione Avvocatura di Diritto Infermieristico, “invita l’infermiere richiamato a contattare l’associazione perché venga tutelato nelle sedi opportune, naturalmente gratuitamente, perché quanto è avvenuto lede l’immagine e la dignità di tutta la categoria infermieristica stanca di sopperire a carenze ormai divenute strategiche e quindi dolose”.

Per l’associazione, come riportato in un esauriente articolo sulla questione (VEDI), Chiedere scusa alla famiglia del paziente gettando fango sull’infermiere è stata la scelta più facile e sbrigativa: avrebbero dovuto chiedere scusa per l’assenza del personale O.S.S. invece di denigrare la professione infermieristica”. E ancora: L’infermiere non è lo sguattero del reparto; l’assistenza va erogata con professionalità e ordine, non alla buona come se ancora fossimo sotto le bombe della seconda guerra mondiale. Pertanto, con una diffida, rinviamo al direttore generale la negligenza imputata al collega e invitiamo il presidente della Regione Lombardia a rimuovere dall’incarico il direttore generale che, invece di assumersi le proprie responsabilità, alla stregua della elevata retribuzione che percepisce, scarica la propria ignoranza sulla declaratoria delle qualifiche funzionali, sull’ingenuo infermiere che, sicuramente, per primo ignorante delle proprie competenze, si sarà pure giustificato”.

E forse è proprio questo il problema più grande, cronico e che appare come insormontabile per un’intera categoria che vorrebbe diventare una professione vera: l’ignoranza.

Per chi ancora non sapesse chi è l’infermiere (o meglio, chi dovrebbe essere) e cosa dicono le leggi dello Stato e le sentenze (che non sono opinabili!) a tale proposito, vi consigliamo di leggere l’esauriente excursus compilato dall’AADI sul suo sito (VEDI) e che riportiamo qui:

Il Decreto 14 settembre 1994, n. 739 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 09 gennaio 1995, n. 6 – Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere – che ha eliso la parola “ausiliario” nella definizione di infermiere, all’art. 1, comma 3, paragrafo f) recita: “Il ministro della Sanità dispone che … L’infermiere per l’espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell’opera del personale di supporto” e non che “si avvale, ove presente o se presente o se l’amministrazione provvede, del personale di supporto”.

La presenza del personale di supporto è, quindi, necessaria nel servizio affinché l’infermiere, “responsabile dell’assistenza generale infermieristica” – (art. 1, co. 1 succitato), pianifichi e gestisca gli interventi assistenziali anche igienico-domestico-alberghieri. Difatti il Decreto del Presidente della Repubblica 28 settembre 1987, n. 567 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 11 febbraio, n. 34) – all’art. 8, “Turnazioni”, al paragrafo d) stabilisce che: “Il ricorso al lavoro su turni presuppone la distribuzione del personale nei vari turni, ripartito sulla base delle professionalità che devono essere presenti in ciascun turno, con assoluta preminenza, quindi nell’interesse dell’amministrazione su ogni altro”.

Ad adiuvandum, il D.Lgs. 26.11.1999 n. 532 a norma dell’art. 17, co. 2, L. 05.02.1999 n. 25, all’art. 11, comma 1, recita: “Durante il lavoro notturno il datore di lavoro assicura un livello di servizi equivalente a quello previsto per il turno diurno” e il Decreto Legislativo 8 aprile 2003, n. 66, all’art. 14, co. 2 che: “Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa informativa alle rappresentanze sindacali di cui all’articolo 12, un livello di servizi o di mezzi di prevenzione o di protezione adeguato ed equivalente a quello previsto per il turno diurno”.

La legge 26 febbraio 1999 n. 42 ha abrogato il mansionario dell’infermiere professionale (D.P.R. 14 marzo 1974 n. 225) ed ha abolito nella denominazione della professione infermieristica l’appendice “ausiliaria” rendendola al pari del medico, professione sanitaria così come prevedeva già l’art. 2229 C.C. quale professione intellettuale.

Detto articolo del codice civile, applicabile all’infermiere grazie agli artt. 99 e 100 del T.U. delle Leggi Sanitarie, permette di introdurre l’infermiere nel novero delle locatio operarum cioè delle professioni intellettuali e non nelle locatio operis, quali l’OTA o l’OSS che svolgono attività prevalentemente esecutive e manuali.

