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Malattia di Gaucher: buoni risultati dalla terapia orale con Eliglustat

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Lo sostengono gli esperti confluiti a Genova in occasione del 14esimo incontro a tema.

La terapia orale con Eliglustat per la cura della malattia di Gaucher dà buoni risultati. Gli effetti collaterali, se si presentano, sono lievi e transitori, e i pazienti sono soddisfatti. È la voce dei centri italiani che si occupano della rara patologia genetica, espressa in modo unanime a Genova, durante il 14esimo incontro sulla Gaucher. La comunità di esperti e medici ha potuto discutere infatti della terapia orale con Eliglustat, che dalla fine del 2017 è stata approvata in Italia e che da allora si affianca alla terapia enzimatica sostitutiva, somministrata per infusione.

La malattia di Gaucher è una condizione che colpisce circa una persona su 40mila. A causa della carenza di un enzima, la beta-glucosidasi acida, che ha il ruolo di scindere una molecola di natura lipidica, la malattia porta un accumulo di lipidi nelle cellule. Ne conseguono ingrossamento della milza e del fegato, anemia, piastrinopenia, sanguinamento eccessivo, osteoporosi, osteonecrosi e altre alterazioni ossee. Se la patologia non è precocemente diagnosticata e trattata, i danni d’organo possono diventare irreversibili e portare a complicanze gravi, come mieloma multiplo e altre malattie emato-oncologiche.

Dal palco del centro congressi dei Magazzini del Cotone, tramite le voci dei giovani relatori, sono emerse le esperienze dei centri degli ospedali Perrino di Brindisi, Sant’Orsola di Bologna, Umberto I di Roma, assieme a quelle giunte dagli interventi dei medici in sala. La dottoressa Antonella Quarta, del Perrino, ha per esempio affrontato il tema dei dolori ossei, citando il caso di una paziente già trattata con terapia enzimatica sostitutiva, che però accusava questo problema, tanto da sentire l’esigenza di passare da un impiego full time a part time. Passata alla terapia orale, dopo un certo periodo la paziente ha visto diminuire i dolori fino a sparire. E per sua scelta è tornata a lavorare a tempo pieno.

La dottoressa Elena Facchini, del Sant’Orsola, ha invece portato il caso di un giovane passato a inizio anno, con buoni risultati, dalla terapia enzimatica sostitutiva a quella orale. E ancora, la dottoressa Luisa Cardarelli, dell’Umberto I, ha illustrato i casi di sette pazienti che hanno fatto il passaggio dalla terapia per infusione a quella orale con buoni esiti. Tra questi c’è anche il caso positivo di una paziente che da qualche tempo rifiutava la terapia per infusione ed è tornata a curarsi, decidendo di aderire alla terapia orale.

Diversi gli esempi di pazienti che, per questioni personali o professionali, erano costretti a viaggiare o a trascorrere lunghi periodi all’estero, e quindi in difficoltà nel sottoporsi a regolari infusioni. Il passaggio all’Eluglistat, ha dunque garantito a queste persone una maggiore adesione alla terapia e una migliore qualità di vita. “I risultati sono soddisfacenti e l’Eliglustat è ben tollerato – ha sottolineato il professor Jesus Villarubia, che all’incontro ha tenuto una lecture dal titolo ‘Eliglustat: from literature to real world data’ –. Quindi, per me, è la terapia di prima scelta, anche se vedo che ci sono ancora medici dubbiosi, specie riguardo alla compliance da parte dei pazienti”.

Anche Villarubia, che ha in cura a Madrid 50 pazienti con Gaucher, ha portato casi di terapia con Eliglustat dagli esiti soddisfacenti. Oltre a lui, l’altro ospite internazionale presente all’incontro era il professor Gregory Grabowski, da Cincinnati (Usa), che nella sua lecture ha parlato di “Immunology and metabolic inflammation in Gaucher disease”. Un’altra esperienza italiana è stata invece illustrata dalla dottoressa Federica Deodato, del Bambino Gesù di Roma, il cui centro sta partecipando a uno studio internazionale sull’Eliglustat riguardante pazienti pediatrici già trattati con la terapia enzimatica. “Entro fine mese – ha annunciato – si comincerà la terapia orale col primo paziente”.

Per la dottoressa Maja Di Rocco, responsabile scientifico dell’evento, l’incontro di Genova è stato “un momento importante, con dati nuovi ed elementi emersi dalla ricerca più recente”. Quanto alla presenza in platea e sul palco di giovani medici, Di Rocco ha espresso soddisfazione: “Stiamo cercando di dare spazio ai giovani e di coinvolgerli nei temi delle malattie metaboliche e rare. Devo dire che sono bravi, entusiasti e positivi”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Dire

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