Una truffa da 14mila euro. Oltre 300 esami abusivi per parenti e amici.
3mila nominativi, 12mila esami, 315 eseguiti senza pagare, 170 persone coinvolte e due medici denunciati. Il tutto per un danno erariale di circa 14mila euro. Sono questi i numeri dell’inchiesta delle Fiamme Gialle che ha fatto finire l’unità operativa complessa di Medicina protetta della Asl di Viterbo nell’occhio del ciclone. Secondo quanto accertato dalla guardia di finanza, coordinata dal sostituto procuratore Paola Conti, medici e infermieri facevano eseguire esami senza pagare e saltando la fila, sfruttando il fatto che l’unità operativa aveva un canale preferenziale per le analisi di laboratorio. L’inchiesta è uno stralcio della più nota indagine sull’assenteismo che aveva evidenziato alcune irregolarità all’interno del Servizio immuno-trasfusionale di Belcolle.
L’anno è il 2015. I finanzieri, tramite intercettazioni e controlli incrociati, scoprono che nel reparto c’era chi timbra il cartellino e poi si allontana dall’ospedale. L’inchiesta va avanti e saltano fuori anche altre irregolarità. Il filo conduttore è rappresentatonon solo dai badge vidimati, ma anche dal sangue. E le indagini portano a un’altra unità operativa: Medicina protetta. La struttura, che è all’interno dell’ospedale Belcolle, serve tutta la regione, ed eccezionalmente detenuti provenienti dall’Umbria. È la prima destinazione per malattie infettive per i pazienti in regime carcerario. Ogni anno cura tra i 250 e 280 malati.
Secondo gli inquirenti, è in questa struttura che alcuni dipendenti riuscivano a far saltare fila e pagamenti per gli esami ad amici e parenti. Probabilmente perché la struttura, dipendente in tutto e per tutto dalla Asl, gode di molta riservatezza. Gli ambienti, infatti, sono accessibili solo su autorizzazione del direttore del carcere, come se fosse un’estensione dell’istituto penitenziario. Ovviamente le analisi sotto inchiesta non sono quelle destinate ai pazienti del reparto.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Messaggero
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