Per professioni intellettuali si intendono quelle che, seppur la prestazione si concretizzi in un fare materiale, si fondano su conoscenze teoriche o tecniche evolute che rendono l’atto una conseguenza di un processo mentale basato su principi e metodologie scientifiche.

In poche parole, usando la terminologia della Suprema Corte di Cassazione, le attività elementari non possono essere attribuite ad una professione intellettuale, soprattutto se la legge prevede a tutela della sua genuinità, uno specifico reato proprio (abusivismo), perché si fonda sul conseguimento di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato.

Comunque già il D.P.R. n. 225/74 prevedeva, nella figura dell’infermiere professionale, una elevata competenza e professionalità (per questo si è voluto chiamare questo infermiere col termine di professionale) che non annoverava mansioni meramente esecutive.

Difatti all’art. 6 del D.P.R. succitato, l’infermiere generico soccombeva alle necessità igienico-domestico-alberghiere del paziente.

Al comma 2 del D.P.R. de quo si legge: “assistenza completa al malato, particolarmente in ordine alle operazioni di pulizia e di alimentazione, di riassetto del letto e del comodino del paziente e della disinfezione dell’ambiente …”.

Quindi, lo svolgimento di prestazioni di assistenza completa (cioè igiene, aiuto nel cambio della biancheria, riassetto del letto, uso di padelle e pappagalli ovvero aiuto nelle operazioni fisiologiche, ecc.), ad opera dell’infermiere diplomato, costituiva già nel 1994, un grave pregiudizio alla professionalità e, certamente, una violazione dell’art. 2103 C.C. ovvero del D.P.R. n. 761/79 che vietano lo svolgimento di mansioni inferiori. Benché l’art. 1, co. 1 del D.P.R. citato prevedesse per l’infermiere professionale “assistenza completa all’infermo;”, la presenza del “punto e virgola” alla fine del periodo, vale a concludere esegeticamente il singolo precetto, per cui la norma è stata interpretata dalla dottrina, come esclusiva responsabilità funzionale e non esecutiva dell’infermiere professionale; cioè la legge assegnava al professionale, esclusivamente, il compito di vigilare e affidare queste incombenze al “personale alle proprie dipendenze”, proprio come cita lo stesso articolo.

Tale interpretazione è stata accolta da prestigiosa dottrina (V. prof. Avv. Nicola Ferraro docente dell’Università Federico II di Napoli e Prof. Avv. Salvatore Carruba dirigente Istituto Superiore di Sanità Roma), nonché dalla giurisprudenza in materia tra cui Suprema Corte di Cassazione, sent. n. 1078, RG n. 9518/80, Cron. 2210 del 09 febbraio 1985, che ha statuito: “Non compete all’infermiere, ma al personale subalterno, rispondere ai campanelli dell’unità del paziente, usare padelle e pappagalli per l’igiene del malato e riassettare il letto” (nella causa de qua, l’ausiliaria che si era rifiutata di svolgere queste mansioni attribuendole erroneamente all’infermiere, è stata licenziata e la Suprema Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento per inadempimento contrattuale così come avevano già fatto i giudici di prime cure e di appello).

La legge 10 agosto 2000 n. 251 stabiliva l’apertura delle classi universitarie per il conseguimento della laurea in Infermieristica e le relative specializzazioni e master. Il C.C.N.L. Comparto Sanità 1998-2001 individua nella categoria C e successivamente nella categoria D il collaboratore professionale sanitario (infermiere) definendolo: “Appartengono a questa categoria i lavoratori che, ricoprono posizioni di lavoro che richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio e professionali conseguiti, autonomia e responsabilità proprie, capacità organizzative, di coordinamento e gestionali caratterizzate da discrezionalità operativa nell’ambito di strutture operative semplici previste dal modello organizzativo aziendale; Appartengono altresì a questa categoria – nel livello economico D super (Ds) – i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che, oltre alle conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di studio e professionali conseguiti, richiedono a titolo esemplificativo e anche disgiuntamente: autonomia e responsabilità dei risultati conseguiti; ampia discrezionalità operativa nell’ambito delle strutture operative di assegnazione; funzioni di direzione e coordinamento, gestione e controllo di risorse umane; coordinamento di attività didattica; iniziative di programmazione e proposta”.

