Rilanciamo un approfondimento sul tema a cura dell’Airc.
Il linfoma è un tumore che prende origine nel sistema linfatico, ovvero nelle cellule e nei tessuti che hanno il compito di difendere l’organismo dagli agenti esterni e dalle malattie e di garantire una corretta circolazione dei fluidi nell’organismo. Il sistema linfatico è composto da vasi, simili a quelli sanguigni, che trasportano la linfa, un fluido che contiene materiale di scarto e liquidi in eccesso provenienti dai vari tessuti, e trasporta linfociti e altre cellule del sistema immunitario. I linfonodi sono invece agglomerati di linfociti – un tipo di globuli bianchi – e altre cellule immunitarie che si ingrossano in presenza di un’infezione da combattere. Il linfoma non-Hodgkin si può sviluppare in diversi organi (linfonodi, ma anche stomaco, intestino, cute e sistema nervoso centrale), a partire dai linfociti B e dai linfociti T.
Diffusione – I linfomi non-Hodgkin (LNH) sono un gruppo eterogeneo di tumori che colpiscono in genere la popolazione adulta e anziana e in Italia rappresentano circa il 3 per cento di tutte le neoplasie. L’incidenza è in aumento e le stime dei Registri Tumori AIRTUM per il 2020 parlano di 7.000 nuovi casi tra gli uomini e di 6.100 tra le donne. Nonostante ciò la mortalità resta stabile negli anni, anche grazie ai progressi nelle terapie. Anche se può colpire in linea teorica a tutte le età, oltre la metà dei LNH riguarda persone con più di 65 anni.
Chi è a rischio – I fattori di rischio per questa malattia sono noti solo in parte. Tra quelli non modificabili – sui quali non possiamo intervenire in alcun modo – ci sono l’età e il sesso: il LNH è infatti più comune tra gli adulti, in particolare dopo i 65 anni, e gli uomini sono in genere più a rischio delle donne, anche se alcuni tipi di LNH sono più comuni nelle donne.
Il rischio di LNH aumenta anche con l’esposizione a radiazioni (anche per trattamenti medici precedenti) o a certe sostanze chimiche come erbicidi e insetticidi e in tutti i casi in cui il sistema immunitario non funziona al meglio (infezione da Hiv, Aids, malattie autoimmuni, terapie con farmaci antirigetto dopo un trapianto, eccetera). L’infezione da virus di Epstein-Barr, responsabile della mononucleosi infettiva, può aumentare il rischio di LNH e lo stesso avviene per l’infezione da Helicobacter pylori e da altri microoganismi a causa dei quali il sistema immunitario viene costantemente stimolato.
Tipologie – Esistono numerosi tipi di LNH e anche per questo motivo non è semplice arrivare a una classificazione univoca. In passato erano presenti numerosi sistemi di classificazione che utilizzavano diversi criteri per identificare i sottotipi di malattia (ne esistono diverse decine) e che si basavano in genere sull’aspetto che le cellule tumorali presentano quando vengono osservate al microscopio. Negli ultimi anni, con l’avvento di metodi d’indagine più sofisticati, sono state proposte nuove classificazioni, la più recente delle quali è quella proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).
In linea generale si distinguono i LNH che derivano dai linfociti B (fino al 90 percento dei casi) da quelli che derivano dai linfociti T; ogni categoria si divide a sua volta in numerosi sottogruppi che tengono conto, tra l’altro, della velocità di crescita delle cellule tumorali (aggressività della malattia), del loro aspetto al microscopio e della loro localizzazione (raggruppate, come nel linfoma follicolare, o diffuse).
Sintomi – Molto spesso il linfoma non-Hodgkin si presenta con un ingrossamento dei linfonodi in diverse sedi (collo, inguine, eccetera), ma è comunque importante ricordare che nella maggior parte dei casi tale l’ingrossamento non è legato alla presenza di un linfoma, ma a un’infezione più comune che viene contrastata dal sistema immunitario. Quando si presenta a livello addominale, il linfoma può causare gonfiore e ingrossamento degli organi coinvolti, come per esempio la milza o lo stomaco: di conseguenza possono insorgere nausea o senso di pressione e di pienezza anche dopo aver mangiato poco.
Se la malattia riguarda invece il torace si possono manifestare tosse, dolore al petto e difficoltà a respirare, mentre il LNH diffuso del sistema nervoso causa spesso mal di testa, debolezza di alcune parti dell’organismo, ma anche difficoltà di parola. Altri sintomi più generici del LNH comprendono febbre, sudorazioni notturne, perdita di peso e prurito in tutto il corpo. Meno specifici, ma comunque da non trascurare sono la stanchezza e la mancanza di appetito.
