Guido Bertolaso (foto), assessore al Welfare della Regione Lombardia, ha annunciato l’arrivo di infermieri dall’Argentina. In particolare, a inizio 2025 è previsto l’ingresso di 200 nuove leve dall’Università di Rosario.
“L’accordo – afferma Bertolaso – rappresenta un passo concreto e strategico nella collaborazione tra la Regione Lombardia e istituzioni accademiche internazionali. Puntiamo a colmare le attuali carenze d’organico negli ospedali, ma desideriamo anche promuovere un incontro di culture, valori e competenze”.
E ancora: “I professionisti, formati presso lo Iunir, dove oltre alle materie sanitarie approfondiscono anche lo studio della lingua italiana, porteranno con sé un bagaglio di esperienza che contribuirà a confermare la qualità dell’assistenza ai pazienti lombardi. Oltretutto la loro appartenenza a una cultura profondamente legata all’Italia, per origini e valori, favorirà un’integrazione naturale nei nostri ospedali, facilitando la collaborazione e il dialogo”.
Ma Enrico Marsella, presidente di Opi Cremona, non è affatto convinto che l’arrivo di infermieri dall’Argentina porterà benefici: “È una misura che tenta di mettere una pezza a un’emergenza, ma che non risolverà il problema. Anzi, sospetto che la scelta possa avere conseguenze impreviste”.
I dubbi di Marsella riguardano innanzitutto la preparazione accademica: “In qualità di formatore, posso garantire per la preparazione degli infermieri italiani. I nostri operatori compiono un percorso di studi che si articola in tre anni molto duri, durante i quali si conquistano una preparazione di alto livello. È evidente che anche gli infermieri argentini avranno compiuto un percorso formativo adeguato. Tuttavia, come ente sussidiario dello Stato, esistiamo anche perché siamo in grado di garantire al cittadino che il professionista che opera sulla sua salute ha le carte in regola per farlo. Non può essere lo stesso con l’Argentina”.
Sempre Marsella: “Non si può poi ignorare che, quando verranno in Italia dall’Argentina, questi infermieri troveranno notevoli difficoltà con la lingua. Importare forze dall’estero comporta sempre questa difficoltà. Queste nuove leve saranno sicuramente affiancate, ma ricordiamoci che sul territorio ci sono anche anziani che parlano in dialetto. Dialetto che, naturalmente, non si insegna né a scuola né nei corsi accelerati. E in quel caso le cose si fanno ancora più difficili”.
Un’altra obiezione riguarda il numero di infermieri in arrivo dall’Argentina. A conti fatti, l’incremento di 200 unità rappresenta solo uno 0,3% in più. “In Lombardia – argomenta Marsella – abbiamo un buco di oltre 9mila infermieri. Attualmente ce ne sono 65mila, e 200 in più sono pochi”.
Infine un dubbio di natura etica: “Attingendo alle risorse dell’Argentina stiamo andando a sottrarre personale sanitario a un Paese che storicamente fatica a reperirne di proprie. Quella degli infermieri è una carenza diffusa, che interessa diversi Paesi del mondo”.
Redazione Nurse Times
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