La Legge 01 febbraio 2006, n. 43 – Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie – prevede all’art. 1, co. 1: “Sono professioni sanitarie infermieristiche … quelle previste ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e del decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 23 maggio 2001, i cui operatori svolgono, in forza di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato, attività di prevenzione, assistenza, cura o riabilitazione”.

L’art. 3 provvedeva a convertire in ordini professionali i collegi.

Ergo, per svolgere la professione infermieristica è obbligatorio il possesso del relativo titolo, l’abilitazione dello Stato (rilasciata dopo un esame all’uopo previsto) e l’iscrizione al Collegio professionale (almeno per la partecipazione al concorso o per l’assunzione per quanto riguarda il dipendente subordinato in regime di esclusività).

Difatti, quale professione intellettuale, il suo svolgimento non può esaurirsi in una mera esecuzione manuale di operazioni non connotate da elementi scientifici. A sostegno di ciò è oramai accreditata a livello internazionale la Scienza Infermieristica, introdotta con legge n. 1 del 2002 e regolamentata nel 2004 con Decreto MIURST del 09 luglio, 01 ottobre e n. 270.

L’infermiere, quale professionista laureato, è collocato in categoria D (ex VI livello) ed è obbligato a svolgere i corsi ECM (gli OTA e gli OSS non svolgono corsi ECM), aggiornandosi al pari dell’evoluzione tecnico-scientifica.

Nelle more dell’esaurimento degli infermieri generici, il legislatore ha creato diverse figure che avrebbero dovuto svolgere mansioni igienico-domestico-alberghiere in sostituzione dell’infermiere generico. Dapprima nel comparto università con D.P.C.M. 24 settembre 1981 ha individuato l’agente socio-sanitario di 4° livello come: “Addetto alle mansioni integrate di assistenza al malato particolarmente in ordine alle operazioni di pulizia, di alimentazione, di riassetto del letto e del comodino del paziente e della disinfezione dell’ambiente, trasporto, ritiro e consegna della biancheria, medicinali, vitto, materiali sanitari e organici nonché pulizia, preparazione e disinfezione del materiale sanitario e dei locali assegnati, trasporto dei rifiuti e del materiale infetto”. Si noti che l’intera definizione qui utilizzata è identica alla prima parte dell’articolo di legge (D.P.R. n. 225/74) dedicata all’infermiere generico a dimostrazione che il legislatore ha trasferito, tout court, le attività igienico-domestico-alberghiere dell’infermiere generico al personale ausiliario specializzato (in cosa? nell’assistenza).

Nel comparto sanità si provvedeva ad individuare la figura che avrebbe dovuto affiancare l’infermiere generico per poi sostituirlo completamente con D.M. Sanità 10 febbraio 1984 (G.U. 15 febbraio 1984 n. 45) quale regolamento del D.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761.

Infatti si legge: “L’ausiliario socio-sanitario specializzato assicura le pulizie negli ambienti di degenza ospedaliera ivi comprese quelle del comodino e delle apparecchiature della testata del letto. Provvede al trasporto degli infermi in barella ed in carrozzella ed al loro accompagnamento se deambulanti con difficoltà. Collabora con l’infermiere generico nelle pulizie del malato allettato e nelle manovre di posizionamento del letto. E’ responsabile della corretta esecuzione dei compiti che sono stati affidati dal caposala e prende parte alla programmazione degli interventi assistenziali per il degente”.

Con D.M. 15 giugno 1987 n. 590 è stato approvato il corso di riqualificazione per gli agenti soci-sanitari e sono state create tre figure assistenziali: ausiliario assistente; ausiliario socio-sanitario e ausiliario socio-sanitario specializzato.

