Sono tanti gli italiani con una diagnosi oncologica che continuano a svolgere la propria professione. Ecco le tutele di cui possono godere.
Un malato di cancro su tre in Italia è un lavoratore. Degli oltre tre milioni di connazionali che vivono dopo aver ricevuto una diagnosi di tumore, quindi, più di un milione si è trovato a dover affrontare la malattia insieme agli impegni legati alla normale attività professionale. A questo numero già imponente vanno poi aggiunti i ben quattro milioni di caregiver oncologici, ovvero coloro che si occupano del sostegno ai pazienti.
Sono soprattutto famigliari: mogli, mariti, figli che, nell’assistere un proprio caro, vengono catapultati in un turbinio di visite, viaggi m ospedale, esami, code nelle Asl o negli studi medici. Un piccolo esercito in crescita, visto che il numero dei casi di cancro è destinato ad aumentare. Una schiera di persone travolte sia da ansia e timore sia dalla spirale burocratica che la malattia comporta.
«Esistono però leggi ancora poco sfruttate, che possono e devono essere applicate», sottolinea Elisabetta Iannelli, vicepresidente dell’Associazione italiana malati di cancro (Aimac), che ha condotto, in oltre 20 anni di attività, numerose battaglie per il riconoscimento di diritti fondamentali per tutelare la disabilità oncologica e difendere il posto di lavoro di chi è colpito dalla malattia.
Recentemente Aimac e Fondazione Ibm Italia hanno realizzato un nuovo servizio gratuito, operativo 24 ore su 24, che fornisce risposte qualificate e personalizzate grazie all’utilizzo delle tecnologie di Intelligenza artificiale: «È il primo assistente virtuale, sempre online, per dare risposte su diritti e tutele – spiega Francesco De Lorenzo, presidente di Aimac –. Si chiama Filos ed è in grado di fornire informazioni e risposte agli utenti in tempo reale, attingendo dal patrimonio di informazioni dell’associazione. Affinché le leggi non rimangano inattuate è necessario che siano innanzitutto i malati a conoscere i diritti riconosciuti e garantiti, a livello nazionale e locale». Ecco, allora, quali sono le più importanti tutele previste per i pazienti oncologici.
Diritti dei famigliari – Se il caregiver lavora, la legge prevede diversi strumenti che possono agevolare il gravoso compito di assistenza al malato, soprattutto se anziano o minorenne. Il presupposto per avere accesso ai benefici è che il malato abbia avuto il riconoscimento dello stato di handicap grave. A seconda delle condizioni del malato, il famigliare che lo assiste può avere diritto a permessi lavorativi, scelta della sede di lavoro e trasferimento, congedo biennale, congedo straordinario (retribuito o no), esonero dal lavoro notturno e passaggio al lavoro a tempo parziale.
Esenzione dal ticket – Il malato di cancro ha diritto all’esenzione dal pagamento del ticket per farmaci, visite ed esami appropriati per la cura del tumore da cui è affetto e delle eventuali complicanze, per la riabilitazione e per la prevenzione degli ulteriori aggravamenti. II riconoscimento di un’invalidità civile del 100 percento dà diritto all’esenzione totale dal pagamento dei ticket per tarmaci e visite per qualsiasi patologia.
Invalidità civile, pensione di inabilità e accompagnamento – «L’esenzione dal ticket è fra le tutele più conosciute, perché spesso va di pari passo con l’iter burocratico ospedaliero – sottolinea Iannelli –. Malati e famigliari, di solito, conoscono anche le garanzie offerte dallo Stato a chi si trova in difficoltà per condizioni economiche e gravità della malattia, attraverso l’invalidità civile: viene riconosciuta in diverse percentuali (11, 70 e 100 per cento), e dà diritto a determinati benefici socio-economici, come assegno di invalidità o pensione di inabilità. Inoltre è prevista, in caso di invalidità totale e permanente, un’indennità di accompagnamento quando il malato ha problemi di deambulazione oppure non è autonomo nello svolgimento delle normali attività della vita quotidiana».
Indennità di accompagnamento – Se a causa della malattia o delle terapie oncologiche è stata riconosciuta un’invalidità totale e permanente del 100 percento e il malato ha problemi di deambulazione o non è autonomo nello svolgimento delle normali attività della vita quotidiana, è possibile richiedere anche il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento. Questa è compatibile con lo svolgimento di un’attività lavorativa da parte del caregiver.
