Allo studio una misura alternativa a “quota 100”, che non sarà rinnovata. Interessato anche il personale delle professioni infermieristiche e ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni.
Il cantiere delle pensioni è più aperto che mai, considerando l’imminente scadenza di “quota 100” al 31 dicembre di quest’anno. Il Governo Draghi sta studiando una misura alternativa dopo il triennio sperimentale del sistema pensionistico introdotto dal primo Governo Conte, che ha consentito l’uscita anticipata dal mondo del lavoro per tutti coloro che vantavano almeno 38 anni di contributi con un’età anagrafica minima di 62 anni. Senza “quota 100”, che non sarà rinnovata, il rischio di uno scalone improvviso è dietro l’angolo, con un aumento secco di cinque anni dei requisiti anagrafici di pensionamento nella notte tra il 31 dicembre 2021 e il 1° gennaio 2022. Da un giorno all’altro il pensionamento sarebbe accessibile solo a partire dai 67 anni di età, con la pensione di vecchiaia. È un’eventualità da scongiurare, lavorando sulla flessibilità in uscita dal lavoro. Sì, ma come?
In queste ore prende forma il progetto di utilizzare l’Ape sociale come strumento per anticipare la pensione dopo la fine di quota 100, a partire quindi dal 2022, almeno per gli impieghi ritenuti più gravosi e usuranti. In questa ipotesi l’anticipo pensionistico sociale sarebbe reso strutturale allargando la platea dei potenziali beneficiari, che con 63 anni di età potrebbero lasciare il lavoro prima del previsto. Una sorta di “super” Ape sociale, con un bacino esteso. Ma chi accede oggi all’Ape sociale e cosa cambierebbe? Quanto si prende uscendo prima dal lavoro con questo anticipo pensionistico? Andiamo con ordine.
Cos’è l’Ape sociale e quanto si prende – L’Ape, acronimo di “anticipo pensionistico”, può essere richiesto dai disoccupati senza più strumenti di sostegno e dai caregiver famigliari con almeno 63 anni d’età e 30 di contribuzione. E permette ad alcune categorie ritenute usuranti di accedere alla pensione in tempi più rapidi rispetto a quelli previsti dalla norma generale. In sostanza, chi ha compiuto 63 anni e ne ha almeno 36 di contributi può anticipare l’uscita dal lavoro con un’indennità mensile che viene corrisposta fino all’età della pensione vera e propria. Esempio: se un cittadino può andare in pensione a 67 anni e rientra nelle categorie usuranti, può lasciare il lavoro a 63, prendendo l’indennità fino al compimento del 67esimo anno, quando poi percepirà la pensione di vecchiaia.
Non si tratta in senso stretto di un pensionamento all’età di 63 anni. In sostanza, si riceve un’indennità sostitutiva pari alla pensione maturata fino a quel momento, senza penalizzazioni particolari, in quanto è lo Stato a farsi carico dei costi. L’indennità erogata dall’Inps e corrisposta ogni mese per 12 mensilità nell’anno, in caso di iscrizione a un’unica gestione, è pari all’importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione – se inferiore a 1.500 euro – o pari a 1.500 euro se la pensione è pari o maggiore di questo importo. L’importo dell’indennità di Ape sociale non è rivalutato né integrato al trattamento minimo. Quindi massimo 1.500 euro mensili.
Nel caso di soggetto con contribuzione versata o accreditata a qualsiasi titolo presso più gestioni, tra quelle interessate dall’Ape sociale, il calcolo della rata mensile di pensione è effettuato “pro quota” per ciascuna gestione in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati, secondo le regole di calcolo previste da ciascun ordinamento e sulla base delle rispettive retribuzioni di riferimento. Durante il godimento dell’indennità non spetta contribuzione figurativa. Il trattamento di Ape sociale cessa in caso di decesso del titolare e non è reversibile ai superstiti. Ai beneficiari non spettano gli assegni al nucleo familiare. Si tratta di una misura sperimentale in vigore dal 1° maggio 2017, la cui scadenza è stata prorogata più volte, l’ultima fino al 31 dicembre 2021. Ora, come detto, si ragiona su una nuova proroga e su un allargamento della platea di beneficiari.