Con D.P.R. 28.11.1990 n. 384 sono state soppresse le tre figure ausiliarie succitate. Infatti all’art. 1, co. 2 si legge che i profili professionali di agente tecnico e ausiliario socio-sanitario sono riunificati in un solo profilo che assume la denominazione di O.T.A – Operatore Tecnico addetto all’Assistenza: “L’operatore tecnico addetto all’assistenza svolge la propria attività nei seguenti campi ed opera sotto la diretta responsabilità dell’operatore professionale di categoria coordinatore (Capo sala) o, in assenza di quest’ultimo, dell’infermiere responsabile del turno di lavoro: attività alberghiere; pulizia e manutenzione di utensili, apparecchi, presidi usati dal paziente e dal personale medico ed infermieristico per l’assistenza al malato; in collaborazione con l’infermiere professionale per atti di accudimento semplici al malato. Nell’ambito di competenza oltre a svolgere i compiti dell’ausiliario addetto ai servizi socio sanitari, esegue le seguenti ulteriori funzioni: lavaggio, asciugatura e preparazione del materiale da inviare alla sterilizzazione e relativa conservazione; provvede al trasporto degli infermi in barella ed in carrozzella ed al loro accompagnamento se deambulanti con difficoltà, trasporto del materiale biologico, sanitario ed economale secondo protocolli stabiliti; rifacimento del letto non occupato e l’igiene dell’unità di vita del paziente (comodino, letto, apparecchiature), preparazione dell’ambiente e dell’utente per il pasto e aiuto nella distribuzione e nell’assunzione; riordino del materiale e pulizia del malato dopo il pasto. Su indicazione o in collaborazione dell’infermiere professionale provvede anche al riassetto del letto occupato e alle cure igieniche del malato allettato”.

La locuzione “su indicazione o in collaborazione” è la prova che l’infermiere continua a gestire l’assistenza in quanto è il professionista che si avvale del personale subalterno quando egli stesso e non l’amministrazione lo reputa opportuno! Da qui discende irrefutabile obbligo della parte datoriale di provvedere le risorse organiche dirette all’assistenza al malato cosicché l’infermiere possa pianificare l’assistenza diretta utilizzando tali professionalità. Ogni omissione in tal senso, omissione che non ammette giustificazioni di sorta perché inerisce il diritto alla salute previsto dall’art. 32 Cost., configura grave inadempimento contrattuale. L’opzione insita nella norma consente all’infermiere (e non ad altri) di valutare, in determinate circostanze dettate dalle condizioni del paziente, quando agire in controllo e verifica diretta dell’assistenza al paziente. La presenza dell’infermiere garantirebbe la corretta esecuzione della mansione da parte dell’ausiliario fornendo protezione alla salute del paziente ed eviterebbe di distrarre l’infermiere in attività svilenti, umilianti per la sua preparazione e, oltremodo, sicuramente dannose per la sua dignità, comportando, tra l’altro, una distrazione dalle sue mansioni che attengono all’assistenza indiretta ed alla pianificazione di quella diretta. Pertanto l’atto manuale resterebbe confinato nella sfera di attività dell’ausiliario mentre l’infermiere agirebbe per la protezione del paziente valutando e correggendo gerarchicamente la prestazione ausiliaria.

Il D.P.C.M. 24.09.1981 – Declaratoria delle qualifiche funzionali del personale universitario assegnato presso i Policlinici -, stabilisce al profilo IV livello – Agente Socio-Sanitario: “Svolge mansioni integrate relativamente alle operazioni di pulizia … ritiro e consegna della biancheria, medicinali, vitto, materiali sanitari e organici, pulizia, preparazione ed eventuale disinfezione del materiale sanitario e dei locali o attrezzature assegnati, di trasporto dei rifiuti e del materiale infetto. E’ assegnata al rifacimento del letto, pulizia del malato, lo aiuta nel cambio della biancheria e nelle operazioni fisiologiche … pulizia degli ambienti e dell’unità di vita del paziente”.

