L’operatore socio sanitario inserito recentemente tra i lavori gravosi può accedere all’ape sociale e/o alla pensione anticipata con 41 anni di contributi.
Il Tribunale di Ferrara ha accolto il ricorso di un’operatrice socio sanitaria a cui era stato negato l’accesso alla pensione anticipata da parte dell’INPS. Anche l’attività di OSS rientra tra quelle previste dalla legge n. 232 del 2016, trattandosi di «addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza».
Il Tribunale emiliano richiama al riguardo un suo precedente orientamento (sentenza n. 132 del 20 settembre 2019) in cui era stato osservato che il profilo “C2) Operatore Socio Sanitario effettivamente operante in servizi e strutture sociosanitarie” è stato istituito recentemente con il Contratto Cooperative Sociali dal 1° gennaio 2009 senza, tuttavia, che lo stesso CCNL avesse mai offerto una sicura distinzione rispetto all’operatore socio assistenziale di base: «C1) (ex 4° livello) Operaia/o specializzata/o, cuoca/o, autista con patente D/K, autista soccorritrice/ore, autista accompagnatrice/ore, impiegata/o d’ordine, animatrice/ore senza titolo, assistente domiciliare e dei servizi tutelari operatrice/ore socio-assistenziale addetta/o all’assistenza di base o altrimenti definita/o formata/o, operatrice/ore tecnico dell’assistenza, istruttrice/ore di attività manuali ed espressive, istruttrice/ore di nuoto, guida».
Di conseguenza, spiegano i giudici, la figura dell’OSA è inferiore rispetto alla figura dell’OSS e, pertanto, se alla prima sono riconosciuti i benefici previdenziali di cui alla legge n. 236/2016 a maggior ragione essi spettano anche agli OSS.
In definitiva secondo il Tribunale anche gli OSS vanno inclusi nell’alveo dei lavori gravosi con diritto, pertanto, al ricorrere delle altre condizioni di legge ad accedere all’ape sociale e/o al beneficio della pensione anticipata con 41 anni di contributi (in presenza di lavoro precoce).
Redazione NurseTimes
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