Chi accede oggi all’Ape sociale e quali sono i lavori gravosi – Come riporta l’Inps, l’anticipo pensionistico sociale spetta ai lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, nonché alla gestione separata, i quali:
- a) si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, ovvero per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato a condizione che abbiano avuto, nei 36 mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno 3 mesi e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
- b) assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
- c) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74% e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
- d) sono lavoratori dipendenti, al momento della decorrenza dell’indennità, in possesso di almeno 36 anni di anzianità contributiva e che abbiano svolto da almeno sette anni negli ultimi dieci, ovvero almeno sei anni negli ultimi sette, una o più attività cosiddette gravose.
I requisiti contributivi richiesti sono ridotti, per le donne, di 12 mesi per ogni figlio, nel limite massimo di due anni. Per i lavoratori impegnati in attività gravose il requisito contributivo sale invece a 36 anni. L’attuale lista dei lavori gravosi è stata stilata in base ai criteri Inail che applicano ai mestieri del mansionario Istat tre indici: frequenza degli infortuni rispetto alla media, numero di giornate medie di assenza per infortunio, numero di giornate medie di assenza per malattia. Dell’elenco di 15 mansioni gravose attualmente riconosciute ai fini dell’accesso all’Ape fanno parte:
- operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
- conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
- conciatori di pelli e di pellicce;
- conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;
- conduttori di mezzi pesanti e camion;
- personale delle professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni;
- addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza;
- insegnanti della scuola dell’infanzia e educatori degli asili nido;
- facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati;
- personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
- operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti;
- operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca;
- pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative;
- lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi nella normativa del decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67;
- marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e in acque interne.
L’ipotesi Ape sociale “super” con i nuovi lavori gravosi – Nelle scorse ore la Commissione tecnica sui cosiddetti lavori gravosi, istituita dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e presieduta dall’ex ministro Cesare Damiano, ha proposto di prolungare l’Ape sociale per cinque anni e ha chiuso l’istruttoria per allargare l’elenco delle professioni particolarmente usuranti. Si passa da 15 a 57 gruppi e da 65 a 203 mansioni. In questa ipotesi la platea che potrebbe richiedere l’Ape sociale si allargherebbe a circa mezzo milione di lavoratori. Rispetto alle 15 categorie previste finora, la Commissione ne ha individuate altre con un indice combinato di malattie professionali e infortuni sopra la media.
Sono stati inseriti lavori come quello dei benzinai, dei macellai, dei panettieri, dei bidelli, dei saldatori, dei tassisti, dei falegnami, dei conduttori di autobus e tranvieri, degli insegnanti di scuole elementari, dei commessi e dei cassieri, degli operatori sanitari qualificati, dei magazzinieri, dei portantini, dei forestali, dei verniciatori industriali. Ma l’allargamento della platea non è l’unico punto in discussione. Il requisito dei 36 anni di contributi è difficile da raggiungere, soprattutto per le donne. Per questo Cesare Damiano ha chiesto di abbassarlo a 30 almeno per alcune categorie, favorendo l’accesso alle lavoratrici con attività gravose.
Servono fondi consistenti e valutazioni di merito sulla fattibilità della riforma. Il report della Commissione tecnica sui lavori gravosi passerà ora al vaglio dei ministeri dell’Economia e del Lavoro guidati da Daniele Franco e Andrea Orlando. Sarà il Governo Draghi a decidere quante nuove categorie di lavoratori includere tra i potenziali indiziati ad avere le credenziali per accedere all’anticipo pensionistico sociale, in funzione dei fondi da stanziare e tenendo conto anche delle simulazioni dell’Inps sui costi di gestione del post quota 100. Se l’Ape sociale sarà o meno “super”, lo capiremo orientativamente entro la fine di ottobre.
Redazione Nurse Times
Fonte: Today
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