La declaratoria delle funzioni dell’O.S.S. (Operatorio Socio Sanitario) del V livello (ora categoria C), è stabilita dall’Accordo Conferenza Stato Regioni del 22 Febbraio 2001: “Disciplina del Profilo Professionale di Operatore Socio Sanitario e relativo ordinamento didattico”. L’Accordo Conferenza Stato-Regioni, stabilisce le minime mansioni e funzioni che l’O.S.S. deve svolgere su tutto il territorio nazionale. Ogni regione può ampliarle secondo le proprie esigenze assistenziali. La disciplina prevede: “L’Operatore Socio-Sanitario svolge la sua attività sia nel settore SOCIALE che in quello SANITARIO in servizi di tipo socio-assistenziali e socio-sanitari residenziali e non residenziali, in ambiente ospedaliero e al domicilio dell’utente. Svolge la sua attività su INDICAZIONE – ciascuno secondo le proprie competenze – degli operatori professionali preposti all’assistenza sanitaria e a quella sociale, ed in collaborazione con gli altri operatori, secondo il criterio del lavoro multiprofessionale. Le attività dell’Operatore Socio-Sanitario sono rivolte alla persona e al suo ambiente di vita, al fine di fornire:

1) Assistenza diretta e di supporto alla gestione dell’ambiente di vita;

2) Intervento igienico sanitario e di carattere sociale;

3) Supporto gestionale, organizzativo e formativo.

Allegato A – Elenco delle principali attività previste per l’Operatore Socio-Sanitario.

* Assistenza diretta ed aiuto domestico alberghiero: assiste la persona, in particolare non autosufficiente o allettata, nelle attività quotidiane e di igiene personale; realizza attività semplici di supporto diagnostico e terapeutico; collabora ad attività finalizzate al mantenimento delle capacità psico-fisiche residue, alla rieducazione, riattivazione, recupero funzionale; realizza attività di animazione e socializzazione di singoli e gruppi; coadiuva il personale sanitario e sociale nell’assistenza al malato anche terminale e morente; aiuta la gestione dell’utente nel suo ambito di vita; cura la pulizia e l’igiene ambientale.

