Nel panorama sanitario, una controversia sta suscitando accese discussioni tra i medici di famiglia e le autorità sanitarie dell’Asl di Foggia.
Questo caso è emerso dopo l’ampia attenzione mediatica data dalle sospensioni delle multe ai medici ospedalieri per il superamento delle ore di lavoro durante l’epidemia di COVID-19, concessa grazie all’intervento del Quirinale.
Questa volta, il problema riguarda alcuni medici di famiglia che sono stati invitati a restituire somme che variano dai 4.500 ai 6.000 euro.
Il motivo? Aver prescritto farmaci a pazienti in uscita dall’ospedale su richiesta degli specialisti ospedalieri, che afferma di non avere disponibilità in ospedale per questi farmaci.
Tuttavia, secondo l’azienda sanitaria locale, questi medicinali non sarebbero stati coperti dalle prescrizioni dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) e gli assistiti avrebbero dovuto pagarli di tasca propria.
Il Sindacato medici italiani della Puglia (Smi) è entrato in azione in difesa dei colleghi coinvolti, promettendo una battaglia legale. Francesco Pazienza, segretario regionale dello Smi, ha inviato una lettera al presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e all’assessore alla Sanità, Rocco Palese, esprimendo la sua preoccupazione.
Nella lettera, Pazienza scrive: “Alcuni giorni fa, ad alcuni medici di famiglia è arrivata una Pec, a nome della Asl Foggia, firmata da due dirigenti amministrativi, che chiedono ai medici di famiglia il rimborso di somme di denaro per le prescrizioni di farmaci prescritti gratuitamente ai cittadini malati.”
La situazione diventa più complicata durante la fase post-dimissioni, quando “il primo ciclo di farmaci dovrebbe essere garantito dagli ospedali direttamente al momento del ritorno a casa dell’ammalato, ma non sempre avviene”, spiega Pazienza. Questi medicinali riguardano in particolare gli anti-colesterolo e i farmaci per patologie cardiologiche, ma la questione non si limita a queste categorie.
Il segretario Smi Puglia sottolinea che i medici non dovrebbero essere tenuti a rispondere per l’omissione dell’applicazione delle direttive e dei regolamenti vigenti, e conclude chiaramente che “non siamo disponibili a restituire somme determinatesi per prescrizioni indotte.”
Questa controversia solleva importanti questioni riguardo alla burocrazia nel sistema sanitario italiano e al modo in cui i medici di famiglia sono coinvolti nelle decisioni riguardanti le prescrizioni farmaceutiche. Rimane da vedere come si evolverà questa situazione e se verrà trovata una soluzione che soddisfi tutte le parti coinvolte.
Redazione Nurse Times
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