Di seguito lo sfogo, pubblicato sulla Gazzetta di Modena, di Murat Diyapoglu, infermiera dell’Azienda ospedaliera di Ferrara e funzionario Fp Cgil.
Durante la recente pandemia, insieme ai miei colleghi, ero in prima fila a fare il mio lavoro, niente di più. Ed è per questo che le definizioni usate per noi in quel periodo, come “eroi” o “angeli”, ci sono sempre apparse un po’ esagerate.
Ci siamo limitati a fare il nostro lavoro con dedizione e passione, come sempre, anche se le condizioni di lavoro in quel periodo erano piuttosto esasperanti (salti di riposo, doppi turni, dispositivi di protezione spesso improvvisati, come sacchi della spazzatura usati al posto dei calzari, cerotti per tenere ben adese le mascherine, eccetera). Credo di poter parlare a nome di tutti quando dico che in quel periodo storico abbiamo notato un particolare interesse verso la nostra professione da parte dei cittadini e delle istituzioni.
Magicamente siamo diventati degni di considerazione. Sono arrivate le inevitabili promesse, siamo passati dai canti sui balconi all’edizione limitata dei biscotti Abbracci della Barilla, passando per la medaglia d’oro al Valor Civile, senza dimenticare anche la moneta commemorativa da 2 euro voluta dalla Zecca italiana. Tante promesse, tanti bei propositi, ma poi, quando il peggio è passato, siamo ritornati nell’oblio di sempre, dove siamo ormai da circa un secolo.
La nostra professione nel corso degli anni è cresciuta molto sia dal punto di vista della formazione che dell’autonomia e della responsabilità professionale. È partita nel 1925 con le scuole convitto, a cui si poteva accedere senza alcun titolo di studio, e siamo arrivati oggi ad avere un percorso formativo fatto da laurea, laurea magistrale, master di primo e secondo livello e dottorato di ricerca. Siamo passati da essere “ausiliari” a essere professionisti autonomi.
In tutto ciò c’è da sottolineare però che i progressi fatti dalla nostra professione non sono mai stati accompagnati dal giusto riconoscimento economico. Abbiamo ancora stipendi che non sono al pari con le responsabilità (tra i più bassi in Europa), lavoriamo con un rapporto in termini numerici infermieri/pazienti lontanissimo dagli standard e dalle linee guida europee, siamo ancora in attesa del riconoscimento delle competenze avanzate (presente nel Ccnl ma non ancora applicato in tutte le aziende sanitarie).
Gli infermieri sono stanchi di una politica che non li tutela e che vede l’impegno professionale come una missione vocazionale, che non implica quindi riconoscimenti. Il rischio è che si stia perdendo l’identità stessa della professione e che tanti infermieri possano abbandonarla per altre scelte di vita e di lavoro. E questo ormai succede sempre più frequentemente.
Redazione Nurse Times
Fonte: Gazzetta di Modena
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