  • Intervento igienico sanitario e di carattere sociale: osserva e collabora alla rilevazione dei bisogni e delle condizioni di rischio-danno dell’utente, collabora all’attuazione degli interventi assistenziali, valuta, per quanto di competenza, gli interventi più appropriati da proporre, collabora alla attuazione di sistemi di verifica degli interventi, riconosce ed utilizza linguaggi e sistemi di comunicazione relazione appropriati in relazione alle condizioni operative, mette in atto relazioni-comunicazioni di aiuto con l’utente e la famiglia, per l’integrazione sociale ed il mantenimento e recupero della identità personale.
  • Supporto gestionale, organizzativo e formativo: utilizza strumenti informativi di uso comune per la registrazione di quanto rilevato durante il servizio, collabora alla verifica della qualità del servizio, concorre, rispetto agli operatori dello stesso profilo, alla realizzazione dei tirocini ed alla loro valutazione, collabora alla definizione dei propri bisogni di formazione e frequenta corsi di aggiornamento, collabora, anche nei servizi assistenziali non di ricovero, alla realizzazione di attività semplici. In base alle proprie competenze ed in collaborazione con altre figure professionali, sa attuare i piani di lavoro. E’ in grado di utilizzare metodologie di lavoro comuni (schede, protocolli ecc.). E’ in grado di collaborare con l’utente e la sua famiglia: nel governo della casa e dell’ambiente di vita, nell’igiene e cambio biancheria, nella preparazione e/o aiuto all’assunzione dei pasti, quando necessario, e a domicilio, per l’effettuazione degli acquisti e nella sanificazione e sanitizzazione ambientale. E’ in grado di curare la pulizia e la manutenzione di arredi e attrezzature, nonché la conservazione degli stessi e il riordino del materiale dopo l’assunzione dei pasti. Sa curare il lavaggio, l’asciugatura e la preparazione del materiale da sterilizzare. Sa garantire la raccolta e lo stoccaggio corretto dei rifiuti, il trasporto del materiale biologico sanitario, e dei campioni per gli esami diagnostici, secondo protocolli stabiliti. Sa svolgere attività finalizzate all’igiene personale, al cambio della biancheria, all’espletamento delle funzioni fisiologiche, all’aiuto nella deambulazione, all’uso corretto dei presidi, ausili e attrezzature, all’apprendimento e mantenimento di posture corrette. In sostituzione e appoggio dei famigliari e su indicazione del personale preposto è in grado di: aiutare per la corretta assunzione dei farmaci prescritti e per il corretto utilizzo di apparecchi medicali di semplice uso, aiutare nella preparazione alle prestazioni sanitarie, osservare, riconoscere e riferire alcuni dei più comuni sintomi di allarme che l’utente può presentare (pallore, sudorazione ecc.). Attuare interventi di primo soccorso, effettuare piccole medicazioni o cambio delle stesse, controllare e assistere la somministrazione delle diete, aiutare nelle attività di animazione e che favoriscono la socializzazione, il recupero ed il mantenimento di capacità cognitive e manuali, collaborare ad educare al movimento e favorire movimenti di mobilizzazione semplici su singoli e gruppi, provvedere al trasporto di utenti, anche allettati, in barella carrozzella, collaborare alla composizione della salma e provvedere al suo trasferimento, utilizzare semplici protocolli per mantenere la sicurezza dell’utente, riducendo al massimo il rischio, svolgere attività di informazione sui servizi del territorio e curare il disbrigo di pratiche burocratiche e accompagnare l’utente per l’accesso ai servizi.
  • Competenze relative alle conoscenze richieste: Conosce le principali tipologie di utenti e le problematiche connesse. Conosce le diverse fasi di elaborazione dei progetti di intervento personalizzati. Riconosce per i vari ambiti, le dinamiche relazionali appropriate per rapportarsi all’utente sofferente, disorientato, agitato, demente o handicappato mentale ecc.. E’ in grado di riconoscere le situazioni ambientali e le condizioni dell’utente per le quali è necessario mettere in atto le differenti competenze tecniche. Conosce le modalità di rilevazione, segnalazione e comunicazione dei problemi generali e specifici relativi all’utente. Conosce le condizioni di rischio e le più comuni sindromi da prolungato allettamento e immobilizzazione. Conosce i principali interventi semplici di educazione alla salute, rivolti agli utenti e ai loro famigliari. Conosce l’organizzazione dei servizi sociali e sanitari e quella delle reti informali.
  • Competenze relazionali: Sa lavorare in équipe. Si avvicina e si rapporta con l’utente e con la famiglia, comunicando in modo partecipativo in tutte le attività quotidiane di assistenza; sa rispondere esaurientemente, coinvolgendo e stimolando al dialogo. E’ in grado di interagire, in collaborazione con il personale sanitario, con il malato morente. Sa coinvolgere le reti informali, sa rapportarsi con le strutture sociali, ricreative, culturali dei territori. Sa sollecitare ed organizzare momenti di socializzazione, fornendo sostegno alla partecipazione ad iniziative culturali e ricreative sia sul territorio che in ambito residenziale. E’ in grado di partecipare all’accoglimento dell’utente per assicurare una puntuale informazione sul servizio e sulle risorse. E’ in grado di gestire la propria attività con la dovuta riservatezza ed eticità. Affiancandosi ai tirocinanti, sa trasmettere i propri contenuti operativi”.

Le mansioni sopra indicate costituiscono il minimo essenziale del profilo dell’O.S.S.. Per esempio la Legge Regionale del Veneto n. 20 del 16.08 2001, prevede: “A) Assistenza diretta e aiuto domestico alberghiero: assiste la persona, in particolare non autosufficiente o allettata, nelle attività quotidiane e di igiene personale; realizza attività semplici di supporto diagnostico e terapeutico; collabora ad attività finalizzate al mantenimento delle capacità psicofisiche residue, alla rieducazione, alla riattivazione e al recupero funzionale; realizza attività di animazione e socializzazione di singoli e gruppi; coadiuva il personale sanitario e sociale nell’assistenza al malato anche terminale e morente; aiuta la gestione dell’utente nel suo ambito di vita; cura la pulizia e l’igiene ambientale. B) Intervento igienico-sanitario e di carattere sociale: osserva e collabora alla rilevazione dei bisogni e delle condizioni di rischio-danno dell’utente; collabora all’attuazione degli interventi assistenziali; valuta, per quanto di competenza, gli interventi più appropriati da proporre; collabora all’attuazione di sistemi di verifica degli interventi; riconosce e utilizza linguaggi e sistemi di comunicazione-relazione appropriati in relazione alle condizioni operative; mette in atto relazioni-comunicazioni di aiuto con l’utente e la famiglia, per l’integrazione sociale e il mantenimento e recupero dell’identità personale. C) Supporto gestionale, organizzativo e formativo: utilizza strumenti informativi di uso comune per la registrazione di quanto rilevato durante il servizio; collabora alla verifica della qualità del servizio; concorre, rispetto agli operatori dello stesso profilo, alla realizzazione dei tirocini e alla loro valutazione; collabora alla definizione dei propri bisogni di formazione e frequenta corsi di aggiornamento; collabora, anche nei servizi assistenziali non di ricovero, alla realizzazione di attività semplici”.