Prevenzione – Non è possibile prevenire l’insorgenza dei linfomi, se non evitando l’esposizione ai pochi fattori di rischio noti (virus di Epstein-Barr, Hiv, sostanze chimiche, radiazioni) e in generale ai fattori di rischio comuni a diversi i tipi di cancro (come per esempio obesità e sovrappeso).
Diagnosi – In presenza di sintomi che possono far pensare a un LNH, è fondamentale rivolgersi al medico che, dopo una serie di domande per conoscere la storia clinica personale e familiare, eseguirà anche una visita accurata per verificare la presenza di segni tipici della malattia e se lo riterrà opportuno prescriverà esami di approfondimento. La biopsia dei linfonodi, e cioè il prelievo di tessuto dai linfonodi che verrà successivamente analizzato al microscopio, è l’esame fondamentale per arrivare a una diagnosi precisa di LNH.
Oggi, oltre al classico esame al microscopio, i campioni prelevati con la biopsia vengono utilizzati per test molecolari che permettono di caratterizzare in modo estremamente preciso il tipo di malattia che si ha di fronte. A volte viene richiesta anche una puntura lombare per vedere se ci sono cellule di linfoma nel fluido cerebrospinale. Per studiare invece l’estensione della malattia e per seguire nel tempo la sua evoluzione e l’efficacia della terapia possono essere utili, a seconda dei casi, esami di diagnostica per immagini come radiografie, TC, risonanza magnetica, ecografia. Anche l’esame del sangue può aiutare a completare la diagnosi, dal momento che in caso di LNH si possono riscontrare livelli anomali di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine, oltre che problemi nella velocità di eritro-sedimentazione (VES) e aumento dei livelli di lattato deidrogenasi (LDH).
Evoluzione – La stadiazione del tumore è il processo che permette di definire quanto la malattia è diffusa nell’organismo ed è fondamentale per scegliere i trattamenti migliori. Per il LNH si utilizza in genere il sistema di classificazione di Ann-Arbor che distingue quattro stadi di malattia indicati con i numeri romani I, II, III e IV. Per assegnare lo stadio è necessario valutare diversi parametri come il numero di linfonodi coinvolti, le sedi di malattia e la presenza o assenza di segni generali come la febbre, la perdita di peso e le sudorazioni notturne.
E per rendere più precisa la stadiazione, oltre ai numeri vengono utilizzate anche le lettere A, B, E, S e X (A=nessun sintomo; B=presenza di sintomi specifici; E=malattia che coinvolge un organo esterno al sistema linfatico; S=malattia che coinvolge la milza; X=massa tumorale molto grande). Molto diffuso per i LNH anche l’indice prognostico internazionale (IPI) che si basa sulla suddivisione in stadi e su cinque criteri: età, stadio della malattia, estensione della malattia al di fuori del sistema linfatico, performance status (capacità di svolgere le attività quotidiane) e livello di lattato deidrogenasi.
Cura – La scelta del trattamento più adatto per il LNH dipende da diversi fattori come per esempio, lo stadio e il tipo di malattia, l’età del paziente e le sue condizioni di salute generali. Generalmente la terapia è multidisciplinare, si avvale della collaborazione di diversi specialisti e può prevedere l’utilizzo di diversi trattamenti in combinazione.
La chirurgia non è molto utilizzata, mentre sono decisamente più comuni la chemioterapia (in genere a base di diverse combinazioni di farmaci) e la radioterapia che possono essere usate da sole o in contemporanea a seconda dei casi.
I cosiddetti farmaci intelligenti rivestono un ruolo molto importante nella cura dei LNH: l’anticorpo monoclonale rituximab, per esempio, è in grado di colpire in modo selettivo una molecola presente sulla superficie delle cellule tumorali, mentre in altri casi, gli anticorpi monoclonali possono essere legati a una molecola radioattiva che rilascia la radiazione proprio a livello della cellula malata.
Se la malattia non risponde al trattamento o se si ripresenta dopo la terapia iniziale, è possibile ricorrere al trapianto di cellule staminali autologo (con cellule prelevate dallo stesso paziente) o allogenico (con cellule provenienti da un donatore compatibile). Prima del trapianto, in genere, si utilizza una dose molto elevata di chemioterapia che distrugge le cellule del linfoma ma anche quelle sane del midollo che verranno poi sostituite da quelle trapiantate.
Redazione Nurse Times
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