Scelta della sede di lavoro e trasferimento per malati e famigliari – Se il lavoratore malato di cancro viene riconosciuto come portatore di un handicap grave, ha diritto a essere trasferito alla sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso. Al famigliare lavoratore è riconosciuto analogo diritto di essere trasferito nella sede più vicina al domicilio della persona assistita.
Mansioni lavorative e lavoro notturno – Il lavoratore disabile ha il diritto di essere assegnato a mansioni adeguate alla sua capacità lavorativa e può chiedere di non essere assegnato a turni di notte, presentando al datore di lavoro un certificato che attesti la sua inidoneità a tali mansioni. Se le sue condizioni di salute si aggravano con conseguente riduzione o modifica della capacità di lavoro, ha il diritto di essere assegnato a mansioni equivalenti o anche inferiori, purché compatibili con le sue condizioni, mantenendo in ogni caso il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza.
Part-time e smart working – «Diversi studi hanno dimostrato che lavorare contribuisce al benessere psicologico dei malati di cancro, aiuta a seguire meglio i trattamenti e a vivere meglio nell’immediato – sottolinea De Lorenzo –. Non a caso, svariate indagini hanno messo in luce che la quasi totalità dei pazienti desidera continuare ad andare in ufficio, durante e subito dopo i trattamenti. Contribuisce a distrarre e a restare in contatto con il mondo esterno, a rafforzare l’umore e persino a trovare le energie per proseguire l’iter terapeutico, che può essere lungo mesi o anni». Il malato di cancro che desideri continuare a lavorare dopo la diagnosi e durante i trattamenti può usufruire di forme di flessibilità per conciliare i tempi di cura con il lavoro come ad esempio il tempo parziale. Analogo diritto è riconosciuto, in forma attenuata, ai familiari lavoratori. Se il lavoratore malato di cancro desidera continuare a lavorare durante le terapie, ma senza andare in ufficio, può chiedere di farlo da casa (o altrove).
Indennità di malattia e reperibilità – Il lavoratore che non sia in grado di svolgere le sue mansioni a causa della malattia e delle sue conseguenze ha il diritto di assentarsi per il periodo necessario per le cure e le terapie, di conservare il posto di lavoro e di percepire un’indennità commisurata alla retribuzione. «Nel 2016 una circolare Inps ha però semplificato i criteri relativi alla reperibilità per i pazienti oncologici – dice Iannelli –, riducendo il rischio di abusi ed eliminando le visite di controllo inappropriate. I lavoratori dipendenti malati di cancro, sia pubblici che privati, sono espressamente esclusi dall’obbligo di reperibilità qualora l’assenza sia riconducibile alla grave patologia, che richiede terapie salvavita o a stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta (superiore o pari al 67 percento)».
Assenze e periodo di comporto – I pazienti che non si sentono in grado di lavorare in alcuni giorni (ad esempio quelli immediatamente successivi ai trattamenti), oppure devono assentarsi per visite mediche o esami, possono usufruire di diversi strumenti giuridici (permessi orari o giorni di malattia, permessi in base alla Legge 104/92). «Oltre alla retribuzione o all’indennità di malattia – chiarisce Iannelli –, il lavoratore malato ha anche diritto a conservare il posto per un determinato periodo stabilito dalla legge, dagli usi e dal contratto collettivo o individuale, nel caso siano più favorevoli. Il lasso di tempo durante il quale vige il divieto di licenziamento è detto periodo di comporto e ha una durata variabile in relazione alla qualifica e all’anzianità di servizio».
Permessi e congedi lavorativi – I permessi e i congedi dal lavoro di cui possono usufruire i lavoratori riconosciuti invalidi o con handicap grave e i famigliari che li assistono sono regolamentati da norme specifiche. In particolare sono previsti: permessi lavorativi (3 giorni/mese o 2 ore/giorno – Legge 104/92); permessi lavorativi per eventi e cause particolari (3 giorni/anno); congedo per cure agli invalidi (30 giorni lavorativi/anno); congedo straordinario biennale retribuito (famigliare lavoratore che assiste il malato); congedo biennale non retribuito per gravi motivi familiari (familiare lavoratore che assiste malato). Alcuni contratti collettivi nazionali prevedono, inoltre, per le patologie oncologiche e per quelle gravi che richiedono terapie salvavita, che i giorni di ricovero ospedaliero o di trattamento in day hospital, come anche i giorni di assenza per sottoporsi alle cure, siano esclusi dal computo dei giorni di assenza dal lavoro per malattia normalmente previsti e siano retribuiti per intero.
Redazione Nurse Times
Fonte: Corriere della Sera
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