La Legge Regionale Campania n. 63 del 28 ottobre 2005 individua le mansioni dell’O.S.S. come segue: “Figura Professionale di “Operatore Socio Sanitario (O.S.S.). Descrizione profilo. Il profilo dell’Operatore Socio Sanitario (OSS) è definito con Accordo sancito dalla Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 22 febbraio 2001 tra il Ministro della Sanità, il Ministro della Solidarietà Sociale, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. La Regione Campania ha recepito l’Accordo con DGR 3956/2001. L’operatore socio sanitario è l’operatore che, a seguito dell’attestato di qualifica conseguito al termine della specifica formazione professionale, svolge attività indirizzata a soddisfare i bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario; favorire il benessere e l’autonomia dell’utente. L’Operatore socio-sanitario svolge la sua attività in collaborazione con gli altri operatori professionali preposti all’assistenza sanitaria e a quella sociale, secondo il criterio del lavoro multi-professionale.

Contesti operativi. L’Operatore socio-sanitario svolge la sua attività sia nel settore del sociale che in quello sanitario, in servizi di tipo socio-assistenziale e socio-sanitario, residenziali e semiresidenziali, in ambiente ospedaliero e al domicilio dell’utente.

Competenze di base. L’operatore socio-sanitario conosce: le principali tipologie di utenti e le problematiche connesse, le diverse fasi di elaborazione dei progetti di intervento personalizzati, le dinamiche relazionali appropriate per rapportarsi all’utente sofferente, disorientato, agitato, demente o handicappato mentale ecc., situazioni ambientali e le condizioni dell’utente per le quali è necessario mettere in atto le differenti competenze tecniche, modalità di rilevazione, segnalazione e comunicazione dei problemi generali e specifici relativi all’utente, condizioni di rischio e le più comuni sindromi da prolungato allettamento e immobilizzazione, principali interventi semplici di educazione alla salute, rivolti agli utenti e ai loro famigliari l’organizzazione dei servizi sociali e sanitari e quella delle reti informali.

Competenze tecnico-professionali. L’operatore socio sanitario è in grado di: attuare i piani di lavoro, utilizzare metodologie di lavoro comuni (schede, protocolli ecc…), collaborare con l’utente e la sua famiglia: nel governo della casa e dell’ambiente di vita, nell’igiene e cambio biancheria; nella preparazione e/o aiuto all’assunzione dei pasti; quando necessario, e a domicilio, per l’effettuazione degli acquisti; nella sanificazione e sanitizzazione ambientale, curare la pulizia e la manutenzione di arredi e attrezzature, nonché la conservazione degli stessi e il riordino del materiale dopo l’assunzione dei pasti, curare il lavaggio, l’asciugatura e la preparazione del materiale da sterilizzare, garantire la raccolta e lo stoccaggio corretto dei rifiuti, il trasporto del materiale biologico sanitario, e dei campioni per gli esami diagnostici, secondo protocolli stabiliti, svolgere attività finalizzate all’igiene personale, al cambio della biancheria, all’espletamento delle funzioni fisiologiche, all’aiuto nella deambulazione, all’uso corretto di presidi, ausili e attrezzature, all’apprendimento e mantenimento di posture corrette. In sostituzione e appoggio dei famigliari e su indicazione del Personale preposto è in grado di: aiutare per la corretta assunzione dei farmaci prescritti e per il corretto utilizzo di apparecchi medicali di semplice uso, aiutare nella preparazione alle prestazioni sanitarie; osservare, riconoscere e riferire alcuni dei più comuni sintomi di allarme che l’utente può presentare (pallore, sudorazione ecc.); attuare interventi di primo soccorso; effettuare piccole medicazioni o cambio delle stesse; controllare e assistere la somministrazione delle diete; aiutare nelle attività di animazione e che favoriscono la socializzazione, il recupero ed il mantenimento di capacità cognitive e manuali; collaborare ad educare al movimento e favorire movimenti di mobilizzazione semplici su singoli e gruppi. Provvedere al trasporto di utenti, anche allettati, in barella-carrozzella, collaborare alla composizione della salma e provvedere al suo trasferimento, utilizzare specifici protocolli per mantenere la sicurezza dell’utente, riducendo al massimo il rischio, svolgere attività di informazione sui servizi del territorio e curare il disbrigo di pratiche burocratiche e accompagnare l’utente per l’accesso ai servizi.

Competenze trasversali. L’operatore socio sanitario è in grado di: lavorare in équipe, avvicinarsi e rapportarsi con l’utente e con la famiglia, comunicando in modo partecipativo in tutte le attività quotidiane di assistenza; rispondere esaurientemente, coinvolgendo e stimolando al dialogo, interagire, in collaborazione con il personale sanitario, con il malato morente, coinvolgere le reti informali, rapportarsi con le strutture sociali, ricreative, culturali dei territori, sollecitare ed organizzare momenti di socializzazione, fornendo sostegno alla partecipazione ad iniziative culturali e ricreative sia sul territorio che in ambito residenziale, partecipare all’accoglimento dell’utente per assicurare una puntuale informazione sul servizio e sulle risorse, gestire la propria attività con la dovuta riservatezza ed eticità, trasmettere i propri contenuti operativi ai tirocinanti”.

La Deliberazione della Giunta Regionale n. 86 del 05 giugno 2001 “Attuazione delle linee guida di cui alla delibera di Giunta Regionale delle Provincie di Trento e Bolzano n. 1404/200 e recepimento dell’Accordo sancito in Conferenza Stato Regioni in relazione al profilo di OSS e approvazione del modello regionale di formazione iniziale per il conseguimento della qualifica di OSS”, indica all’interno della formazione iniziale: “Modulo di Base Obiettivi: Utilizzare i principali strumenti informativi di base in relazione alle diverse funzioni dell’attività professionale e sapersi orientare nell’offerta formativa e lavorativa; Modulo Professionalizzante Obiettivi: riconoscere e classificare i bisogni e interpretare le problematiche assistenziali in relazione alle principali caratteristiche dell’utente o in situazioni di pericolo; Identificare tutti gli elementi necessari alla pianificazione dell’assistenza, collaborando con le diverse figure professionali preposte per la presa in carico del caso; Riconoscere le principali alterazioni delle funzioni vitali, al fine di attivare altre competenze e/o utilizzare tecniche comuni di primo intervento. Area di Attività Presa in carico del caso. Raccogliere dati sull’assistito utili per la definizione del piano di intervento, anche utilizzando strumenti informativi specifici. Competenze: Leggere e saper compilare gli strumenti informativi specifici per rappresentare i dati raccolti, per quanto di propria competenza. Organizzare la rilevazione dei dati e l’osservazione finalizzata. Individuare, riconoscere e selezionare i dati significativi . Codificare i dati e le informazioni in modo chiaro e sintetico. Area di Attività Realizzazione di attività operative di assistenza di base. Competenze: Assistere l’utente nella mobilità, assistere nella preparazione e assunzione di cibi; assistere nell’igiene personale”.

Il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 – Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche – TITOLO IV – Rapporto di lavoro – all’art. 52 – Disciplina delle mansioni. (Art. 56 del D.Lgs n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 25 del D.Lgs n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall’art. 15 del D.Lgs n. 387 del 1998), stabilisce al comma 1: “Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione”.

Il D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 – Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali – all’art. 29 recita: “Esercizio delle mansioni inerenti al profilo e alla posizione funzionale. – Il dipendente ha diritto all’esercizio delle mansioni inerenti al suo profilo e posizione funzionale e non può essere assegnato, neppure di fatto, a mansioni superiori o inferiori”.

Alessio Biondino

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